UNA GOCCIA DI RUGIADA E UN FIORE di Renata Rusca Zargar, illustrazione di Zarina Zargar
UNA GOCCIA DI RUGIADA E UN FIORE
Ho scritto questa favoletta in prima media, durante un compito in
classe in cui l’insegnante di lettere ci aveva dato da scegliere uno tra
parecchi titoli e, quindi, svolgere il lavoro in forma di dialogo.
Io avevo preferito questo titolo.
Alla mia insegnante, il mio testo era piaciuto molto, tanto che,
alla fine dell’anno scolastico, nello spettacolo che facevamo nel teatro della
scuola, era stato anche recitato questo brano.
La mia insegnante, suor Aloisia, era molto capace e già a quei
tempi, molti anni fa, proponeva esercizi moderni e creativi.
Di solito, la scuola non stimola la creatività ma la uccide.
Suor Aloisia, invece, era una buonissima insegnante di lettere (e
non solo perché mi gratificava sempre, dicendomi che avrei dovuto fare la
scrittrice).
Eppure, sono stata proprio io a tradirla!
Infatti, all’esame di terza media, essendo una Scuola Parificata,
veniva un Commissario esterno statale a verificare che tutto fosse regolare.
Quando venne dettata la versione di latino (in quei tempi si studiava il latino
alle medie), io mi accorsi che l’avevamo già fatta durante l’anno, perché Suor
Aloisia ci faceva esercitare tantissimo a scuola e a casa.
Invece di stare zitta come le mie compagne ed essere felice perché
sapevamo già come fare la traduzione, io dissi, con un bel sorriso, che la
conoscevamo già.
Non sono stata mai molto sveglia. Non mi era venuto in mente,
infatti, che non si potesse dare a un esame un esercizio già fatto, sarebbe
stata una frode. E certamente, Suor Aloisia, che era la persona più buona e più
sincera del mondo, non l’aveva fatto apposta.
Posso immaginare il suo smarrimento davanti al Commissario, la
ricerca affannosa di un altro testo nuovo, tutto per colpa mia!
Le mie compagne non mi aggredirono più di tanto in nome dei numerosi
compiti di matematica a loro passati e dei temi fatti a nome loro, pure con uno
stile diverso dal mio perché l’insegnante non se ne accorgesse. Però, me lo
dissero: -Ma non potevi stare zitta?!-
Io mi vergognai tantissimo di essere stata così stupida, di aver
creato difficoltà a un’insegnante che per me era un mito e, dopo, non la rividi
che una sola volta e anche con un grande imbarazzo.
Oggi, che lei sarà nella luce del Paradiso, ancora le chiedo scusa.
Una goccia di rugiada e un fiore
Illustrazione di Zarina Zargar
Una piccola e gentile violetta si
riposava un giorno sull’erba del prato, quando sentì qualcosa di fresco posarsi
sulla sua corolla.
-Chi mi disturba? - domandò.
-Sono una piccola goccia di
rugiada. - le fu risposto.
-E perché sei venuta sulla mia
corolla?
-Non sai che io ti disseto?
-No, la mia mamma non me l’ha mai
detto.
-Dov’è la tua mamma?
-Quando io ero piccina piccina, era
qui, accanto a me, e mi raccontava tante storie di viole; ma ora non c’è più. -
La gaia violetta si era fatta
triste e la goccia di rugiada le chiese ancora:
-Dov’è ora la tua mamma?
-Un giorno, il sole splendeva alto
nel cielo, io e la mia mamma giocavamo a nascondino quando è arrivata una bimba
umana e l’ha colta.
-Oh, poverina!
-Così, da quel momento, io non ho
più nessuno che mi aiuti e che mi insegni.
-Non hai amiche?
-Sì, ma sono lontane di qua, sono
laggiù, al limite del prato; qui vicino ci sono solo delle rose di campo.
-Perché non fai amicizia con loro?
-Perché esse si credono superiori
alle viole e non mi degnano né d’uno sguardo né d’una risposta.
-Mi dispiace tanto; ma non ti
preoccupare, altre viole nasceranno qua, vicino a te, e chiederanno a te aiuto
e protezione.
-Davvero? Io potrò avere delle
violette a cui insegnare tutto quello che so?
-Certo, se non sarai colta prima.
-Speriamo di no, ma come farò a
crescere?
-Crescerai, nutrendoti di quelle
goccioline che di notte si poseranno sulla tua corolla.
-Anche tu sei una di quelle
goccioline, vero?
-Certo.
-Allora io ti devo bere?
-Se vuoi crescere…
-Grazie, buona rugiada, mi
dispiace, ma ti devo bere. -
E la violetta bevve la piccola
goccia di rugiada.
Renata Rusca Zargar
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