Il DDL Zan, tra bufale e realtà [Vol. 2] da BUTAC - Bufale Un Tanto Al Chilo
Il DDL Zan, tra bufale e realtà [Vol. 2]
Il seguito del nostro speciale sul disegno di legge Zan
Torniamo a parlare del DDL Zan, stavolta rispondendo
ad alcuni dei più popolari e importanti dubbi riguardo la libertà di
espressione, la gestazione per altri (GPA) e la rettifica del sesso anagrafico.
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Il DDL Zan viola la
libertà di espressione?
Come abbiamo visto, il DDL Zan punisce solo
gli atti di discriminazione e violenza e la loro istigazione, senza
vietare la propaganda delle idee. Molti (in modo sincero o pretestuoso) si
interrogano sul campo di applicazione dell’istigazione: basta esprimere
un’opinione controversa o “politicamente scorretta” per essere sanzionati?
Un articolo di opiniojuris.it ci
aiuta a fare chiarezza:
L’istigazione da punire è considerata
quella diretta a convincere terzi a porre in essere talune condotte delittuose
animate dalla finalità discriminatoria.
Anche in questo caso, la giurisprudenza ha delineato i requisiti necessari
affinché il comportamento dell’istigatore possa assumere rilevanza penale.
Esso, infatti, deve essere tale da palesare una “indefettibile idoneità dell’azione
a suscitare consensi e a provocare attualmente e concretamente il pericolo di
adesione al programma illecito.
Si parla quindi di una condotta evidentemente capace
di provocare altri a commettere il delitto (cosa che va provata in
sede di giudizio), e non di una semplice esternazione del proprio pensiero, per
quanto duro e “scomodo”. D’altronde il DDL non inventa niente di nuovo, la
legge Mancino esiste dal 1993 (ed è la modifica di una legge del ’75), ma tutta
questa censura su larga scala di soggetti razzisti non direi si sia
vista. Anzi, diversi li manteniamo da decenni in parlamento o in
edicola.
E la discriminazione? Né il 604-bis né il DDL Zan ne
danno una definizione. Essa è quindi presente in ambito civilistico (all’art.
2 del d.lgs 216/2003 riguardo
le discriminazioni sul lavoro) ma non in quello penalistico. Si può, però,
desumere ragionevolmente che per discriminazioni si intendano trattamenti
meno favorevoli motivati esclusivamente da una caratteristica personale (e
non da una giustificazione obiettiva, ragionevole e necessaria per perseguire
un fine legittimo) che limitano l’esercizio o il riconoscimento di un
diritto o ledono la dignità di una persona.
Insomma, se il 604-bis fosse davvero liberticida,
incostituzionale, un bavaglio contro le voci fuori dal coro e tutte quelle
brutte cose di cui lo si accusa, la Corte costituzionale ne avrebbe
probabilmente fatto coriandoli – il tempo lo ha avuto. E invece non è successo.
In un recentissimo dossier (che
non solleva critiche riguardo il DDL), il Servizio studi del Senato fa inoltre
notare che
la Cassazione (Sez. V, 24 gennaio 2001, n.
31655) ha affermato che il reato di istigazione a compiere atti di
discriminazione non si pone in contrasto con il diritto di libera
manifestazione del pensiero, sancito nell’art. 21 Cost., in quanto
«l’incitamento ha un contenuto fattivo di istigazione ad una condotta, quanto
meno intesa come comportamento generale, e realizza un quid pluris rispetto ad
una manifestazione di opinioni, ragionamenti o convincimenti personali».
In questo caso, tra l’altro, si aggiunge l’art. 4 del
DDL, che esclude dall’azione penale “la libera espressione di convincimenti od
opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o
alla libertà delle scelte” (a meno che non costituiscano l‘istigazione di cui
sopra). Insomma, vista la ridondanza, direi che possiamo tutti dormire
tranquilli, come degli angioletti (cit.).
Premesso che di base rispettare gli altri non farebbe
poi così schifo, anche con il DDL Zan potrete dire che siete contro l’utero in
affitto, contro le adozioni ai gay, contro il matrimonio gay, a favore della
famiglia tradizionale (proprio come quella di Gesù), a favore della dottrina
cattolica, del Natale, della Pasqua, di qualsiasi cosa vi passi per la testa
(se vi manca la fede o la fantasia, questo pratico strumento può
aiutarvi a creare nuovi slogan populisti).
Ovviamente, il fatto che non si finisca in carcere per
certe opinioni (ed è giusto così: la libertà individuale va limitata solo
quando indispensabile) non significa che gli altri non possano far notare che
alcune posizioni (mica tutte) siano effettivamente sessiste, omofobe, razziste,
transfobe eccetera eccetera. Dopotutto, è il magico pluralismo delle idee. Se
vi offendete quando ve lo fanno notare, provate a pensare un attimo all’effetto
che le vostre parole o azioni hanno sugli altri, prima di puntare il dito
contro il “politicamente corretto” e dire che avete tanti amici gay/di colore o
minacciare querela.
Il DDL Zan legalizza o
promuove l’utero in affitto?
No, in nessuna forma. La legge 40/2004) in
materia di procreazione medicalmente assistita proibisce all’art. 12 la
surrogazione di maternità (detta anche Gestazione Per Altri o, se dietro
compenso, utero in affitto) così come la sua organizzazione e pubblicità. È
un reato, si va in carcere e si paga una multa a cinque zeri. Il DDL
Zan la legge 40 non la sfiora nemmeno, quindi la GPA (che comunque viene
praticata perlopiù da coppie etero) continua a essere un reato e i rapporti
di genitorialità che ne derivano non sono riconosciuti in Italia se non tra il
bambino e il genitore biologico (anche se la Consulta ha recentemente
rilevato un vuoto normativo che nei fatti danneggia i minori).
Allo stesso modo, la GPA non verrà certo “promossa” nelle attività
fatte nelle scuole, perché sarebbe illegale: anche l’istigazione a delinquere è un
reato, così come l’apologia di un delitto, e per la nostra legge la
GPA è un delitto (qui un
approfondimento su questo reato, il quale è procedibile d’ufficio). Diverso è
il discorso per le semplici spiegazioni: informare riguardo temi di
attualità molto discussi nella società, anche su cose che ci trovano contrari e
tramite soggetti direttamente coinvolti, non è un reato (certo, ci
sono modi e modi, ma su questi vigilano già gli organi della scuola, i docenti
e i genitori, così come gli studenti stessi). D’altronde, passiamo anni a
studiare di popoli che si infilzano di continuo in mille guerre, ma questo non
vuol dire che si faccia propaganda per la guerra – e parlare, oltre che di
gente ormai polvere, anche di cose che ci riguardano in prima persona non
sarebbe male.
Con il DDL Zan basterà
un’autocertificazione per cambiare sesso?
Assolutamente no.
In alcuni Paesi è davvero sufficiente presentare
un’autocertificazione di genere (o self-ID) per poter cambiare i
documenti (la legislazione nei diversi paesi UE è analizzata qui). Forse ne avete
sentito parlare per il Regno Unito – che ha una legge diversa – in relazione a
quel mischione che è stato il caso Forstater, difesa da J.K. Rowling.
Suggerisco questa approfondita analisi su
ValigiaBlu. Ma in Italia?
Nel nostro Paese è la legge 164/1982 a
disciplinare la rettifica di attribuzione di sesso. Questa prevede che, per
poter modificare i propri documenti con il sesso in cui ci si identifica e il
corrispondente nome, si debba procedere a una modificazione dei propri
caratteri sessuali, per poi andare in tribunale con rito ordinario civile e
chiedere la rettifica. A sentenza passata in giudicato, la decisione è
trasmessa all’Ufficio di Stato civile, e a quel punto si cambiano i documenti.
Non una roba da due minuti.
Secondo i più recenti orientamenti della Cassazione e
della Corte costituzionale, coerentemente con il diritto all’integrità
fisica di cui all’art. 32 della Costituzione, non è più
necessario subire un intervento chirurgico per adattare i propri
genitali (caratteri sessuali primari) al fine di affermare la propria identità
di genere, ma basta anche “solo” sottoporsi a terapia ormonale (che
determina i caratteri sessuali secondari, come barba o seno). La sentenza 180/2017 della
Corte costituzionale dice infatti:
Invero, si è riconosciuto che
l’acquisizione di una nuova identità di genere possa essere il risultato di un
processo individuale che non postula la necessità di tale intervento
[chirurgico, NdA], purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la
compiutezza dell’approdo finale siano oggetto di accertamento anche tecnico in
sede giudiziale. Pertanto, in linea di continuità con i principi di cui alla
richiamata sentenza, va escluso che il solo elemento volontaristico possa
rivestire prioritario o esclusivo rilievo ai fini dell’accertamento della
transizione.
Insomma, il giudice ha comunque bisogno di
rilevare che la transizione di genere sia concreta, certa e determinata.
Prima di tutto serve una diagnosi psicologica di disforia di genere (la
non corrispondenza tra sesso biologico e genere percepito), necessaria per
intraprendere la terapia ormonale, che è obbligatoria. Oltre a questo, è
utile dimostrare che il cambiamento è definitivo e manifesto, noto e
affermato negli ambienti in cui si svolge la vita della persona, che quindi
vive in tutto e per tutto come appartenente al genere di elezione, identificandosi
secondo tale – i famosi pronomi, quindi facendosi chiamare al maschile o
femminile secondo il genere in cui si identifica – e con il nome scelto.
Se la persona vuole, può chiedere al giudice di
autorizzare il trattamento chirurgico per la modifica dei genitali (che rende
ovviamente infertili). Siccome non credo abbiate l’abitudine di controllare
l’interno coscia dei vostri interlocutori (vero?), difficilmente noterete la
differenza. Quindi sì, ci sono persone che lo Stato riconosce come donne anche
se hanno il pene. Vi riguarda? A meno che non dobbiate farci sesso, no.
Tutto questo non cambia. Da tempo si chiede di
snellire questa trafila lunga (servono diversi anni) e dispendiosa, ma in
questo DDL non se ne parla proprio. Di conseguenza, in Italia non vale
e non verrà l’autocertificazione di genere per ancora tanti anni (se
mai accadrà). Siamo pur sempre il Paese democristiano in
cui Fanfani nel ’74 avvertiva che dopo il divorzio
sarebbe arrivato il matrimonio tra omosessuali: ci son voluti più di
quarant’anni per arrivare alle unioni civili – che in altri Paesi, anche
governati dalla destra, esistevano da decenni – che comunque non sono la stessa
cosa.
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