COSA SIGNIFICA ESSERE ZINGARI? di Jovanca Hudorovich
Cosa significa essere "Zingari"?
di Jovanca Hudorovich
Da
bambina ero molto sveglia e curiosa e fin da allora mi sono sempre chiesta
perché ero diversa, perché noi eravamo diversi. Chiedevo a mia mamma come mai
ai gage non piacessero le nostre gonne colorate, per quale motivo ci temevano e
ci dicevano che eravamo sporchi. Io mi lavavo ogni giorno, non ho mai avuto i
pidocchi, mio papà aveva un lavoro eppure agli occhi dei gage tutto quello che
apparteneva al nostro mondo era brutto e disprezzabile.
Il modo
in cui venivo guardata mi faceva sentire sbagliata. Mi chiedevo come mai i gage
che rubavano e che andavano in giro vestiti in modo trascurato non fossero
considerati anche loro zingari. Per loro, per i gagi, essere Zingari o Rom, in
qualunque modo ci chiamassero, significava essere automaticamente ladri e sporchi.
"Mamma
- dicevo - io ho la pelle bianca, a scuola ci vado ogni mattina con i capelli
in ordine, ben pettinata, i miei vestiti sono puliti e profumati, qualcuno mi
dice che non sembro una zingara. Eppure lo sono. Perché? Cosa significa essere
zingari? Perché ci considerano diversi da loro?". Ma le risposte non
arrivavano, erano evasive. Era questo il modo in cui le madri zingare
proteggevano i loro figli.
Ai
compagni e alle compagne di scuola raccontavo dei posti in cui ero stata,
insegnavo loro delle parole in romanés per farmeli amici, ma qualunque cosa io
facessi restavamo separati da un muro invisibile, al mio avvicinarsi mostravano
disagio. Non venivo invitata alle feste di compleanno, se chiedevo un gioco in
prestito mi veniva risposto "te lo puoi tenere". Io all'inizio
pensavo che fosse un gesto affettuoso ma quando un giorno mi venne detto
"mia mamma non vuole che lo riporti a casa se lo do a te" iniziai a
capire che per loro ero come un' appestata.
Ma io
ero felice di essere Rom, amavo la natura e scoprire nuove città e nuovi paesi
e non capivo da cosa nasceva questo disprezzo. Che cosa c'era che non andava?
Crescendo
capii il significato della parola pregiudizio, cioè giudicare prima di
conoscere, senza che però vi fosse neppure la volontà di conoscere. Non c'era
soluzione, era ed è tuttora un sentimento radicato nella mente della gente, un
pensiero che si crea e cresce nella loro testa. Mi sentivo frustrata, violata
nell'anima.
La mia
famiglia non era povera e nemmeno ricca, avevamo quello che ci serviva per
vivere una vita dignitosa, mio nonno scolpiva il rame (in quegli anni si viveva
con lavori artigianali che il progresso tecnologico ha cancellato), possedevamo
una casa che mio papà aveva costruito su un terreno acquistato con i soldi messi
da parte svolgendo la professione di commerciante, da giovane aveva girato il
mondo per lavorare come venditore. Appena aveva un po' di soldi da parte
acquistava un appezzamento di terreno, costruiva una casa e la rivendeva con un
margine di guadagno, così manteneva la famiglia.
Nessun
cliente sapeva che era un Rom, per poter lavorare non si doveva dire di essere
zingari. Molti Rom kalderaš in Italia hanno piccole imprese, pagano tasse, ma
devono tacere sulle loro origini. Anche chi lavora come dipendente spesso, per
non subire discriminazioni, per non rischiare il posto di lavoro, dichiara di
essere rumeno, croato o, se ha la pelle scura, afferma anche di essere indiano.
Ma noi siamo italiani, costretti a nasconderci dietro a identità che non ci
appartengono, identità anch'esse spesso discriminate ma meno della nostra. Noi
siamo in cima alla lista di coloro che la gente odia. Per i gage non c'è
differenza se vivi in un campo o in una villa con piscina, se la tua famiglia è
povera o è ricca. Prima ci chiamavano Zingari, ora ci chiamano Rom, ma per
cambiare i sentimenti non basta cambiare le parole.
Chi
rinuncia alla propria identità è doppiamente sconfitto, perde la propria
cultura e non viene ugualmente accettato perché i pregiudizi sono più forti di
ciò che i loro occhi vedono, o forse non vedono. Chi ci disprezza non fa
differenza tra onesti e disonesti, tra ricchi e poveri, tra puliti e sporchi.
Non possiamo compiacere coloro che vorrebbero vedere scomparire la nostra
gente, che invocano un'assimilazione che significa genocidio culturale.
Cambiare
le nostre usanze, vergognarsi di parlare la nostra lingua in pubblico per non
farci riconoscere è essere complici dei nostri carnefici. Noi dovremmo volere
per noi stessi l'integrazione, che non significa assimilazione, ma vuol dire
essere parte della società umana, nel nostro caso della società italiana, una
componente di essa. Dovremmo mostrarci orgogliosi di ciò che siamo, delle
nostre tradizioni e della nostra lingua, avere lo stesso orgoglio che mostrano
i nostri fratelli ebrei, anch'essi nel mirino dei razzisti e che se pur
impauriti qualche volta, non rinunciano a essere ciò che sono.
L'Italia
è uno tra i paesi europei in cui l'antiziganismo è più radicato, l'Italia è il
paese dei campi nomadi, ghetti di emarginazione di cui la politica si è sempre
disinteressata, è il paese degli sgomberi e dei partiti xenofobi che vorrebbero
smantellare gli insediamenti senza assegnare case in cambio.
Ci sono
altre realtà, ad esempio la Svezia, in cui noi Rom siamo integrati ma non
assimilati, abbiamo i nostri spazi, case, lavoro, radio, programmi televisivi e
pubblicazioni nella nostra lingua che viene insegnata nelle scuole ai nostri
bambini. Una realtà migliore è possibile anche da noi, in Italia e ovunque
siamo discriminati.
Dobbiamo
batterci per ottenere questi diritti, uscendo allo scoperto.
Dobbiamo
smettere di nasconderci e iniziare a proclamare con orgoglio: Ame sam Rom.
Cose significa essere "Zingari"? (kethane.org)
Kethane | rom e sinti per l'Italia
https://www.senzafine.info/2021/02/fingersi-qualcun-altro-di-noell-maggini_23.html
https://www.senzafine.info/2020/09/da-kethane-il-sorriso-di-will-e-gli.html
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LEGGI L'ESTRATTO AL LINK:
https://www.amazon.it/LASTRONAVE-DEGLI-RENATA-RUSCA-ZARGAR-ebook/dp/B08D6QNLCX
Anch'io sono Italiana, anch'io la penso in modo ben diverso dall'onda piatta che ci sta attraversando. Non mi trascino dietro uno stuolo di seguaci, ma dico sempre la mia, anche se qualche costo l'ho sostenuto. Quel che aiuta a essere umani è il BUON SENSO e anche avere amici Rom aiuta a far maturare questo buon senso...
RispondiEliminaAngela Fabbri
Un popolo ogni giorno attaccato, dalle discrimizioni più violente in questo racconto emerge quanto dolore accompagna la l'oro vita..
RispondiEliminaforza forza a tutto il popolo Rom.
O avuto il piacere di leggere alcune poesie, di jovanca una persona speciale ,un il popolo Rom è prezioso.
RispondiEliminaCapisco, sì, comprendo. Le parole di questo saggio mi fanno riflettere su un elemento importante: l'umanità è frammentata, tanto quanto la nostra coscienza, pertanto bisogna considerare questi frammenti come parte di un'unica essenza, esaminando questi pezzi, dando loro la dignità dell'ascolto potremmo tutti arricchire la nostra conoscenza. La conoscenza non è il conosciuto. Per ottenere la consapevolezza occorre sperimentare assieme ad un buon grado di osservazione, solo così si ottiene il vero progresso.
RispondiEliminaIo sono un gagio che ha sperimentato l'emarginazione per motivi legati alle mia origine Partenopea, ecco perché capisco, spesso comprendo.