AMARCORD PIOMBINO
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Piombino dal 1999
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IN LIBRERIA
Gordiano Lupi & Riccardo Marchionni
AMARCORD PIOMBINO - I ragazzi di via Gaeta
Volume 1 - Pagine 250 - Euro 15
Introduzione di Stefano Tamburini
27
maggio ore 18 - PRESENTAZIONE ON LINE - PAGINA FACEBOOK EDIZIONI IL
FOGLIO
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Un progetto di racconti
e fotografie su come cambia la provincia. Vivere con i ricordi, non è vivere di
ricordi.
Non c'è una wikipedia dei ricordi, purtroppo (o per fortuna), conta solo la
memoria
L'indice
in sintesi: Introduzione, I ragazzi di via Gaeta, Tappo colorato, Il sogno del
calciatore, Il vecchio e il bambino, Un Corsarino che profuma di passato, Il
trenino dei desideri, La casa del fanciullo e viale Amendola, Erano i tempi di
Alfio Callai, Ricordando il Bar Cristallo, Ricordando Vetù e Riparbelli,
Piccola storia del Bar Nedo, Il Bar Pellegrini, Breve storia della famiglia
Barbieri. Il commercio nel sangue: drogheria, torrefazione, dolciumi, Un
Cicciolo che profuma d’infanzia, Ricordando un padellone, Calamoresca, Via
Giuseppe Garibaldi, Corso Italia, lato depressione, Via Sant’Antonio, Arialdo
Monticelli, detto Carabina, Una scrittrice di nome Bona Bianchi, Alessio Sozzi,
dal cavallo dei bambini agli operai del Cotone, Alcuni aneddoti su Alessio
Sozzi, La morte di Ilio Campatelli, Divagazioni nostalgiche su piazza Bovio, La
Bancarella, il Sempione e il Circolino, Campo Sportivo di Fiorentina, Fosso
alle Canne, La tragica storia della famiglia Pavolini, Franco Micheletti e la
memoria del passato, Amarcord piombinese - Fabio, Sabatino, Ferruccio…, Il bar
del Partito, Viale Regina Margherita, via Collodi e Il Piave, In barca, alla
volta di Cerboli, Istantanee di maggio, La pizza da Tonino, La schiaccia di via
Torino, Le panchine di piazza Dante, Le sempionate, La Lega Navale, La leggenda
dello stronzolo di Orlando, Lombriconi in forma di rosa, L’umanità del Cotone,
Luminaria a Piombino, Luna e ricordi, Sera di maggio a Marina, Metropolitan,
mon amour!, La scomparsa del Nanfi, Noi che viviamo con l’Elba negli occhi,
Ciao, vecchio Pachi, Pasticcerie scomparse, Piazza Padella, piazzetta
dell’Amore,le Macerie…, I Portici, Piccola storia del Semaforo Rosso,
Ricordando l’Asilo Spranger, La famiglia Caramante e i Bagnetti di Salivoli. La
magia di un luogo simbolo del quartiere piombinese, Sotto il cimitero, Torri
dei Diaccioni, Tempo di Pasqua, Primavera a Baratti, Poesia di sabbia,
Ricominciamo, Ritorni e radici, Scirocco a Salivoli, Rimpianto di scogliere,
Pioggia d’ottobre, L’odore di Piombino, Macelli, Sotto Bernardini, viale del
Popolo, Ricordando Maribruna, La mia fine. Postfazione personale.
Il sommelier del tempo perduto
di Stefano Tamburini
Quello che state per sfogliare non
potrà mai essere un libro di storia o un semplice compendio di fatti e aneddoti
riemersi dal passato. È piuttosto una sinfonia di ricordi, composta conle
parole scritte da Gordiano Lupi che evocano immagini e con le foto scattate da
Riccardo Marchionni che sembrano parlanti. Pensieri, parole e combinazione di
bianchi, neri e grigi sono come un drone che sorvola il passato e,
soprattutto,si sofferma sulle emozioni che riemergono dai pensieri. E non c’è
nostalgia, se non sullo sfondo di alcuni passaggi legati a luoghi
dell’adolescenza andati perduti, semmai c’è l’orgoglio di aver vissuto un’epoca
e di volerla tramandare a chi avrà voglia di condividere le riflessioni. Anche
per capire quel che accade oggi negli stessi luoghi.
Certo, è un libro che parla di
Piombino, di cosa è stata una piccola città affacciata sul mare,soprattutto
nella seconda metà del secolo scorso.Una piccola città con l’orgoglio di esser
stata Principato, uno Stato autonomo per oltre quattro secoli,dal 1399 al 1814,
che ha visto piano piano svanire molte delle glorie anche più effimere dei nobili
trascorsi. Ma non è solo questo.
L’autore del libro, anche con
l’ausilio delle immagini rigorosamente in bianco e nero come era regola
dell’epoca raccontata, non offre giudizi né tantomeno pregiudizi su quel che è
accaduto. E anche il lettore che si affaccerà su questa realtà venendo da altri
luoghi, potrà ritrovare almeno in parte analogie con mura più conosciute, con
luoghi simili nei tanti “altrove” che tenevano in vita un’epoca di speranze e
di progetti in gran parte andati perduti.
Già il titolo del libro, “Amarcord
Piombino”, tradisce uno sfondo di narrazione felliniana, anche se ha poco del
film che porta quel titolo coniato dal grande regista Federico Fellinie dal
poeta e scrittore Tonino Guerra, anche lui romagnolo, che curò la sceneggiatura
della pellicola. E che scelse “Amarcord” utilizzando la frase con la quale i
benestantiordinavano l’Amaro Cora, quello più costoso e più chic. Nei locali
della Romagna del boom economico, Amaro Cora diventava “Amarcord” e suonava
bene. Oggi, quella parola che racchiude l’intera frase in italiano “io mi
ricordo” è sinonimo di una profondità di rimembranze molto diverse dalle più
superficiali.
Anche quello di Gordiano Lupi non
è un rimembrare superficiale o nostalgico, pescando a caso nella memoria di un
bambino o di un adolescente diventato adulto. Nelle pagine che seguono ci sono
soprattutto ricordi evocativi, dai tappi a corona dei giochi in strada che oggi
sono andati perduti, fino alle brutture che si sono viste sorgere al posto di
cose belle. Oppureil rito del vestito buono degli operai per la passeggiata
domenicale che era un segno di rispetto, prima di tutto per sé stessi e poi per
gli altri. E anchela tradizione delle partite di calcio in trasferta, prese a
pretesto per un pranzo di gruppo in ristoranti lontani a ridosso di piccoli
campi sportivi dove altrimenti non si sarebbe mai andati. Perché, ricorda
l’autore, «mangiare bene era importante, forse ancor più che vedere le
partite».In questo e in altri passaggi c’è il racconto di una mutazione
epocale, progressiva, solo in parte ineluttabile.
Gordiano Lupi in alcuni passaggi
cerca di sfuggire al giudizio («Non me lo fate dire se cambia in meglio, posso
solo dire che cambia») e in altri inevitabilmente il giudizio lo lascia dare
dalle realtà che descrive. Il caso più emblematico è quello di un campo
sportivo che doveva diventare un vero e proprio stadio a Fiorentina, alla
periferia della città. Adesso è ridotto a un cumulo di sterpaglie («Una rete di
recinzione, beffarda e ossidata, resta in piedi, protesa a difendere il
niente»)e alla fine provoca una sentenza scontata e amara: «Tutto era meglio di
questo squallore». Va detto, la lettura provoca spesso questa conclusione,
anche in altri capitoli. Ma non è il caso di trovare – per le situazioni che
avrebbero richiesto una “visione” lunga – un atto di accusa verso chi avrebbe
potuto far qualcosa per modificare o invertire il declino e non l’ha fatto. O,
peggio, non l’ha saputo fare. Il giudizio, in fondo, è già negli avvenimenti.
In questo libro si trova soprattutto
amore per il tempo perduto, si trova l’abbraccio con un passato che non è
vivere “di” ricordi ma “con” i ricordi. Perché il recupero della memoria aiuta
a capire meglio anche il presente e, forse, a evitare altri errori da qui in
avanti.
Sì, in questo libro ci sono
passaggi pieni di amore, come quello in cui l’autore confessa di non aver mai
immaginato che la sua città fosse così bella fin quando non l’ha potuta
osservare da una barca in mezzo al mare, lontana da fumi e acciaio, distante da
ciminiere annerite che scacciavano nuvole bianche. E, forse senza volerlo,
indica il vero problema di questa comunità, essere rimasta imprigionata nel
passato, nel guardare “da dentro” e ben poco da “fuori”. Cioè, aver rinunciato
a osservare meglio la bellezza che si vede dal mare ma anche ciò che di meno
bello si sarebbe potuto notare con occhi più distaccati dal perimetro
Torrione-piazza Bovio-fabbrica-Baratti.
Gordiano Lupi è come un antico
sommelier del tempo perduto, e questo libro non permette di smarrire quel che è
stato. Non ci sono solo rituali come quello del cinema Sempione, dei due film
uno dopo l’altro in un clima da rodeo, dove lo spettatore è tifoso, una volta
per i nordisti e l’altra per gli indiani, una volta per King Kong e un’altra
per Godzilla. Ai ricordi dell’autore vien voglia di aggiungere i propri, nel
caso del Sempione quelli di alcuni personaggi un po’ eccentrici dell’epoca che
al cinema venivano con le pistole giocattolo per rincorrersi fra le poltrone
della platea e sparare proiettili immaginari con il solo scoppio dei
“fulminanti”. Insomma, il vero spettacolo il più delle volte non era sullo
schermo ma in platea e in galleria.
Gordiano Lupi a un certo punto
spiega che «non c’è una Wikipedia dei ricordi». E che, «purtroppo (o per
fortuna) conta solo la memoria». Per fortuna, conta anche un libro come questo
dove si dice che «niente è come prima, in questo futuro che è già passato e non
ce ne siamo neppure accorti».
No, ce ne siamo accorti e ce ne
accorgeremo sempre finché ci saranno libri come questo, fin quando ci sarà un
cantastorie di carta che ci spiega tante cose apparentemente sotto gli occhi di
tutti e che non vediamo più. E anche sfumature di sostanza, come la differenza
che passa fra rena e sabbia. O che fa riemergere pasticcerie e negozi
scomparsi, segno di tempi che cambiano ma anche di scarsa capacità di offrire
risposte a esigenze che mutano ma non scompaiono.
Che ci racconta anche di
precursori, quelli che cominciavano a credere nel turismo quando tutti gli
altri pensavano solo a “pane e fumo”. E anche quello che di bello resta, che
non è solo la delizia della schiaccia del forno di via Torino. Restano
soprattutto le radici di questo grande albero chiamato comunità che vede
cambiare le foglie ma resta sempre lì, magari più storto e malmesso. Ma è da
quel tronco che nasce sempre tutto. Dai ricordi che non sono solo ricordi. Puoi
anche non pensarci, a ciò che è stato, ma prima o poi torna. E questo libro
mette ordine nella memoria. O, meglio, come ben descritto in queste pagine,
grazie a questi ricordi «ti riempie il cuore di una struggente felicità».
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