AL CAPEZZALE DEL NOSTRO SISTEMA SANITARIO

 

Al capezzale del nostro sistema sanitario arrivano infermieri indiani. E ci sono medici come Carlo Salomone


 
di  Gianfranco Barcella





Il servizio sanitario nazionale è già arrivato molto debilitato all’appuntamento inaspettato con la pandemia che ora sta mietendo l’ultima vittima: la sanità pubblica, appunto. Sta dando il colpo di grazia ad un sistema stremato da dieci anni di austerity, restrizioni e definanziamenti.

Negli anni 2000 il nostro S.S.N. veniva accreditato come secondo nel mondo, ma avevamo un piano pandemico inadeguato che non è stato aggiornato e questo rivela, tra l’altro, l’impegno profuso dalla nostra classe politica e la diligenza con cui ha servito il popolo sovrano. In più avevano in campo poche risorse umane ed organizzative, in particolare nei settori delle cure primarie e dei servizi di prevenzione. Inoltre le potenzialità terapeutiche erano poche <grazie> ai pochi mezzi a disposizione.

Un sistema sanitario regionalizzato inoltre ha contribuito a non dare una risposta valida e diversificata per territorio ma per contro ha creato pazienti di serie A, B e C. Per affrontare l’emergenza era necessaria una coordinazione che non c’è stata. Le vittime di queste nefandezze probabilmente non avranno mai giustizia! Pazienza! Le mettiamo insieme alle altre! Poteva essere questa tragedia l’occasione da cogliere per potenziare l’assetto sanitario nazionale sia sotto il profilo delle risorse umane, sia rispetto alle strutture edilizie e tecnologiche.

Una mano in questo senso ci è stata offerta dall’Europa con i fondi del PNRR, di cui una parte, pare venga dirottata per l’acquisto di armi. Se questo rispondesse al vero, sarebbe mostruoso (attributo caro a Papa Francesco). Se noi diamo un’occhiata alla tabella che elenca le spese sanitarie, previste per i prossimi anni, si evidenzia la volontà di definanziare il sistema sanitario nazionale, depotenziando il servizio pubblico. Dal 2022 al 2025 si passerà da un impegno di spesa pari al 7% del Pil al al 6,2; per la precisione da 131,710 milioni di euro a 129,518 milioni di euro. E noi abbiamo compreso, anche grazie alla Pandemia, che un rapporto Pil/spesa sanitaria uguale o vicino al 6% non è più in grado di sostenere in modo adeguato il Sistema Sanitario Nazionale.

Il nuovo esecutivo  della premier Meloni ha ereditato questa situazione e pensa di porvi rimedio spingendo sull’autonomia differenziata accelerando un processo cominciato con il governo Gentiloni. Sull’autonomia differenziata delle Regioni si è pronunciato l’ufficio Bilancio del Senato con un documento intitolato: “Il costo dell’autonomia differenziata” in cui si esaminano le criticità del ddl Calderoli, avanzando dubbi sulla possibilità di riuscire a garantire i LEA (Livelli essenziali di assistenza) in tutto il Paese in modo uniforme. Tutto questo pare  provochi frizioni nel governo.

E’ evidente il piano inclinato, destinato a far rotolare il S.S.N., così  come era stato ideato e voluto al momento della sua istituzione, e cioè un servizio di welfare universalistico, pubblico e gratuito. L’elemento ancor più preoccupante, a mio avviso, è l‘apparente rassegnazione dei cittadini italiani, di fronte a questo scenario destinato ad acuire le diseguaglianze nella nostra società. In alcuni Paesi Europei almeno non ci si limita ad attendere l’annuncio della fine della gloriosa storia del SSN.

Le nostre coscienze si sono intarmolite ed il processo di degrado irreversibile, è cominciato quando abbiamo accolto come un <male necessario> la legge che introduceva il pareggio di bilancio in Costituzione nel 2011, modifica che fu approvata in soli 6 mesi, lì dove leggi importanti stazionano nelle aule parlamentari da vent’anni. Sei mesi in cui furono fatte le quattro letture parlamentari previste in tempo di record ed approvate in larga maggioranza, anche con il voto delle opposizioni. L’imperativo del pareggio di bilancio è andato a comprimere diritti incomprimibili, secondo la Corte Costituzionale: il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, il diritto ad un lavoro sicuro e retribuito. Non voglio infierire sulla riforma del Titolo V della Carta Costituzionale che ha dato alle Regioni autonomia legislativa e la possibilità di dettare norme di rango primario, ha contribuito a creare 21 sistemi sanitari diversi che viaggiano a velocità diverse e l’autonomia differenziata, attualmente in discussione, acuirà ancor più il solco.

Mi pare che non sia più il tempo dell’indifferenza! Approfondiamo i casi più vicini a noi.

In Liguria sono sempre di più gli infermieri indiani che prestano servizio e aiutano a coprire le carenze di organico ma mancano ancora 800 professionisti. Sono oltre duecento, tantissimi nelle strutture private e nelle case di riposo convenzionate come il Don Orione, ma anche al San Martino e al Galliera. Non è un caso che sia la comunità extra-comunitaria più numerosa in Italia. Arrivano già formati attraverso i canali degli istituti religiosi ed entrano nel sistema, attraverso i concorsi.”

Così si esprime Carmelo Gagliano, Presidente Regionale Ligure Ordine degli Infermieri.  E ancora continua.” Rispetto a cinque anni fa ci sono circa 200 infermieri in meno, ma sappiamo già che nei prossimi cinque anni serviranno duemila infermieri, poi c’è ancora da sottolineare che la media degli stipendi degli infermieri italiani è inferiore del 25% di quelli europei”.

Tra i numeri che raccontano l’attività della Asl2 ce n’è uno in particolare che rivela le assunzioni per sopperire al crescente bisogno di camici bianchi. Precisa Michele Orlando, commissario straordinario della Asl: “La carenza di specialisti resta il problema da risolvere e nell’ultimo periodo abbiamo formalizzato una cinquantina di assunzioni. Ma siamo passati da 656 dirigenti medici nel 2020 ai 596 di oggi”. 

Purtroppo la politica non si limita solo a limitare i diritti fondamentali riconosciti al popolo dalla costituzione, ma “pare preferisca gestire gli interessi di parte” anche a livello locale, invece di far corpo comune per salvaguardare il diritto fondamentale alla salute per tutti e soprattutto per i meno abbienti.

“Da quando il presidente Giovanni Toti ha annunciato la probabile riapertura estiva h24 del PPI all’ospedale Santa Maria di Misericordia, gestito da medici della mutua, il sindaco di Albenga, Riccardo Tomatis, è entrato nel silenzio stampa più assordante della storia locale con i suoi megafoni in capo alla pagina social, totalmente silenziati da qualche mese  Il PD ha barattato la vicepresidenza della Provincia con il Pronto Soccorso di Albenga”.

Sono queste le durissime accuse formulate, in una nota congiunta, dalle sezioni ingaune di Lega e Forza Italia”.  E ancora si legge: “Chapeau al governatore ligure, verrebbe da dire, per aver fermato la protesta popolare sul declassamento del Pronto soccorso di Albenga, barattando il reparto di emergenza del Santa Maria di Misericordia con la poltrona della vicepresidenza della provincia in quota alla sezione del Partito Democratico di Albenga. Dobbiamo ammettere che non pensavamo Riccardo Tomatis, medico della mutua e pertanto fruitore professionale del bonus Ppi h 24, oltre che sindaco in quota al Partito Democratico, fosse un amministratore comunale così tanto doppiamente disinteressato. Chiediamo pertanto al sindaco Riccardo Tomatis di uscire immediatamente dal suo silenzio e fornire spiegazioni chiare riguardo alle sue <personali> scelte politiche sull’Ospedale Santa Maria di Misericordia. I cittadini meritano di conoscere i motivi di questa sua mancata trasparenza e di essere coinvolti nelle politiche che riguardano la loro salute e il loro benessere”

A dire il vero il sindaco di Albenga, Tomatis di recente, ha parlato: “Nei giorni scorsi per l’ennesima volta, sono stato testimone concreto della necessità di mettere mano in maniera seria, compiuta e rapida, al sistema sanitario e in particolare, al settore legato all’emergenza. L’estate è vicina e le presenze sul nostro territorio si moltiplicano mentre la situazione di strade  ed autostrade continua ad essere drammatica. Avere un punto d’emergenza aperto h24 con le stesse funzionalità che aveva prima della sua chiusura ad Albenga è di fondamentale importanza non solo per il nostro comprensorio, ma anche per alleggerire la situazione di criticità e sovraffollamento del Santa Corona che inevitabilmente si ripercuote anche sulle pubbliche assistenze. Le ambulanze stazionano ore davanti al Pronto Soccorso prima di poter affidare ai medici i trasportati. Il territorio si trova sprovvisto di mezzi di emergenza e in caso di necessità, un paziente può essere costretto ad aspettare diverso tempo prima di essere soccorso”. E così ha proseguito: “Solo per fare un esempio nella giornata di domenica 4 giugno, all’altezza di Borghetto Santo Spirito si è verificato un incidente. Mi trovavo a passare da lì e da medico, mi sono fermato per prestare il primo soccorso a un motociclista che nell’urto con una vettura, aveva subito una grave frattura esposta e si trovava a terra. Sono rimasto con lui più di mezz’ora prima che arrivassero ambulanza e auto medica. Questo è inaccettabile e mette a rischio il diritto alla salute dei cittadini”. Il medico-sindaco ha aggiunto ancora: “E’ necessario intervenire subito per non dover passare un’estate come quella vissuta lo scorso anno. Lo faremo presente all’assessore Gratarola con il quale avviamo iniziato un dialogo che deve continuare e portare a risultati concreti per il territorio”.

In questo clima di lotte intestine ci sono operatori sanitari che non solo non abbandonano il fronte del Sistema Sanitario Nazionale, ma operano con grande dedizione ed amore per il loro lavoro. Siamo lieti di segnalare che il dott. Carlo Salomone, medico chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia, ha ricevuto la Gran Croce al merito del Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis -V.E.O.S.P.S.S.- il prestigioso riconoscimento che l’Ordine riserva esclusivamente a coloro che, rispecchiando le più alte virtù umane, spiccano per la loro professionalità. Salomone è dirigente medico presso la struttura ospedaliera integrata MIOS-MIOA di Albenga, area funzionale nata nel 2002 che riprende un’antica e nota tradizione dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, relativa al trattamento delle infezioni osteoarticolari, reinterpretandola alla luce dell’evoluzione culturale e tecnologica degli anni più recenti, ed inserendola nella realtà di un grande ospedale generale sede di D.E.A di secondo livello.

Gianfranco Barcella

Trucioli - Liguria e Basso Piemonte



VEDI ANCHE:

LETTERA APERTA all'ASL di Savona (senzafine.info)

TRE MESI PER UN INTERVENTO DI TUMORE (senzafine.info)

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