TEMPI DI FRATERNITÀ: Un Presidente per un Paese che necessita di più democrazia e più giustizia
SOMMARIO GENNAIO
EDITORIALE |
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La redazione - Un presidente per un Paese |
pag. 3 |
CULTURE E RELIGIONI |
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E. Vavassori - Vangelo secondo Matteo (97) |
pag. 8 |
CASSANDRA |
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G. Codrignani - Cassandra |
pag. 5 |
PAGINE APERTE |
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L. Berzano - Stile di vita |
pag. 7 |
R. Orizzonti - Arrivare in Calabria con le nostre storie |
pag. 10 |
G. Bianchi - Quel che ricordo della II guerra mondiale |
pag. 12 |
D. Pelanda - Etica e robotica |
pag. 13 |
R. P. Padovano - VEN-TO migrante |
pag. 16 |
L. Giario - Violenza e non violenza |
pag. 19 |
M. Meschi - Tu es Petrus? |
pag. 20 |
L. Borghi - Loving Annabelle |
pag. 23 |
ELOGIO DELLA FOLLIA |
pag. 24
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EDITORIALE
a cura della
redazione
Un presidente per un Paese che necessita
di più democrazia e più giustizia
Nello
scorso mese di novembre ben 15 istituzioni
e
associazioni che si ispirano alle culture
politiche
dei padri costituenti hanno stilato
un
documento “Il/la Presidente che vorremmo”
per
discutere sul profilo del/della futuribile
Presidente “che non sia esclusivo appannaggio del
ceto politico-parlamentare, bensì divenga oggetto di pubblico
confronto” (...).
I
firmatari, tra cui Centro di Ricerca e Documentazione
Luigi
Einaudi (Torino), Fondazione Lelio e Lisli Basso
(Roma),
Comitati Dossetti per la Costituzione, Fondazione
Nilde
Iotti (Roma), si propongono di diffondere il loro desiderata che
coinvolga la cittadinanza, animati dalla
consapevolezza dell’importanza
e della delicatezza della scelta, in un
periodo storico particolarmente complicato e difficile.
Si
dovrebbe individuare “una persona che fedelmente
corrisponda
alla funzione assegnatale dalla Costituzione
vigente.
Non è scontato in una stagione nella quale si evocano confusi
modelli gollisti e si teorizza la fungibilità tra ruoli
ai vertici dello Stato, che vanno invece tenuti nitidamente distinti.
(…)
Una
severa, rigorosa figura di garante della Costituzione,
a
cominciare dal principio della separazione, dell’equilibrio e
della leale collaborazione tra i poteri. Un/una presidente che
si riconosca nel senso pregnante del principio secondo
il quale il lavoro è il fondamento della cittadinanza politica.
Un/una Presidente che assicuri la difesa del
principio di legalità, nonché l’indipendenza e l’autonomia della
Magistratura, nel necessario e urgente processo teso
alla sua rigenerazione e al suo riscatto, senza i quali
potrebbe lievitare una spinta al suo asservimento.
Un/una
Presidente custode e interprete dell’unità e dell’integrità della
nazione, che non misconosca le ragioni
dell’autonomia
delle comunità territoriali, ma evitando
contrapposizioni
e scontri fra poteri centrali e locali. Un/una
Presidente impegnato/a ad assicurare l’unità giuridica ed
economica della nazione. Un/una Presidente che
si
adoperi per correggere le derive da tempo abbondantemente in
atto verso un depotenziamento delle prerogative del
Parlamento (…). Un/una Presidente che si situi nel solco dello
storico europeismo del nostro Paese, fondatore del processo
d’integrazione europea, e dunque impegnato ad assecondarne
il percorso teso a coniugare sovranità nazionale e
sovranità europea nel quadro di «una unione sempre più
stretta». Un/una Presidente che, a capo del Consiglio superiore
della difesa, garantisca il ripudio della guerra
e, positivamente, l’impegno per la giustizia e la pace
tra le nazioni.
In
una parola un/una Presidente non di parte, supremo
arbitro
della vita politica. Semmai Politico/a con la maiuscola,inteso/a
cioè come interprete e attivo/a garante dei superiori
interessi del paese. Una figura che unisca il Paese anziché
dividerlo e che lo rappresenti al meglio presso la
comunità internazionale.
Dovrebbe
essere superfluo – ma non lo è – aggiungere
una
sorta di precondizione fondamentale che attenga alla
sua
concreta persona: l’integrità personale attestata da
una
biografia specchiata”.
Fin
qui un ampio stralcio del documento che ci sentiamo
di
sottoscrivere in toto, di cui tuttavia intendiamo sottolineare i
punti che maggiormente ci coinvolgono nella nostra esperienza
di conoscitori e partigiani degli “ultimi”.
Intendiamo
in primis il “lavoro” e “l’unità giuridica ed
economica della
nazione” cui si connette strettamente il tema delle
diseguaglianze intra ed extra territoriali delle
regioni italiane.
Una
democrazia solo formale, peraltro anch’essa bisognosa
di
profonde modifiche, cui il documento allude, non
ci
pare sufficiente a garantire l’essenza della Costituzione che
la nuova figura di presidente dovrebbe tutelare. Quando abbiamo
a che fare con 6 milioni di persone in povertà assoluta
e quasi 3 prossimi ad essa, si pone con forza la imprescindibile
esigenza di attuare la carta costituzionale a
livello sostanziale.
Ci
soccorre al tema esposto, volando alto, una lettera aperta di
Franco Arminio1 su cui conveniamo e che qui
riportiamo integralmente:
“Cari
ricchi,
il
mondo sta finendo o è già finito non per colpa dell’uomo
in
generale ma per colpa vostra.
Ora
avete abilmente nascosto le vostre colpe al punto che
i
poveri votano per voi. Avete portato i poveri a pensare che il
loro nemico è quello più povero di loro: il povero arriva col
gommone e non col Mercedes.
Una
volta in occidente, e specialmente in Italia, c’erano
partiti,
persone, sindacati, c’erano tanti occhi che guardavano i
vostri imbrogli e li denunciavano. Ma da un certo punto
in poi, più o meno dai tempi di Tony Blair, avete vinto, non
avete più trovato resistenze perché avete convinto quasi tutti
che le ingiustizie sociali sono un problema trascurabile, il
cuore di tutto è la crescita più che il dolore. Il punto è che
quando si parla di crescita si omette di dire che a crescere è
solo il vostro conto in banca.
Siete
stati bravi, avete condotto la vostra lotta di classe e l’avete
vinta con l’appoggio di chi vi dovrebbe combattere.
Se
la ricchezza non è male in quanto tale, neppure si può dire che
sia bene in quanto tale. Ma veniamo ai giorni nostri, veniamo alla
via tecnocratica che ora va di moda nelle nostre democrazie:
quello che sta accadendo in questi giorni in Polonia dovrebbe
aprire gli occhi su quello che è diventata l’Europa e
su quello che intendiamo adesso per democrazia.
Lo
so che ragionare in questo modo non crea consenso,
sembra
di parlare da una gabbia del novecento, mentre voi
ormai
volate liberi e incontrastati nel cielo del nuovo secolo e
vi inventate la transizione ecologica, date perfino l’idea che
volete occuparvi dei destini del pianeta. Il punto è che molti
di voi sono in buona fede, la ricchezza si è fusa con l’ignoranza,
ora arrivate a pensare davvero di essere voi gli eroi
del mondo, a voi spetta il compito di salvarlo questo mondo.
Ma non andrà sempre così. A un certo punto avrete contestazioni
più oneste e più convinte di quelle che avete adesso.
C’è solo da sperare che quando i vostri inganni saranno pienamente
svelati ci sarà ancora tempo di stare al mondo
in letizia e in amicizia. Voi avete portato nel mondo da
tempo la terza guerra mondiale, ma non più tra gli Stati, la
guerra ora è tra le persone. La guerra non si fa più con le bombe,
le bombe se mai le usano i poveri, ora il vostro cannone
si
chiama crescita, si chiama consumi, si chiama progresso.
Pasolini
lo aveva ben capito e lo hanno capito in
tanti
anche adesso, ma ora chi parla deve confrontarsi col
chiasso,
non c’è bisogno che sia zittito, ogni contestazione è resa
inerme dal diluvio in corso, un diluvio di gesti e di parole che
nasconde la grande paralisi del mondo. Sì, questo è un
mondo paralitico, cambia un’epoca ogni giorno, ma a muoversi
sono solo le ombre, è la danza dell’irreale, mentre la
realtà è ferma, è in necrosi.
Cari
ricchi, pentitevi, perché la vostra ricchezza non solo
fa
male al mondo ma anche a voi stessi. Siete molto malati,
abbiate
il coraggio di dirlo a chi vi guarda, a chi vorrebbe diventare
come voi. Oggi, curiosamente, la rivoluzione può cominciare
togliendo le barricate che avete costruito, abbassando la
polvere che alzate in continuazione per impedire al
chiarore di farci vedere come stanno le cose. Sappiatelo, il
chiarore non è morto. E prima o poi verrà un tempo limpido
e sarà un bene per tutti, anche per voi”.
Cari
poveri, potremmo umilmente continuare:
•
la
nostra Costituzione non tollera la vostra esistenza
quando
i ricchi continuano a prosperare a vostro (e nostro)
danno,
non tollera che si faccia l’esame del sangue ai percettori del
reddito di cittadinanza e si consenta agli evasori ed
elusori di prosperare;
•
la
nostra Costituzione non consente che ci siano regioni
dove
la sanità pubblica è devastata e altre che richiedono
maggior
autonomia per regalare alla sanità privata ulteriori quote
delle nostre tasse, come avviene in Lombardia e non
solo;
•
la
nostra Costituzione non tollera neppure che ci siano
milioni
di disoccupati e altrettanti precari pagati sei-settecento Euro
al mese e altri che se la passano un po’ meglio, ma
con salari tra i più bassi d’Europa. Per non parlare delle imposte
sul reddito, sempre meno progressive e della tassazione
delle rendite finanziarie e immobiliari insufficiente e
sperequata;
•
la
nostra Costituzione è stata svuotata dal di dentro. Significa che
le norme prefigurate dai costituenti non hanno avuto
seguito se non in ambiti molto ristretti e una parte di esse,
conquistate in passato, sono state cancellate dall’orda neoliberista
che ha coinvolto l’intera classe politica negli ultimi
trent’anni, succube dei poteri che contano.
Cari
poveri la vostra situazione è ancor più intollerante
se,
in un paese che “ripudia la guerra”, si continuano a
spendere
enormi somme in armi e tecnologie sempre più
sofisticate
che nulla hanno di difensivo. Non lasciatevi ingannare dalla
propaganda nazionalista che tante morti e
danni
ha procurato, in particolare proprio a voi, e provate a pensare
come potrebbe migliorare la vostra (e la nostra)
vita
se solo provassimo ad uscire gradualmente dal sistema
di
guerra, dalla violenza, che ci domina a livello materiale e
culturale, nelle menti e nelle coscienze.
Il-la
nuova presidente che desideriamo dovrebbe essere
strenuo
difensore della costituzione sostanziale impedendo
che
si emanino leggi che vanno in direzione opposta,
come
è spesso avvenuto, e propugni la trasformazione dei
principi
in norme cogenti.
Noi,
nel nostro piccolissimo ruolo culturale, proveremo
a
partecipare a questo lavoro evidenziando nei prossimi
numeri,
ancor più di quanto fatto finora, le vicissitudini
degli
ultimi e dei penultimi che ci stanno a cuore, convinti che
un paese trova la sua unità più profonda nel soddisfacimento dei
loro diritti e bisogni, al di fuori di ogni logica assistenziale.
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