UNA GIOVANE CERAMOGRAFA

 DALL'1 AL 12 MARZO SU QUESTO BLOG SARANNO PUBBLICATI QUASI ESCLUSIVAMENTE POST CHE RIGUARDINO IL MONDO FEMMINILE PER RICORDARE A TUTTI L'8 MARZO GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA


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Una giovane ceramografa nella splendida hydria “Caputi”

a cura di Lorenza Marchese


Nel 1876 Francesco Caputi, nipote dell’arcidiacono Giuseppe Caputi, prosegue gli scavi archeologici iniziati dallo zio nei terreni di famiglia nella fertile campagna di Ruvo di Puglia. Negli anni precedenti molte tombe erano venute alla luce e gli oggetti appartenenti al loro corredo, tra cui moltissimi vasi attici e apuli decorati, erano stati conservati dall’Arcidiacono nel suo palazzo. Nel 1876 viene alla luce una tomba femminile; la defunta apparteneva a una famiglia molto benestante, il corredo è ricchissimo. Oltre a preziosi gioielli in ambra, ora esposti nel Museo Archeologico di Napoli, viene trovata una hydria di squisita fattura, opera di un artigiano attico, che è passata alla storia per la scena che il valente ceramografo aveva rappresentato sulla spalla del vaso.


Siamo all’interno di un laboratorio ceramico decisamente importante che eccelle per la qualità della sua produzione, tanto che i lavoranti vengono premiati da due Vittorie alate e dalla stessa dea Athena, la protettrice degli Artigiani. La scena è vivacissima e quanto mai realistica: a sinistra un giovane ceramografo seduto su un basso sgabello è impegnato nella decorazione di un grande cratere a volute; accanto a lui due ciotole per i colori sono appoggiate su un piccolo tavolino. A quanto pare il giovane non si aspetta di essere premiato, infatti si gira stupito verso la Vittoria. Al centro Athena armata di tutto punto e con la corona in mano, si avvia con passo leggero verso il giovane artista che evidentemente è il più bravo di tutti; lo si capisce dalla tipologia e dal numero di vasi che si appresta a decorare. Potrebbe essere il titolare dell’atelier oppure il maestro; é seduto su una comoda sedia con lo schienale ed è vestito con eleganza. E’ impegnato a decorare un grande kantharos, il vaso per bere, destinato al culto di Dioniso. Un altro...

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L’8 marzo è la Giornata internazionale dei diritti della donna, celebrata per la prima volta nel 1911, in Austria, Danimarca, Germania e Svizzera. Nel 1908, infatti, 15.000 donne avevano marciato per New York chiedendo orari di lavoro più brevi, una paga migliore e il diritto di voto e, nel 1909, il Partito Socialista d’America aveva dichiarato la prima Giornata Nazionale della Donna. Allora, Clara Zetkin, attivista comunista e sostenitrice dei diritti delle donne, aveva suggerito la creazione di una giornata internazionale. Nel 1910, aveva presentato la sua proposta a una Conferenza internazionale delle donne lavoratrici a Copenaghen e le 100 donne presenti, provenienti da 17 paesi, avevano accettato all’unanimità. Non c’era, però, ancora una data fissa. Durante la guerra, nel 1917, ci fu uno sciopero delle donne russe che chiedevano “pane e pace”. Quattro giorni dopo lo sciopero, lo zar era stato costretto ad abdicare e il governo provvisorio aveva concesso alle donne il diritto di voto. Lo sciopero era iniziato l’8 marzo, perciò quella data è diventata la Giornata internazionale della donna. I colori di IWD (International Women Day) sono: il viola che significa giustizia e dignità, il verde che simboleggia la speranza, il bianco che rappresenta la purezza. Questi colori hanno avuto origine dalla Women’s Social and Political Union (WSPU) nel Regno Unito nel 1908, che ha lottato fortemente per ottenere il voto alle donne con la sua leader Emmeline Pankhurst. 

L'UDI (Unione Donne in Italia), creata nel 1944, a Roma, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d'Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro, aveva celebrato l'8 marzo nel 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell'Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all'ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l'8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l'Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, sia perché fiorisce tra febbraio e marzo che perché è un fiore economico, secondo un'idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei. Solo dagli Anni ‘70, però, la Festa è stata accettata ufficialmente. È un po’ difficile, quest’anno, pensare a una Festa quando vediamo ovunque donne e madri colpite dalla guerra, con figli uccisi e feriti, vittime o soldati. A chi possiamo donare la mimosa? Ai profughi che hanno perso casa, lavoro, speranza, o a chi ha mariti e figli a combattere?

I diritti della donna, infatti, possono esistere solo in un mondo pacifico perché non ci sono diritti se la propria vita e quella dei propri cari non sono salve. Possiamo, comunque, lottare per la pace e perché nel mondo si raggiunga la parità di genere, quale che sia il proprio genere.

Per tutta la vita io mi sono impegnata nella società per i diritti delle donne e, nel 2021, in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 di novembre, avevo voluto che uscisse il libro “Che te ne fai di un’altra femmina?”, una raccolta di storie di donne occidentali e orientali che amano eppure subiscono violenza. In uno dei racconti, avevo persino immaginato un altro Pianeta dove, però, si perpetuava la stessa mentalità terrestre: la donna è un oggetto e come tale può essere distrutta. (qui si può leggere l’estratto: CHE TE NE FAI DI UN'ALTRA FEMMINA?: storie di donne del mondo orientale e occidentale con una puntata su un nuovo Pianeta (RACCONTI DI DONNE) eBook : RUSCA ZARGAR, RENATA: Amazon.it: Kindle Store)

Per l’8 marzo 2022, ho, inoltre, pubblicato “Storia della strega di Savona e altri racconti di violenza”, testo che, come il precedente, fa parte della collana “Racconti di donne”.

In occasione del 25 novembre 2022, è uscito "VOGLIO IL TUO UTERO" sulla maternità surrogata (qualcuno cioè che fa un figlio per altri), un soggetto di cui si parla molto poco, forse, per non dar fastidio a nessuno.


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