IL CORPO E' MIO E LO GESTISCO IO!

 DALL'1 AL 12 MARZO SU QUESTO BLOG SARANNO PUBBLICATI QUASI ESCLUSIVAMENTE POST CHE RIGUARDINO IL MONDO FEMMINILE PER RICORDARE A TUTTI L'8 MARZO GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA


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SAVONA UDI– Unione Donne in Italia SAVONA


NON UN PASSO INDIETRO

(MA MOLTO PIÙ DI 194)




Maura Montalbetti (prima da sinistra nella foto) ha raccontato la Storia dei Consultori, l’ostetrica Federica Bertoloni ne ha illustrato la condizione presente. Angelica Lubrano ha segnalato i rischi futuri di snaturalizzazione dei consultori, degradandoli ad ambulatori generici e i rischi provenienti dalle proposte di legge delle destre per attaccare la 194 nella mai sopita ostilità verso l’autodeterminazione delle Donne.

SOTTO IL DOCUMENTO IN RISPOSTA A UNA PROPOSTA DI LEGGE DI FDI RELATIVA A CONSULTORI E 194 TESA A LIMITARE IL DIRITTO ALL'AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE

Oggi troviamo che le Regioni italiane impegnate a limitare l’accesso all’aborto, in particolare contro le nuove linee guida nazionali sulla RU486 sono: Piemonte, Abruzzo, Umbria e Marche.

Il diritto all’autodeterminazione non è mai stato così sotto attacco con una pubblicità subdola sempre più disinformativa e talvolta persino violenta, con il depotenziamento dei consultori, con il fenomeno crescente dell’eccessiva tutela dell’obiezione di coscienza: insomma tutte iniziative politiche che hanno il solo scopo di riappropriarsi del controllo sui corpi delle donne.

In Liguria Fratelli d’Italia ha presentato una Proposta di Legge Regionale “Norme per la tutela della salute della donna e del concepito”.

Le Associazioni firmatarie di questo documento ne rigettano i contenuti ed il linguaggio perché:

viola la legge 194 laddove è scritto che la donna (art 4) “si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia” per accedere all’IVG E NON A TERZE PERSONE NON TITOLATE

viola quindi il diritto alla privacy laddove è esplicitato che il colloquio va fatto “nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna” (Art 5)

Andando nel merito la PdL di FdI mette in relazione il calo demografico con le IVG. Si ritiene questa correlazione infondata e si chiede invece, così come previsto dal PNRR il 40% dei fondi siano finalizzati all’accesso al lavoro e a politiche per la riduzione del gender gap relativo a discriminazioni in base al sesso, al superamento dei lavori sottopagati, precari e senza diritti, svolti, in gran parte, dalle donne: queste le cause della denatalità e i veri ostacoli alla scelta di una genitorialità più serena.

La PdL adombra l’immagine di donne incapaci di prendere decisioni consapevoli e propone una visione vittimistica, colpevolizzante e drammatica di una scelta che è individuale e non assimilabile e uguale per tutte.

Le donne, al contrario, stanno sempre più dimostrando di essere padrone del proprio corpo e della propria sessualità e, a dimostrarlo, sono anche i dati: dall'applicazione della legge 194 le IVG in Liguria sono passate da 4000 a 1800, dato in armonia con il trend nazionale.

Le donne stanno dimostrando di saper scegliere anche tra la IVG chirurgica e quella farmacologica. E il personale sanitario ligure ha saputo al meglio applicare la 194 tenendo conto dell’evoluzione scientifica e tecnologica, adottando percorsi per la IVG farmacologica che hanno un impatto meno destabilizzante psicologicamente e più positivo sulla salute delle donne e sull’organizzazione ospedaliera.

Si respingono i contenuti fuorvianti, manipolatori e strumentali della PdL presentata, scegliendo di parlare di salute delle donne e di genitorialità consapevole, allargando lo sguardo a tutte le altre condizioni legate alla identità sessuale individuale, chiedendo:

che il servizio garantisca un più ampio orario di accesso (tutta la settimana la mattina e infrasettimanale anche al pomeriggio);

l'assunzione di personale sanitario stabile non obiettore, escludendo il ricorso a medici esterni, perché il servizio non deve essere saltuario ma strutturato, sicuro, gratuito e non giudicante;

che venga prevista per il personale sanitario ospedaliero e consultoriale una formazione adeguata e rispettosa verso chi vuole ricorrere all’IVG, consigliando dopo, il metodo contraccettivo più adatto alle loro esigenze;

che venga messo a bilancio regionale un finanziamento maggiore (il testo ne prevedeva solo 75 mila euro) per tutte le realtà consultoriali liguri, un tassello fondamentale per una corretta applicazione della legge 194, a questo proposito, vanno anche riviste le recenti riforme che hanno degradato queste strutture al livello di ambulatori facendo disperdere le finalità per cui sono stati istituiti;

che Regione Liguria produca annualmente una relazione sull'applicazione della legge 194, così come è stato fatto per 50 anni prima;

che nei percorsi formativi universitari le tematiche riguardo al controllo delle nascite, all’IVG, alle gravidanze e al parto siano affrontate a 360° comprendendo le questioni di salute LGBTQ+ e tutte le tecnologie esistenti, al fine di ottenere una preparazione completa e rispettosa;

di finanziare la distribuzione e l’accesso alla contraccezione per le persone più giovani e per persone con reddito basso;

di introdurre nelle scuole l'educazione all'affettività, alla sessualità e al rispetto delle differenze, a partire dalle scuole elementari in coerenza con le rispettive capacità di apprendimento;

di sostenere petizioni e campagne di sensibilizzazione di quelle associazioni che chiedono di conoscere le scelte etiche del proprio ginecologo o della propria ginecologa: le donne hanno diritto di sapere preliminarmente se il personale medico che le sta prendendo in carico e a cui confidano informazioni sensibili sulla propria vita sessuale e personale, sia o meno obiettore/obiettrice.

Per concludere si ribadisce con forza che il fine di una legge deve andare sempre più verso la completa difesa della libertà di scelta delle donne. Al contrario nei fatti gli ostacoli stanno mano a mano cassando del tutto le tutele. E questo deve cambiare.


Le associazioni firmatarie:


Non Una Di Meno

 Genova e Savona


Rete di Donne per la

 Politica


UDI Genova La Spezia e

 Savona


SpA Politiche di Donne


Senonoraquando Genova


Liguria Pride



Donna Oggi Arenzano


UAAR Genova


Amnesty Genova


AIED Genova Albenga

 La Spezia


Cemp Genova


Associazione Luca

 Coscioni


Liguria Possibile


Dopo anni di smantellamenti, di accorpamenti e di depotenziamenti dei Consultori e attacchi alla 194, alcune sigle di Associazioni impegnate da sempre nella difesa della donne hanno dato vita a una RETE a livello Regionale per rispondere al tentativo di ingabbiare il diritto all’autodeterminazione con una Proposta di Legge Regionale “Norme per la tutela della salute della donna e del concepito” presentata da FdI in Liguria.

L’UDI è una delle più “antiche” Associazioni femminili: trae origine nell’ottobre del 1945 dai Gruppi di Difesa delle Donne, antifasciste e partigiane. La prima battaglia vinta fu la conquista del diritto di voto e che l’UDI diede ben 11 delle 21 Madri Costituenti …

L’UDI – Unione Donne Italiane –il 29 novembre 2003 assume il nome di Unione Donne in Italia, per accogliere anche le donne immigrate residenti e lavoratrici nel nostro Paese.


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PUBBLICITA'

L’8 marzo è stata lGiornata internazionale dei diritti della donna, celebrata per la prima volta nel 1911, in Austria, Danimarca, Germania e Svizzera. Nel 1908, infatti, 15.000 donne avevano marciato per New York chiedendo orari di lavoro più brevi, una paga migliore e il diritto di voto e, nel 1909, il Partito Socialista d’America aveva dichiarato la prima Giornata Nazionale della Donna. Allora, Clara Zetkin, attivista comunista e sostenitrice dei diritti delle donne, aveva suggerito la creazione di una giornata internazionale. Nel 1910, aveva presentato la sua proposta a una Conferenza internazionale delle donne lavoratrici a Copenaghen e le 100 donne presenti, provenienti da 17 paesi, avevano accettato all’unanimità. Non c’era, però, ancora una data fissa. Durante la guerra, nel 1917, ci fu uno sciopero delle donne russe che chiedevano “pane e pace”. Quattro giorni dopo lo sciopero, lo zar era stato costretto ad abdicare e il governo provvisorio aveva concesso alle donne il diritto di voto. Lo sciopero era iniziato l’8 marzo, perciò quella data è diventata la Giornata internazionale della donna. I colori di IWD (International Women Day) sono: il viola che significa giustizia e dignità, il verde che simboleggia la speranza, il bianco che rappresenta la purezza. Questi colori hanno avuto origine dalla Women’s Social and Political Union (WSPU) nel Regno Unito nel 1908, che ha lottato fortemente per ottenere il voto alle donne con la sua leader Emmeline Pankhurst

L'UDI (Unione Donne in Italia), creata nel 1944, a Roma, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d'Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoroaveva celebrato l'8 marzo nel 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell'Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all'ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l'8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l'Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosasia perché fiorisce tra febbraio e marzo che perché è un fiore economico, secondo un'idea di Teresa Noce, Rita Montagnana Teresa Mattei. Solo dagli Anni ‘70, però, la Festa è stata accettata ufficialmente. È un po’ difficile, quest’anno, pensare a una Festa quando vediamo ovunque donne e madri colpite dalla guerra, con figli uccisi e feriti, vittime o soldati. A chi possiamo donare la mimosa? Ai profughi che hanno perso casa, lavoro, speranza, o a chi ha mariti e figli a combattere?

I diritti della donna, infatti, possono esistere solo in un mondo pacifico perché non ci sono diritti se la propria vita e quella dei propri cari non sono salve. Possiamo, comunque, lottare per la pace e perché nel mondo si raggiunga la parità di genere, quale che sia il proprio genere.

Per tutta la vita io mi sono impegnata nella società per i diritti delle donne enel 2021, in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 di novembre, avevo voluto che uscisse il libro “Che te ne fai di un’altra femmina?”, una raccolta di storie di donne occidentali e orientali che amano eppure subiscono violenza. In uno dei racconti, avevo persino immaginato un altro Pianeta dove, però, si perpetuava la stessa mentalità terrestre: la donna è un oggetto e come tale può essere distrutta. (qui si può leggere l’estratto: CHE TE NE FAI DI UN'ALTRA FEMMINA?: storie di donne del mondo orientale e occidentale con una puntata su un nuovo Pianeta (RACCONTI DI DONNE) eBook : RUSCA ZARGAR, RENATA: Amazon.it: Kindle Store)

Per l’8 marzo 2022, ho, inoltre, pubblicato “Storia della strega di Savona e altri racconti di violenza”, testo che, come il precedente, fa parte della collana “Racconti di donne”.

In occasione del 25 novembre 2022, è uscito "VOGLIO IL TUO UTERO" sulla maternità surrogata (qualcuno cioè che fa un figlio per altri), un soggetto di cui si parla molto poco, forse, per non dar fastidio a nessuno.

                                                        

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