FASCISMI
DALL'1 AL 12 MARZO (prorogato al 31 marzo perché era impossibile pubblicare tutto il materiale arrivato) SU QUESTO BLOG SARANNO PUBBLICATI QUASI ESCLUSIVAMENTE POST CHE RIGUARDINO IL MONDO FEMMINILE PER RICORDARE A TUTTI L'8 MARZO GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA
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IL COMMENTO
di ALESSANDRO PORTELLI
I tempi sono fuori sesto, diceva Amleto, e mi fa rabbia che tocchi a me rimetterli a posto. Solo in un tempo scardinato è possibile rispondere a un’aggressione fascista minacciando di sanzioni un’insegnante antifascista, o dare la colpa di una strage in mare a genitori snaturati che, chissà perché, hanno portato con sé i figli su una barca clandestina e precaria.
Per questo tocca a noi, con rabbia serena, rimetterli a posto scendendo in strada come antifascisti a Firenze e come antirazzisti a Milano. Che poi è la stessa cosa.il permesso di sbarcare. La nave dovette riattraversare l’oceano e tornarsene in Europa, dove almeno un terzo di quelle persone furono assassinate nei campi di sterminio nazisti. Nel 2023, i rifugiati delle guerre, delle catastrofi climatiche, della povertà e della mancanza di futuro non hanno nemmeno una nave che provi a portarli in salvo. Devono attraversare il mare come possono, ma ancora una volta trovano i porti chiusi e se muoiono è colpa loro. In questi tempi fuori sesto i criminali sotto processo sono Mimmo Lucano che aveva provato ad accoglierli, o il contadino francese Cédric Herrou. Colpevole di solidarietà verso i migranti attraverso le Alpi. Ha proprio ragione l’improbabile ministro Valditara: non c’è pericolo di un ritorno del fascismo. Da un lato, è improbabile che torni il fascismo del folklore, coi gagliardetti, gli slogan, i gerarchi in camicia nera che saltano nel cerchio di fuoco, il fez con la nappa. Nel 1939, una nave chiamata Saint Louis attraversò l’Atlantico cercando di portare in salvo 937 ebrei rifugiati dalla Germania nazista. Le autorità del nuovo mondo – a Cuba, negli Stati Uniti, in Canada – furono tutte concordi nel rifiutargli
Dall’altro, non “tornerà”, perché non se n’è mai andato, il fascismo che chiudeva i porti ai rifugiati ebrei del 1939 e che adesso li chiude ai rifugiati africani e mediorientali col colore sbagliato e la pelle sbagliata. Per questo le due manifestazioni a Firenze e Milano sono la stessa cosa: è lo stesso fascismo quello che aggredisce chi non è d’accordo e quello che lascia morire chi non è uguale.
L’ipocrita «prima gli italiani» di Salvini e complici e successori significa solo gli «italiani»: sono non-italiani e non hanno diritti i “clandestini” fuori dei confini; e dentro i confini sono «antitaliani» (questi sì proprio come nel ventennio) quelli che non si accodano disciplinatamente al consenso verso chi comanda.il senso delle parole si rovesciava: «La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». Nel 2023 in cui viviamo noi, abbiamo fatto molti passi avanti su quella strada. Antifascismo e solidarietà sono reati, le vittime sono colpevoli, i carnefici buoni samaritani, lasciar morire la gente è pietà. Nel 1984 immaginato da George Orwell,
Nei suoi discorsi, Giorgia Meloni – madre, cristiana, ma soprattutto italiana – ci insiste ripetutamente. «Siamo umani, noi», proclama, «noi siamo quelli umani che si pongono il problema del destino di persone che stanno in difficoltà e per evitare che muoiano in mare con nostro grande dolore gli diciamo di non partire, vantando una politica di respingimento come un atto umanità e di buoni sentimenti. In quanto madre, Giorgia Meloni non ha una parola umana per i ragazzi massacrati di botte dai fascisti a Firenze; in quanto cristiana, non ha niente di umano da dire sugli esseri umani morti per mancanza di soccorsi nel mare della Calabria.
D’altra parte, è in nome di umani sentimenti paterni che il suo accolito Piantedosi dà ai loro stessi genitori la colpa della morte di bambini che sarebbe stato suo compito salvare. E non ci dimentichiamo che il suo alleato Matteo Salvini schedava i rom perché «non come ministro, ma come papà» voleva «salvare quei bambini che crescono nella schifezza» di campi che sarebbe stato suo dovere rendere vivibili. Ma sarebbe stato, ed è, anche dovere nostro. Abbiamo senz’altro il cuore dalla parte giusta, ma non basta. Anche una solidarietà rassegnata rischia di risolversi in inerzia, che è una forma attenuata di indifferenza. Ho cominciato con Amleto, finirei con Yeats: le cose vanno in pezzi, scriveva, perché «ai migliori manca ogni convinzione, mentre i peggiori sono pieni di intensità appassionata».
Basta ascoltare i comizi di Giorgia Meloni per capire di che cosa parlava. Ebbene, è arrivato il momento di scrollarci di dosso il torpore interiorizzato di chi si sente sconfitto, e di ritrovare le nostre convinzioni , le nostre passioni, la nostra intensità. Forse non è troppo tardi per provare a rimettere il mondo in sesto.
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L’8 marzo è stata la Giornata internazionale dei diritti della donna, celebrata per la prima volta nel 1911, in Austria, Danimarca, Germania e Svizzera. Nel 1908, infatti, 15.000 donne avevano marciato per New York chiedendo orari di lavoro più brevi, una paga migliore e il diritto di voto e, nel 1909, il Partito Socialista d’America aveva dichiarato la prima Giornata Nazionale della Donna. Allora, Clara Zetkin, attivista comunista e sostenitrice dei diritti delle donne, aveva suggerito la creazione di una giornata internazionale. Nel 1910, aveva presentato la sua proposta a una Conferenza internazionale delle donne lavoratrici a Copenaghen e le 100 donne presenti, provenienti da 17 paesi, avevano accettato all’unanimità. Non c’era, però, ancora una data fissa. Durante la guerra, nel 1917, ci fu uno sciopero delle donne russe che chiedevano “pane e pace”. Quattro giorni dopo lo sciopero, lo zar era stato costretto ad abdicare e il governo provvisorio aveva concesso alle donne il diritto di voto. Lo sciopero era iniziato l’8 marzo, perciò quella data è diventata la Giornata internazionale della donna. I colori di IWD (International Women Day) sono: il viola che significa giustizia e dignità, il verde che simboleggia la speranza, il bianco che rappresenta la purezza. Questi colori hanno avuto origine dalla Women’s Social and Political Union (WSPU) nel Regno Unito nel 1908, che ha lottato fortemente per ottenere il voto alle donne con la sua leader Emmeline Pankhurst.
L'UDI (Unione Donne in Italia), creata nel 1944, a Roma, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d'Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro, aveva celebrato l'8 marzo nel 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell'Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all'ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l'8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l'Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, sia perché fiorisce tra febbraio e marzo che perché è un fiore economico, secondo un'idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei. Solo dagli Anni ‘70, però, la Festa è stata accettata ufficialmente. È un po’ difficile, quest’anno, pensare a una Festa quando vediamo ovunque donne e madri colpite dalla guerra, con figli uccisi e feriti, vittime o soldati. A chi possiamo donare la mimosa? Ai profughi che hanno perso casa, lavoro, speranza, o a chi ha mariti e figli a combattere?
I diritti della donna, infatti, possono esistere solo in un mondo pacifico perché non ci sono diritti se la propria vita e quella dei propri cari non sono salve. Possiamo, comunque, lottare per la pace e perché nel mondo si raggiunga la parità di genere, quale che sia il proprio genere.
Per tutta la vita io mi sono impegnata nella società per i diritti delle donne e, nel 2021, in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 di novembre, avevo voluto che uscisse il libro “Che te ne fai di un’altra femmina?”, una raccolta di storie di donne occidentali e orientali che amano eppure subiscono violenza. In uno dei racconti, avevo persino immaginato un altro Pianeta dove, però, si perpetuava la stessa mentalità terrestre: la donna è un oggetto e come tale può essere distrutta. (qui si può leggere l’estratto: CHE TE NE FAI DI UN'ALTRA FEMMINA?: storie di donne del mondo orientale e occidentale con una puntata su un nuovo Pianeta (RACCONTI DI DONNE) eBook : RUSCA ZARGAR, RENATA: Amazon.it: Kindle Store)
Per l’8 marzo 2022, ho, inoltre, pubblicato “Storia della strega di Savona e altri racconti di violenza”, testo che, come il precedente, fa parte della collana “Racconti di donne”.
In occasione del 25 novembre 2022, è uscito "VOGLIO IL TUO UTERO" sulla maternità surrogata (qualcuno cioè che fa un figlio per altri), un soggetto di cui si parla molto poco, forse, per non dar fastidio a nessuno.
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