I LUTTI DEL SAHEL di Padre Mauro Armanino
I lutti senza fine del Sahel
Il mestiere più pericoloso nel Sahel adesso è quello del contadino. La strategia dei Gruppi Armati Terroristi li ha infatti presi come fin troppo facile bersaglio. Chini sulla terra da coltivare sono uccisi da uomini armati che arrivano all’improvviso, il mattino o il pomeriggio, sicuri di trovarli al lavoro. I militari sono l’altro bersaglio dei Gruppi Armati quando pattugliano oppure sono di scorta ai civili com’è accaduto recentemente nel Burkina Faso. Si chiama la zona delle ‘tre frontiere’, quelle del Mali, del Niger e del citato Burkina Faso che si trova, suo malgrado, ad essere una delle regioni più pericolose al mondo. Dall’inizio dell’anno i morti nel Sahel si contano ormai a centinaia. I massacri sono opera dei terroristi, banditi armati e sedicenti jihadisti ma anche delle Forze di Difesa e di Sicurezza oltre che dei gruppi di ‘autodifesa’ o suppletivi. Questi ultimi si sono costituiti in seguito all’evidente incapacità delle forze armate di difendere i contadini dei villaggi nella regione. Formati e armati in modo sommario si aggregano spesso secondo appartenenze etniche e ciò li rende vulnerabili agli attacchi dei gruppi armati. I lutti sono anche per loro.
Il Burkina Faso ha iniziato giovedì un lutto nazionale di
tre giorni, in seguito all’attacco jihadista che ha ucciso 65 civili, 15
gendarmi e 6 suppletivi delle forze armate del Burkina. Secondo alcuni
specialisti, i gruppi armati attaccano con più frequenza i convogli misti in
vista di controllare questa parte del Paese. Il governo nigerino, da parte sua,
lo scorso martedì ha decretato un lutto nazionale di 48 ore, in seguito
all’attacco condotto lunedì da uomini armati non identificati, uccidendo 37
civili. Il lunedì 16 agosto l’attacco è stato perpetrato nei campi del
villaggio. Tra questi si contano 13 minori e 4 donne. Il mese scorso lo stesso
villaggio aveva subito un attacco simile. Uomini armati non identificati
avevano ucciso 16 contadini che lavoravano nei loro campi. Questa zona si trova
al confine col Mali e subisce attacchi armati fin dal 2017. Quindici soldati di
questo paese sono stai uccisi durante un agguato imputato ai jihadisti il
giovedì 19 agosto nel centro del Paese. Oltre una ventina sono stati feriti e
condotti all’ospedale per cure.
Un lutto nazionale di 72 ore è stato decretato dal
presidente della Transizione del Mali, Assimi Goita, per rendere omaggio alle
vittime degli attacchi concertati in quattro villaggi nel nord del paese, nella
notte da domenica a lunedì. Il presidente ha affermato che le forze armate del
Mali faranno il possibile per ricercare e ‘neutralizzare’ gli autori di questa
barbarie e chiede al popolo di rimanere unito e determinato in questa prova in vista
di continuare la lotta contro il terrorismo. Chi parla è colui che ha guidato
l’ultimo colpo di stato nel Mali l’anno scorso. Da allora le cose non sono
migliorate e le speranze riposte nella giunta militare si stanno gradualmente
sfaldando. I giorni di lutto proclamato nel Sahel hanno ancora un bel futuro.
Un lutto nazionale di
tre giorni è stato decretato per i soldati del Chad uccisi da Boko Haram,
gruppo che a sua volta avrebbe perso un centinaio di combattenti. Nell’isola
dell’omonimo lago le unità di Forza e Difesa citate erano state inviate per
proteggere la popolazione. Neppure gli operatori umanitari sono risparmiati.
Sui 35 umanitari uccisi dall’inizio dell’anno, 11 sono morti nel Sudan del Sud,
9 nella Repubblica Democratica del Congo e 2 in Centrafrica. La maggior parte
delle vittime sono lavoratori locali e i loro nomi saranno presto dimenticati.
Proprio come quelli dei contadini, dei soldati, e delle migliaia di donne e
bambini, costretti fuggire per
sopravvivere al prossimo lutto decretato dai governi dei Paesi del Sahel.
Il primo lutto è quello della politica che, per la sua
assenza o per avidità di potere, ha tradito se stessa col popolo che dopo
sessant’anni d’indipendenza merita di più che dichiarazioni di lutti. L’altro
lutto è quello di ideologie che hanno preso Dio in ostaggio e, profittando del vuoto della giustizia sociale
colmato da radicalismi salafisti, crea e giustifica nel Suo nome i delitti più
efferati. Il lutto più tragico, infine, è quello decretato dalle parole perché tutto
parte e si radica nella menzogna che altro non è che uno stupro perpetrato su
di loro. I lutti si trasformeranno in gioia solo quando le parole risorgeranno
dalle tombe e danzeranno coi bambini vestiti di festa.
Mauro
Armanino, Niamey, 22 agosto 2021
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