VITE GREGARIE, PRECARIE E RESISTENTI NEL NIGER di Padre Mauro Armanino
Vite gregarie, precarie e resistenti nel Niger
Gregario viene dal latino gregarius e significa ‘gregge’ e
dunque la tendenza a vivere in gruppo. L’istinto gregario è una tendenza
istintiva che spinge i membri di un gruppo della stessa specie ad assomigliarsi
e a adottare una stessa attitudine. Il comportamento gregario descrive come
individui di un gruppo possono agire assieme senza una direzione
predeterminata. Ci troviamo in un’epoca che cospira perché le tendenze gregarie
siano assunte, giustificate e financo premiate. Si finge di promuovere
l’originale creatività del popolo per poi ridurre all’omologazione del mercato
che tutto e tutti traduce in mercanzia. Le prime a rivelare lo stato di gregarietà
sono le parole. Parole gregarie che come etichette, slogan o apparenti evidenze
sono come le chiavi d’ingresso nello spirito del tempo. Tutti i tradimenti
cominciano dall’uso e abuso delle parole, dei verbi, sostantivi, aggettivi e
congiunzioni. Chi si arroga il potere di decidere l’interpretazione delle
parole e imporne il significato ha messo le premesse per governare il mondo. A
parole gregarie corrispondono vite gregarie, che si accodano al vincitore e al
potente di turno. Vite vissute per imitazione, per sentito dire o per
convenienza. Meglio non rischiare di apparire fuori della zona di controllo,
assimilare il senso di protezione offerto dalla maggioranza, rimanere dentro il
cortile.
Se le vite gregarie si trovano dappertutto, sembrano essersi sviluppate con
maggiore intensità e capillarità in Occidente. Qui da noi, invece, si trovano ovunque
le vite precarie. La precarietà è l’amica fedele e permanente di ciò che
costituisce l’architettura della vita. Il lavoro, la casa, la luce, l’acqua, il
cibo, la scuola, il matrimonio, la politica, le amicizie, il giorno dopo e Dio
stesso, reso precario dalle sue proprie scelte. Uno dei motivi per i quali, qui
da noi, non si prevede a media e lunga distanza, è da attribuirsi alla fragile
precarietà del momento presente. Quando si riceve qualcuno, spesso, si
preparano le cose all’ultimo momento perché non si sa mai quello che potrebbe
succedere nel frattempo. Il taxi che non passa o che ha seguito un altro
percorso, un incidente tra due moto che ha bloccato il traffico, l’arrivo di un
ospite non atteso al quale occorre trovare un posto in casa propria, l’improvviso
attacco di malaria o semplicemente un viaggio che, posposto da tempo, si è
infine potuto realizzare. La vita è precaria e basta poco, molto poco, per
perderla o smarrirla ad esempio quando si è malati, è ancora più evidente.
Dovrete provvedere tutto il necessario alla vostra cura, le medicine e il cibo
compreso. Per il posto letto è sempre meglio avere delle conoscenze, così come
per la data delle operazioni eventuali. Dovrete prevedere, guanti, ago, filo,
antibiotici, garze, disinfettanti, sacche di sangue e i soldi necessari per le
flebo. Sono vite precarie che si aggomitolano agli avvenimenti che sorprendono
sempre, come non fossero mai accaduti prima.
Le vite resistenti esistono. Portano i nomi di quanti attendono per anni che la loro domanda per essere riconosciuti come ‘rifugiati’ sia finalmente presa in considerazione. Strana davvero la vita. Tutti quanti arriviamo al mondo come richiedenti asilo ed è questo il nostro statuto permanente. Cercatori di asilo, protezione, riconoscimento, attenzione, rispetto, dignità, misericordia e perdono. E’ questa la nostra condizione primaria che, di fatto, non ci abbandonerà mai, malgrado i tentativi di cancellazione. Fréderic torna in Costa d’Avorio dopo 11 anni passati qui a domandare e ricevere asilo. Jean René e Hyppolite che, uno ancora ospite delle istituzioni e l’altro abbandonato al suo destino, non vogliono tornare nel Camerun che li ha traditi. Sono vite resistenti come quelle dei contadini, la maggioranza della popolazione nigerina, come quelle dei migranti che non si arrendono al destino loro attribuito, come quelle degli sfollati che si ricostruiscono ogni giorno dopo aver sofferto l’ imperialismo della violenza armata. Resistono le donne che, sul dorso, portano il fardello della vita quotidiana che dal poco o dal nulla riescono a inventare il domani. Alcune di loro, come Samira, che è giornalista, ridanno un senso e pericolosità alla verità dei fatti. Altri ancora resistono ed esistono malgrado l’attiva persecuzione. Cercano pace e giustizia per tutti e non temono di pagarne il prezzo. A loro e a quanti a loro assomigliano appartengono le parole che salveranno il mondo.
Mauro
Armanino, Niamey, 13 giugno 2021
VEDI ANCHE:
COME TRADIRE IL 2 GIUGNO di Padre Mauro Armanino dal Niger (senzafine.info)
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NEI GIORNI DELLA MEMORIA, l'Africa di Padre Armanino (senzafine.info)
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http://www.senzafine.info/2020/12/mauro-armanino-dal-niger.html
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