UN PARLAMENTO FUORI TEMPO

 Il commento della settimana

Norma Rangeri


Ormai la storia patria ci ha insegnato che per affermare i diritti della persona non è dal Parlamento che dobbiamo aspettarci le risposte già mature nella società. Così è stato per la storica battaglia sul divorzio e per quella altrettanto importante sull’aborto, così potrebbe essere domani sull’eutanasia e sulla cannabis.

Ogni volta che si ponevano in discussione domande di senso sulla vita, il paese reale testimoniava di essere più moderno e civile della politica che presumeva di rappresentarlo. Facendo emergere nelle battaglie di libertà e di autodeterminazione, l’arretratezza, l’ipocrisia, la lontananza del Parlamento dal Paese.

Se anziché i deputati e i senatori, fossimo stati chiamati noi cittadini a votare sulla legge del senatore Alessandro Zan, contro la barbarie di aizzare l’odio verso le persone omosessuali o transessuali, è sicuro che avremmo avuto una risposta di condanna senza se e senza ma.
Invece, dopo anni di dibattiti, dopo l’approvazione in un ramo del parlamento, giunti all’ultimo miglio, nell’aula del senato, è stata affossata grazie a un incomprensibile voto segreto (perché concesso su questioni procedurali). La maggioranza dei senatori della Repubblica ha bocciato il proseguimento dell’iter parlamentare rinviando, per chissà quanti anni, l’approvazione di una legge giusta e soprattutto importante per l’incolumità, ancora prima che per il benessere, di tutte le persone che ogni giorno anziché goderne devono soffrire per la loro identità sessuale.

Il Vaticano, le nostre destre, tra le più retrive del panorama europeo, che, se solo potessero, cancellerebbero la legge sull’aborto, e chi nel voto segreto si è unito a loro per ragioni di piccolo cabotaggio, hanno dimostrato di rappresentare lo zoccolo duro della retroguardia culturale.

La scena da stadio con cui le destre hanno accolto il responso della votazione ne restituiva la più genuina rappresentazione. Per un momento sembrava di essere in uno di quei talk-show da combattimento dove importante non è informare ma coltivare ignoranza e pregiudizio.


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