L'ALTRA FACCIA DELLE SANZIONI: GIA' 300 LICENZIAMENTI di Massimo Franchi
L’altra faccia delle sanzioni: già 300 licenziamenti
Fra gli effetti collaterali dell’immane tragedia ucraina vanno annoverati i posti di lavoro persi come conseguenze della guerra e delle sanzioni alla Russia. Anche questi colpiscono senza senso, tanto da mettere a rischio il lavoro perfino di una donna ucraina in Italia. Ad oggi siamo quasi a quota 300 posti con il numero in costante ascesa visto che a essere coinvolti sono i settori più vari: dal turismo alla metalmeccanica, dai trasporti alla cura delle ville dei vip russi.
A ESSERE GIÀ SOTTO PROCEDURA di licenziamento collettivo ci sono i 35 dipendenti di Aeroflot, la compagnia di bandiera di Mosca. Si tratta di lavoratori in gran parte italiani che operavano nella sede legale di Roma, a Malpensa, Fiumicino, Napoli, Verona e Venezia, tutti gli scali che avevano collegamenti con Mosca o San Pietroburgo. Dal 27 febbraio – giorno in cui è stato chiuso lo spazio aereo europeo e italiano per tutte le compagnie russe – la situazione è velocemente precipitata. Dalla cassa integrazione chiesta inizialmente il 3 marzo, si è passati in fretta alla sospensione delle attività e il 9 aprile è stata aperta la procedura di licenziamento collettivo. I sindacati si sono rifiutati di firmare l’accordo in azienda anche per le poche garanzie di poter accedere alla cassa integrazione. L’azienda infatti dovrebbe anticipare parte delle risorse e avendo i conti bloccati è già stato un miracolo che sia riuscita a pagare gli stipendi di febbraio. Ora i sindacati, con in testa la Filt Cgil assieme a Fit Cisl e Uilt, stanno attendendo la convocazione dal ministero del Lavoro, alle prese con una vertenza inedita e assai complicata. La richiesta sindacale è di ritornare alla cassa integrazione per cessazione di attività, la stessa usata per Air Italy.
NON MEGLIO SE LA PASSANO i 5 dipendenti in Italia di Belavia, la compagnia aerea bielorussa. La situazione è la stessa, solo su scala più piccola: anche per Minsk sono previste le medesime sanzioni previste per la Russia.
A Venezia invece ci sono 140 lavoratori diretti più 50 dell’indotto che non avranno lo stipendio questo mese e rischiano di che la loro azienda chiuda per sempre. Si tratta della Superjet International, società che commercializza per l’occidente gli aerei Superjet 100 da 120 posti costruiti in Siberia da Sukhoi e che vi aggiunge un tocco di «made in Italy» negli allestimenti interni montando poltrone e cappelliere. Nella fabbrica di Tessera, vicino all’aeroporto Marco Polo, lavorano 120 dipendenti di cui una – ironia della sorte – ucraina. Allo scoppiare della guerra e alla decisione delle sanzioni la situazione è subito precipitata. Nonostante si tratti di una società di diritto italiano con management interamente italiano – addirittura partecipata al 10% da Leonardo – l’essere al 90% di Sukhoi Holding (Russia) di proprietà della Uac, la Federmeccanica russa, ha fatto scattare il blocco dei conti correnti.
I SINDACATI HANNO SUBITO affrontato il problema con un accordo di solidarietà della durata di quattro mesi per permettere a tutti di mantenere il posto di lavoro. «Ma alla fine della scorsa settimana le banche Intesa e il Credito Cooperativo della Marca hanno bloccato senza alcun preavviso i conti dell’azienda in Italia a scopo cautelativo. Ciò impedirà il pagamento degli stipendi alle lavoratrici e ai lavoratori di Tessera già nel mese di aprile con il rischio che l’azienda porti i libri in Tribunale – denuncia Claudio Gonzato, coordinatore nazionale aerospazio per la Fiom – . La scelta inspiegabile da parte delle banche, senza nessun confronto preventivo con le parti sociali, è un atto grave che mette a repentaglio l’occupazione. A pagare gli effetti delle sanzioni sono quasi 200 lavoratori, tra diretti e indotto. La guerra è contro il lavoro e i lavoratori, e la situazione della Superjet di Tessera è la plastica cartolina di come la stessa incide non sulle oligarchie ma sulla società civile», conclude Gonzato.
PER FORTUNA UNA POSSIBILE soluzione esiste. I legali della Superjet hanno presentato un ricorso di urgenza (articolo 700) al tribunale di Venezia per chiedere lo sblocco dei conti correnti puntando sul fatto che si tratta di una società di diritto italiano. «La sentenza però non arriverà prima di due settimane e l’incertezza potrebbe costringere l’azienda a portare lo stesso i libri in tribunale, dopo che il tavolo al Mise di mercoledì è stato inutile», spiega il segretario Fiom di Venezia Michele Valentini che ieri ha guidato il presidio alla fabbrica.
La zona italiana economicamente più colpita dalle sanzioni alla Russia è però certamente la Costa Smeralda. Già a inizio marzo un centinaio di lavoratori hanno perso il lavoro licenziati in tronco dai vip russi proprietari di ville: manutentori, giardinieri, addetti alla sicurezza, amministratori. Senza poter ancora contare la ricaduta occupazionale sul turismo delle disdette dei 40 mila russi che ogni anno facevano le ferie in Sardegna.
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