PREVERT, L'AMORE & PARIS
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IL
TUO LIBRO DI SAN VALENTINO
Presentazione
On line: Giovedì 10 ore 18.30, pagina Facebook Edizioni Il Foglio
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Presentazione
Fisica a Piombino, Caffè Letterario Cittadella, Venerdì 18 febbraio ore 17.30
PREVERT,
L’AMORE & PARIS
Patrizio Avella - Edizioni Il
Foglio Letterario
“Paris è cosi piccola per quelli che si amano, come noi due di un
amore così grande!”
Durante
questa bella passeggiata romantica, poetica, culturale, cinematografica come
gastronomica, facciamo conoscenza con le donne amate durante la sua vita
d’artista dalla sua mamma all’ultima moglie sempre presente fino alla sua
morte. Poeta, autore di canzoni e sceneggiatore di cinema e teatro, suoi tanti
testi famosi nel mondo: “Le foglie morte”, “Sono come sono”, “Barbara”… Sua la
sceneggiatura di quello che è stato considerato uno dei film più belli mai
realizzati al cinema, “Gli amanti perduti”.
Prévert è
un uomo come tanti, un uomo della strada, un uomo semplice che mette un braccio
sulle spalle e quel gesto è pieno d'amore: un amore casualmente
incontrato, riconosciuto, vissuto, divorato. In questo libro
si descriverà la
relazione con famosi amici frequentati dal poeta come: il pittore Picasso, il
compositore Kosma, il cantante Yves Montand o il mitico fotografo Desneau. Ma
soprattutto si parlerà, all’interno di questo
libro, della relazione privilegiata che il poeta ha avuto con le donne della
sua vita sentimentale, in primis, ma anche della sua vita professionale, donne
artiste che hanno avuto un ruolo essenziale nella sua creazione artistica.
Prévert era il paroliere dei nostri amori, dei nostri
timori, del nostro modo di vivere, delle nostre scelte di vita futura. Prévert
ha fatto quello che siamo ancora oggi, quello che siamo diventati tutta la
nostra vita. Ci ha dato la voglia di sognare di nuovo e della bellezza.
“E
non volermene se ti do del tu / io do del tu a
tutti quelli che amo, anche se non li ho visti che una volta sola./ io do del
tu a tutti quelli che si amano, anche se non li conosco…”
EDIZIONI
IL FOGLIO LETTERARIO –
Numero
ISBN 978 -88-7606- 878 -2
Prezzo
14,OO euro - Distributore IBS
Patrice AVELLA - Nato in Francia nel 1959, vive ormai in Maremma vicino a Grosseto. Journalist-food dal 2012 per la rivista di Paris La Voce, le magazine degli italiani in Francia per la rubrica Enogastronomia e Cultura. In Francia ha avuto il Premio a Parigi del «Livre Européen et Méditérranéen» per il romanzo Rome Criminelle – tome un Caffè Sangue, nel 2012, per la categoria Roman et cinéma. In Italia il titolo è Piazza Fontana. In collaborazione con il cinefilo Gordiano Lupi hanno scritto diversi libri insieme Pasta e Cinema, Piombino con Gusto, La Grande Abbuffata e A Tavola con gli Appiani sempre con le Edizioni Il Foglio Letterario di Piombino. In corso altri libri sui poeti francesi nella stessa collezione: Modigliani, l’amore e Paris, che ha ricevuto il Premio 2021 “Napoli Cultural Classic”, Pasolini e la sua Roma, L’aviatore e il Piccolo Principe e Baudelaire, l’amore et Paris.
Jacques
Prévert, il poeta dell’amore
di Gordiano Lupi
Nasco a Neuilly-sur-Seine, quartiere periferico di
Parigi, in rue de Chartres, poco dopo mezzanotte, è il 4 febbraio del nuovo
secolo, appena iniziato il Millenovecento; cresco tra usanze e tradizioni che
mi restano addosso come un’altra pelle. Secondo figlio di André e Suzanne, mio
fratello Jean muore troppo giovane, di tifo. La mia famiglia è piccolo
borghese, mio padre non se la passa niente bene, segue vaghe idee di
socialismo, mi porta con sé a visitare i poveri, cerca di aiutare come può;
comprendo presto quanto la vita non sia giusta. Non siamo ricchi in casa,
tutt’altro, non mancano i problemi, però mio padre ama la cultura, il cinema e
il teatro, fa il critico per puro passatempo, vado con lui, cresco affascinato
da quel mondo di finzione e sogni, di storie appassionati e di parole che
saranno il leitmotiv della mia vita.
Non mi priva di niente, mio padre, caso mai tralascia cose futili, per me vuole
il meglio, che cresca con l’incanto della vita vissuta dagli occhi d’un
bambino. Devo dire che sono recettivo, trova terreno fertile mio padre, amo
leggere (questo lo devo anche a mia madre), il cinema è una mia passione, certo
la scuola meno, ché ci son troppe regole antiquate e io non le sopporto. Ecco,
qui credo di averlo un po’ deluso, povero babbo, lascio la scuola a soli
quindici anni, prendo appena la licenza media. Parigi è il mio mondo, mio padre
lavora all’Office Central de Pauvres, io mi lascio sedurre dalla ville lumiere, il luogo della mia vita.
Mi metto a lavorare, faccio un po’ di tutto per campare. A vent’anni parto
militare, prima Lunéville, poi Istanbul, son antimilitarista e faccio pure
propaganda, non è facile convivere con armi e superiori. Marcel Duhamel cambia
la mia vita, lui è surrealista, io un giovane affascinato dalle idee,
diventiamo amici, lo incontro spesso nella sue casa di Monteparnasse, aperta a
tutti, dove si danno appuntamento intellettuali, jezzisti, poeti e alcolizzati.
Rue de Chateau è la mia seconda casa, conosco Raymond Queneau e André Breton,
divento surrealista che ho vent’anni, manifesto per i diritti del lavoro, ma la
fascinazione dura poco. Nel 1929 scrivo Mort
d’un monsieur per dissociarmi, i surrealisti son troppo autoritari,
coltivano un cadavere squisito, pure
i comunisti non fan per me, troppa ideologia, poi con loro, in fondo mai son
stato. Son troppo indipendente, il mio amore per gli oppressi non finisce, solo
che non può essere ingabbiato, sono un artista, faccio teatro col Gruppo
d’Ottobre, mettiamo in scena tematiche sociali, problemi della gente; difendo i
deboli, lo farò tutta la vita, ma a modo mio, senza etichette e sigle. Scrivo Citröen che vien letto nel corso d’uno
sciopero, facciamo spettacoli in fabbrica, son libertario ma non ho etichette
di partito, non seguo ideologie precostituite, non fan per me. Sposo Simone
Dienne, amica d’infanzia, mia prima moglie, violoncellista che mi dà una mano
per le colonne sonore dei miei film. Tornano gli insegnamenti di mio padre, il
cinema fa parte della mia vita, scrivo tanti soggetti, sceneggio pellicole, tra
una commedia e l’altra che mettiamo in scena. Lavoro con Jean Renoir e durante
la guerra proteggo amici ebrei e li nascondo, il musicista Kosma, che darà voce
alla mia lirica più avanti, pure il decoratore Trauner. A scrivere poesia
comincio tardi, dopo il divorzio e la fine della storia con l’attrice
Jacqueline Laurent, quando sposo Janine Tricotet e nasce la mia dolce Michelle. Saranno le cose che ricorderete, soprattutto Parole, nel 1945, poi La pioggia e il bel tempo, Alberi, Le foglie morte. La mia poesia non è banale, deve incidere sul
senso della vita, mi amano i giovani perché scrivo comprensibile e parlo
d’amore, ma non faccio le rime amore e
cuore, semplice mica vuol dire semplicista. Non amo il conformismo,
disprezzo il potere, parlo di bimbi e animali, contrappongo il candore di chi è
puro con il basso individualismo degli adulti. La mia poesia dovrebbe
affrancare l’uomo dall’inutilità del vivere senza scopo, tutto si riassume con
l’amore che sconfigge il male e le meschinità del mondo, pure se spesso diventa
tradimento e sofferenza, ma sempre lati dell’amore sono. E io di quello parlo,
voglio recitare versi pieni di sentimento, non sarò poeta di un’elite, voglio
platee di umili e studenti, lavoratori, ragazze innamorate. Bastano poche
pennellate per descrivere un sentimento umano, versi avvolgenti, intrisi di
passione, staccandosi dal mondo e da intemperie, librandosi nel cuore delle
genti. Un amore spontaneo e libero non teme cattivi sguardi, si manifesta anche
se c’è chi disapprova, è sempre il momento per amarsi. Niente è più totale
dell’amore, come niente è più nefasto della guerra, forse la religione, ché io
son ateo e mangiapreti, più d’un vecchio comunista. Religione e guerra pari
sono, due catastrofi per il genere umano, producono dolore e sofferenza,
portano lontano dall’amore, che è ribellione e forza dirompente per uscire da
schemi conformisti. Son giocoliere di parole, uso tutti i trucchi del francese
che conosco, il mio amore, che non è mai scontato, vien messo in musica e
cantato da Yves Montand, Agnes Capri, Jacques Brothers, Juliette Greco, mica
poco. La poesia è cosa che sgorga naturale, come la canzone e il racconto per
bambini; teatro e cinema li ho fatti in gioventù, ma una storia resta dentro al
cuore: Les Enfants du Paradis. Nel
1948 rischio la vita, cado da una finestra e resto in coma, per fortuna passa
il mio amico Pierre Bergé, mi vede e mi porta in ospedale. Non ne vengo fuori mica
tanto bene, devo fermarmi con il cinema impegnato e dedicarmi a fare meno cose,
cartoni animati e film per bambini. Vivo quasi tutta la vita negli alberghi,
senza una vera casa, che decido di abitare dal 1955, un appartamento in un
vicolo cieco di Grandes-Carrières, un quartiere dietro al Moulin Rouge. Rimango
solo che sono in là con gli anni, qualche amico vero viene a casa, di tanto in
tanto, sono malato, non voglio far sapere a tutti che la vita mi sta
abbandonando. Omonville-la-Petite, provincia lontana dalla mia Parigi,
Dipartimento della Manche, 11 aprile del 1977, muoio da poeta, ammalato di una
cosa che non curi, cancro ai polmoni, che ti fa soffrire, attorno a me poche
cose e troppi versi. Settantasette anni non son tanti, se non avessi fumato tre
pacchetti di sigarette al giorno la mia vita avrebbe potuto essere più lunga,
ma che volete farci, è stata intensa, ho vissuto d’amore, avvolto in una nuvola
di fumo. Son sepolto qui, in questa provincia, accanto alla mia tomba c’è un
giardino costruito da moglie, figlia e amici. So che in Francia il mio nome lo
puoi leggere sulle insegne di tante piazze e strade, c’è persino qualche
monumento nei giardini, ma il luogo più bello dove amo vederlo inciso è sui
cornicioni delle scuole, che da ragazzo non ho mai amato ma che da vecchio ho
cominciato ad apprezzare.
Assunto mio malgrado nella fabbrica delle idee / mi sono rifiutato di timbrare il cartellino / Mobilitato altresì nell’esercito delle idee / ho disertato / Non ho mai capito granché / Non c’è mai granché / né piccolo che / C’è altro. / Altro / vuol dire che amo chi mi piace / e ciò che faccio.
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