A CHE SERVONO LE ARMI di Padre Mauro Armanino, Niger

   


 A che servono le armi. Uno sguardo dal Sahel

Le armi servono per essere usate. Danno effimero potere  e arricchiscono relativamente poche persone rispetto a quelle che ne soffrono le conseguenze. Avendo scelto il servizio civile volontario internazionale sostitutivo al servizio militare, non ho mai creduto che la pace fosse un frutto delle armi. Le ho riviste durante l’ultima porzione della guerra civile in Liberia negli anni duemila. Erano, tra l’altro, in mano a bambini che, con tutta la serietà del mondo, controllavano i ‘check-points’ sulle strade alla fine del regime di Charles Taylor. Con armi più grandi e pesanti di loro, avevano il potere di fermare e far tremare gli incauti autisti e passeggeri umanitari delle ONG venute a ‘salvare’ la Liberia. Questi bambini erano un perfetto nessuno, invisibili come la maggior parte dei figli dei poveri. Con in mano un kalashnikov  AK-47 erano in grado di tornare ad esistere e di contare e di essere diventati, d’improvviso, grandi e temuti.

Le armi si vendono per essere usate. Lo vediamo nel Sahel, a tutt’oggi una delle zone più pricolose del pianeta. I gruppi armati usano prevalentemente armi ‘leggere’ che, in guerre asimmetriche come quelle a cui assistiamo da anni, sono le più dannose. Le armi circolano, passano di guerra in guerra, hanno circuiti di vendita, commercianti e acquirenti, si moltiplicano a dismisura e continuano ad essere rubate e vendute. Armi in cambio di vite umane e di sofferenze e di profughi che fuggono lontano e, spesso, passano da una guerra all’altra, da un campo profughi a richiedenti asilo, per decenni. Armi regolari, irregolari, informali, clandestine, illegali o perfettamente registrate con tanto di matricola onde essere seguite e identificate fin dall’origine. A poco serve, in fondo, quando tutto ciò porta ad uccidere o incutere il timore di farlo. Le armi sono l’espressione della più grande menzogna che pretende di creare la pace con la guerra!

Le armi si fabbricano per essere usate. Nel Sahel abbiamo avuto e (per alcuni) celebrato vari colpi di stato da parte di militari armati. Dopo il Mali è stata la volta del Burkina Faso e ci si domanda chi sarà il prossimo stato, eletto per tale scopo. Parte della gente ha applaudito.  Pensa che i militari al potere, con le armi della persuasione (e le armi in mano), metteranno un punto finale alla corruzione, al nepotismo, alle nefaste influenze straniere e poi ridaranno il potere ai civili fino alla prossima occasione. Si sono costruite nel Niger varie basi militari, l’Italia, ultima arrivata per ora, dovrebbe avere finalmente il suo ‘pied-à-terre’ nei pressi dell’aeroporto internazionale di Niamey. E ora, che la guerra si riaffaccia in Europa, si potranno rinnovare gli armamenti, attestarne la validità e la rinnovata e sofisticata efficacia. Una splendida occasione che perfezionerà ulteriormente l’arte della guerra che, nelle generazioni, non abbiamo mai perduto. 

A morire e soffrire saranno i soliti poveri ignoti. Gli altri, i superstiti, morranno di vergogna per non aver osato cambiare ‘le spade in vomeri e le lance in falci’, nel sogno del profeta. L’Italia avrebbe ancora la possibilità di trasformare la base militare in una scuola di pace, prima che sia tardi.


                                         Mauro Armanino

Niamey, 28 febbraio 2022


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