ISRAELE CONTRO AMNESTY
Israele contro Amnesty ma i palestinesi applaudono al rapporto della Ong
Israele/Territori occupati. Proseguono gli attacchi del governo israeliano e sui social al documento che accusa lo Stato ebraico di Apartheid presentato dall'organizzazione britannica. Amnesty:«assurda l'accusa di antisemitismo».
GERUSALEMME
Prosegue lo scontro tra Amnesty International e Israele dopo la presentazione ieri, anche a Gerusalemme Est, del rapporto «Israel’s apartheid against Palestinians: Cruel system of domination and crime against humanity», in cui la storica ong britannica per i diritti umani spiega, con ricerche ed analisi dettagliate fondate sul diritto internazionale, che Israele fa uso dell’Apartheid contro i palestinesi, inclusi quelli che sono suoi cittadini, e sostiene che fin dalla sua fondazione nel 1948 ha attuato una «crudele dominazione». Il governo Bennett che aveva ottenuto in anticipo una copia del rapporto ha reagito con rabbia già lunedì.
Il ministro degli esteri Yair Lapid ha rigettato le accuse di Amnesty che, ha detto, sono frutto di «falsità, parzialità e di antisemitismo». Ha aggiunto che «Israele non è perfetto, ma è una democrazia impegnata nel rispetto del diritto internazionale, aperta alle critiche, con una stampa libera e un sistema giudiziario forte e indipendente». Amnesty è stata anche accusata di negare «il diritto di Israele di esistere come nazione del popolo ebraico». L’Ong per i diritti umani ha replicato che affermare che il rapporto sia motivato dall’antisemitismo è «falso e infondato» ed è un tentativo volto solo a distogliere l’attenzione dalle violazioni dei diritti umani subite dai palestinesi. Amnesty sottolinea che le sue critiche sono rivolte alle autorità in Israele e non ai cittadini israeliani o al popolo ebraico. La segretaria generale di Amnesty, Agnes Callamard, ha aggiunto che il rapporto «documenta i massicci sequestri di terre e proprietà palestinesi, uccisioni extragiudiziali, demolizioni di case, trasferimenti forzati, drastici riduzioni dei movimenti». Ha perciò chiesto alla comunità internazionale di «mettere fine all’oppressione dei palestinesi» e al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di imporre «un embargo di armi a Israele» citando in particolare le «uccisioni di manifestanti palestinesi lungo il confine con Gaza». La conclusione di Amnesty – che ripercorre nelle oltre 200 pagine del rapporto le vicende di questi anni – è che Israele «considera e tratta i palestinesi come un gruppo razziale inferiore non ebraico».
Gran parte degli israeliani, o almeno la maggioranza ebraica della popolazione, condivide la netta condanna di Amnesty inclusa l’accusa di «antisemitismo». Quasi tutti i commenti apparsi sui siti d’informazione e sui social vanno in quella direzione. Non mancano però voci diverse che chiedono di riflettere su quanto scrive l’Ong per i diritti umani, tra cui l’israeliana B’Tselem che lo scorso anno accusò ugualmente Israele di Apartheid e fu seguita dopo qualche mese anche da Human Rights Watch. Un editoriale sul giornale Haaretz definisce «isterica» la reazione del governo israeliano e critica l’accusa di «antisemitismo» rivolta a una organizzazione per i diritti umani che ha costruito la sua credibilità nel corso di vari decenni.
In casa palestinese la soddisfazione è enorme. I social sono pieni di post e tweet che approvano i contenuti del rapporto. Mustafa Barghouti, segretario del Partito per l’Iniziativa Nazionale, ha elogiato Amnesty per il suo «coraggio» e ha chiesto agli arabi di non stabilire rapporti amichevoli e alleanze con Israele. «È vergognoso che alcuni Stati arabi normalizzino le relazioni con il regime dell’Apartheid», ha affermato. Diana Buttu, esperta di diritto internazionale, diceva ieri al manifesto che il fatto che «una organizzazione come Amnesty si sia unita all’accusa di Apartheid lanciata a Israele aumenta nettamente le possibilità che la Corte penale internazionale prosegua l’iter per un’indagine (contro Israele) per crimini contro l’umanità e di guerra», anche se l’Autorità nazionale palestinese, come vorrebbero alcune voci, dovesse in futuro per ragioni politiche rallentare o fermare la sua azione. L’Anp comunque conferma la sua iniziativa alla Cpi. Un comunicato del ministero degli esteri palestinese ieri esortava il procuratore internazionale «a indagare senza indugio sul crimine contro l’umanità dell’Apartheid commesso da Israele».
Il rapporto di Amnesty è giunto nel pieno delle proteste per il comportamento di due ufficiali dell’esercito israeliano accusati di aver provocato la morte di un anziano palestinese tre settimane fa in Cisgiordania. Abdel Majid Assad, 78 anni, durante un raid notturno nel suo villaggio fu bendato, ammanettato e abbandonato in un edificio in costruzione malgrado la temperatura fosse molto bassa. L’uomo dopo qualche ora è morto di infarto. I due ufficiali ha detto il capo di stato maggiore Aviv Kochavi, hanno dato prova di «fallimento etico». I palestinesi replicano che l’accaduto non è un’eccezione ma il modus operandi abituale dei soldati durante le incursioni nei centri abitati in Cisgiordania.
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