DEMOCRAZIA A RISCHIO?
SOMMARIO FEBBRAIO
EDITORIALE |
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CULTURE E RELIGIONI |
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E. Vavassori - Vangelo secondo Matteo (98) | pag. 8 |
CASSANDRA |
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G. Codrignani - La paura | pag. 5 |
PAGINE APERTE |
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L. Berzano - La fede che guarisce | pag. 7 |
R. Orizzonti - Eleggere i propri rappresentanti | pag. 10 |
G. Bianchi - Quel che ricordo della II guerra mondiale | pag. 12 |
S. Sbragia - Lo straniero nostro fratello | pag. 13 |
P. Bavazzano - Povera patria | pag. 15 |
M. Meschi - La povertà, fattore di rischio per la salute | pag. 18 |
L. Tussi - Intervista a Angelo Gaccione | pag. 22 |
L. Borghi - “Non mentirmi” di Philippe Besson | pag. 23 |
ELOGIO DELLA FOLLIA | pag. 24 |
EDITORIALE
a cura della
redazione
Democrazia a rischio?
Data: 29
Gennaio 2022
Autore: a
cura della redazione
Perché
la politica ed i parlamentari
hanno fallito?
Perché hanno
perso di credibilità?
Se lo chiedono in tanti e ci
poniamo
anche noi questo quesito.
Assistiamo sempre più,
in Italia ma anche
all’estero, ad un divario enorme - quasi un
baratro
- tra popolo e politici di professione. Un
esempio
sono stati alcuni momenti fondamentali
della vita politica del
nostro Bel Paese. Si
sono viste le aule di Senato e Camera
semideserte
(8-10 persone in tutto) quando dovevano
discutere
in assemblea sia della proposta referendaria
riguardante l’uso
della cannabis, sia
dell’eutanasia.
Una vergogna, a
dir poco. Sintomo che in
Italia c’è una sorta di
menefreghismo strisciante,
trasversale a tutte le forze
politiche, tra i
rappresentanti politici, ma anche tra molti
cittadini.
La crisi della politica, o meglio l’agonia
delle
istituzioni, si evince proprio da qui:
manca la fiducia che
c’era un tempo. Misuriamo
la sfiducia verso gli organismi
istituzionali
anche attraverso quei “no-vax” che
dubitano
dei propri medici e della sanità pubblica fino
ad
averli trasformati, nella loro fantasia, in carnefici.
C’è
bisogno di novità politiche in Italia? Per
far respirare il
nostro Paese? Sì, certo. C’erano
state le novità politiche,
come il Movimento 5
Stelle o la nuova forza politica il cui capo
era
stato il noto imprenditore delle tv. Novità o
fuochi
di paglia?
In effetti ci troviamo dinanzi ad alcuni fenomeni
di
diversa natura e portata, che tuttavia
si configurano come
autentici e confluenti pericoli
per la democrazia. Da vari anni
si constata
il fenomeno della disaffezione e della
stanchezza
dei cittadini per la partecipazione
democratica, e si discutono
le cause che lo hanno
determinato. Di certo verifichiamo da
tempo
un andamento in crescita dell’astensionismo
elettorale(1),
nonché un pesante calo delle
iscrizioni ai partiti, una
notevole riduzione del
numero delle sedi locali di aggregazione
(sezioni,
circoli, ecc.), e un’irrisoria percentuale
di
contribuenti che nella denuncia dei redditi
sceglie di destinare
una piccola quota dell’Irpef
a sostegno dei movimenti
politici. Una percentuale,
quest’ultima, lontanissima dal
numero
dei contribuenti che scelgono di sostenere
confessioni
religiose, forme associative no-profit
o
iniziative di ricerca.
Questi fenomeni sono il segnale di
una consistente
caduta del grado di fiducia che i
cittadini
ripongono nelle forme organizzate di
partecipazione
politica, il che non equivale a un
disinteresse
tout court per il confronto; ma è
certamente vero che gran
parte dei cittadini se
ne interessa come spettatore e non come
protagonista.
È un po’ come nello sport, una cosa
è
scendere in campo per giocare, altra cosa è
andare allo stadio
e altro ancora è guardare la
partita in tv. In politica i talk
show televisivi
registrano un loro seguito e hanno ancora
la
capacità di riuscire a essere programmati anche nelle fasce
orarie di alto ascolto, ma la partecipazione
in prima persona
all’attività politica difficilmente
riesce ad attrarre le
persone spingendole a riservare
ad essa impegno, tempo e
dedizione emotiva. E quando
si sceglie la via dell’impegno e
della partecipazione,
spesso questo fenomeno può registrare
vari limiti come,
per esempio, una sorta di parcellizzazione
monotematica
(un impegno anche generoso su un tema
avvertito
come di grande importanza, ma al di fuori da una
visione
d’insieme dell’andamento della cosa pubblica) o,
in
altri casi, può assumere un carattere del tutto
temporaneo
(come si registra in occasione delle scadenze
elettorali
amministrative, allorché assistiamo a un fiorire
di
numerose aggregazioni, che molto spesso appassiscono
il giorno
successivo al voto e non solo per risultati
negativi).
Per
contro il costume ormai profondamente sedimentato
nella vita
politica che, al di là dello sterile flatus
vocis, esibisce un
ampio disinteresse per le aspirazioni
dei cittadini, come
mostrano le aule parlamentari desolatamente
deserte in occasione
di momenti di discussione
su temi di alta rilevanza politica,
etica e culturale.
D’altronde il disinteresse e la
disattenzione alle attese
della cittadinanza in queste settimane
sta registrando
un preoccupante spazio. Basti pensare alle
reazioni
prodotte dallo sciopero generale dello scorso 16
dicembre,
con il quale il movimento dei lavoratori ha
finalmente
riportato nelle piazze del nostro Paese la
voce della giustizia
sociale e della solidarietà. Da un
lato abbiamo registrato il
consueto stracciarsi le vesti
delle forze di centro-destra che,
come sempre, guardano
come fumo negli occhi ogni iniziativa dei
lavoratori,
che sono il motore reale della crescita economica
e
sociale del paese e che spesso pagano direttamente
sulla
propria pelle quest’impegno. Dall’altro abbiamo
visto
l’incapacità delle forze progressiste di cogliere
l’iniziativa
sindacale come un utilissimo assist da
spendere
con sapienza e lungimiranza nei tavoli di
negoziazione
intergovernativa per migliorare in forma decisa
la
manovra economica in favore dei lavoratori e dei
ceti più
deboli.
Un altro dato che desta preoccupazione si può
poi
rilevare nel carattere delle iniziative e delle
trattative
che si stanno conducendo in vista dell’elezione del
nuovo
Presidente della Repubblica. Il tema della parità
di
genere è ampiamente sentito dalla cittadinanza, e l’idea
di
operare affinché una donna possa essere la prossima
inquilina
del Quirinale dovrebbe affascinare le forze
politiche. Ma, al
momento in cui poniamo per iscritto
queste riflessioni, le voci
che auspicano una donna alla
Presidenza della Repubblica sono
poche e alquanto flebili.
E invece sarebbe l’ora per dare una
tonalità rosa
alla serie storica dei Presidenti. Perdere questa
opportunità
significherebbe rinviare la cosa al 2029. È
auspicabile
allora che le forze politiche, in particolare
quelle
di sinistra e di maggiore sensibilità democratica,
diano
concretamente voce a questa viva aspirazione della
cittadinanza.
Dopo il significativo contributo in termini
di
dedizione e di sensibilità offerto dal settennato di
Mattarella,
sarebbe davvero un bel passo avanti poter
avere una donna
illuminata al Quirinale. È un’occasione
da non lasciarci
sfuggire!
Questi “cahiers de dolèance” non vogliono
assolutamente
dar fiato al qualunquismo dei detrattori
della
Politica che tanti danni hanno già prodotto nel
nostro
Paese, ma desiderano evidenziare questo enorme
problema
che riguarda più in generale la partecipazione
dei
cittadini alla vita pubblica. Ci riferiamo in particolare
a
quelli sfiduciati che hanno ritenuto di abdicare
al loro ruolo,
delusi - a ragione - dalla deriva in atto da
anni. Si veda a
titolo di esempio il caso degli elettori di
sinistra del PD (ce
ne sono ancora!) che con Renzi si
sono ritrovati a constatare
prima politiche neoliberali
e poi la fuoriuscita dal partito e
l’alleanza con il centro
destra, rendendo vano il voto da loro
espresso.
Ma soprattutto la sfiducia deriva, a nostro parere,
dal
comportamento ancillare dei partiti nei confronti
dei
potentati economici nazionali e internazionali e
delle
classi ricche. In un paese sempre più diseguale, i
provvedimenti
presi negli ultimi anni, e segnatamente da
questo
governo, mentre attuano una marcata privatizzazione
come nel
caso dell’acqua, tendono a salvaguardare
i ceti medio alti,
come si vede dal rifiuto di reinserire
sia la tassa di
successione, peraltro tipica di ogni
politica liberale, sia una
patrimoniale. Per tacere dell’ultima
finanziaria che assegna
al 3,3% dei contribuenti
più ricchi il 14 per cento dei 7
miliardi del taglio
Irpef, mentre esclude da ogni beneficio il
20 % delle
famiglie in difficoltà e incapienti: è rimasto solo
il reddito
di cittadinanza difeso dal M5S ma fortemente
contestato
dal renzismo e dalle forze reazionarie.
Anche
l’ambito ecologico viene asservito agli interessi
delle
grandi corporation che continuano nella loro prassi
inquinante
riverniciata di verde. Il potere di
manipolazione
degli ultimi e dei penultimi da parte della
politica
spalleggiata dalla TV, dalla pubblicità e dalla
grande
stampa è sotto gli occhi di chi vuol vedere. Come
porvi
rimedio? L’economista francese di fama internazionale,
il
gesuita Gael Giraud, parla dell’incapacità di
ascolto dei
potenti con cui ha avuto contatti in varie
parti del mondo che,
troppo presi dagli impegni contingenti,
“non hanno nemmeno il
tempo di riflettere”.
Questo significa che, se non si parte
dal basso,
cioè da noi, nessun cambiamento serio sarà
possibile;
ma perché ciò avvenga occorre una forte assunzione
di
responsabilità da parte di persone capaci di mente, cuore
e
mani, disponibili a spendersi ai più diversi livelli,
a partire
dall’istruzione.
____________________________________________________
(1)
Sino al 1976 la partecipazione ha oscillato
sempre sopra il 93
%, nel 79 è stata il 91 %,
nell’83 dell’88 %, nel 2001
dell’81 %, per risalire
nel 2006 all’84% e ridiscendere
ogni
volta sino al 73 % del 2018.
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Oltre a tutti i fascicoli pubblicati da dicembre 1994 a giugno 2020, sono disponibili
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Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 2448 dell’11/11/1974
Direttore responsabile Angela LANO
Sito web: www.tempidifraternita.it
posta: tempidifraternita@
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