Il 2022 è stato il nostro terzo anno di pandemia, l'anno in cui speravamo di riemergere dalla crisi economica e sociale che ne era conseguita e che invece ci ha portato a preoccuparci della guerra e della crisi energetica. È stato l'anno delle grandi dimissioni da parte di chi non ha retto al sovraccarico di cura e lavoro, della deriva demografica, l'anno in cui abbiamo capito che il nostro unico futuro è investire nella cura, in cui abbiamo cercato di capire come sopravviveremo all'inflazione che impenna, quello in cui abbiamo capito che il benessere passa per la parola felicità e anche per un'altra idea di invecchiamento.

Nell'ultimo anno abbiamo parlato di dati e femminismo, di piani di ripresa e di leggi di bilancio. Ci siamo chieste che fine fanno i diritti civili e la libertà delle persone se un paese potente come l'America torna indietro sull'aborto, come possiamo cambiare le narrazioni per cambiare il mondo, come stanno le donne che lavorano da casa e le figlie delle straniere in Europa, le ucraine rifugiate in Italia e le giornaliste al fronte, siamo andate a cercare le attiviste che stanno guidando la rivolta in Iran. Lo abbiamo fatto da un paese che non è ancora un paese per madri e non è di sicuro un paese per queer, ma dove la forma delle famiglie nonostante tutto sta cambiando.

Vogliamo ripercorrerne le tappe più significative, il nostro modo per lasciarle andare e guardare avanti, continuando a credere con tutta la forza possibile che il futuro della nostra specie possa essere migliore del passato che abbiamo attraversato. Lo facciamo dalle nostre pagine, attraverso gli articoli che per noi hanno rappresentato i momenti più importanti dei dodici mesi appena trascorsi. Un piccolo rituale che si ripete, come ogni rito che si rispetti mai uguale a se stesso.

Il nostro augurio per il 2023 è quello di una libertà che sia per tutte le donne. La nostra gratitudine va a quelle che stanno combattendo, in Iran come in altri luoghi della terra, se non siamo libere tutte nessuna è libera.


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