IL COMMENTO de IL MANIFESTO
Le cartucce dell’italo-francese Cheddite, fatte tra Livorno e Bourg-lès-Valence, usate a Tehran e in altre città per sparare sulle proteste. Come già in Myanmar e Siria. Nonostante l’embargo.
Nella bozza della manovra risulta uno stanziamento di 42 milioni per i Cpr. Ma i Centri di permanenza per il rimpatrio sono luoghi dove i migranti sono detenuti senza aver commesso reati. Il sistema alimenta violazioni dei diritti e inutili sofferenze.
Agnieszka Wykowska, la ricercatrice considerata «una delle 50 donne da conoscere nella robotica». Studia il nostro rapporto con gli androidi e cerca di capire quali fattori generino fiducia o diffidenza nei loro confronti.
Nella foto:Doha, stadio Al Rayyan: la maglia con il numero 22 (gli anni che aveva Mahsa Amini) e la scritta «Donna Vita Libertà» sulla bandiera iraniana @Ap
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Il commento della settimana
Alfonso Gianni
Dopo il varo della manovra economica, la Presidente del Consiglio si è affannata a ripetere più volte che il tempo a disposizione del nuovo Esecutivo è stato poco per cui non ci sono le cosiddette riforme. Che sono rinviate all’anno che viene, e che comunque non ci sono aiuti ai ricchi ma al ceto medio.
Alcuni commentatori hanno parlato di una manovra piccola, piccola; altri hanno detto che nella sua fattura c’è più Andreotti che Almirante. Una minimizzazione che tende a creare un clima giustificativo verso le scelte del governo. Che non si può condividere perché non regge neppure al primo esame delle misure assunte.
Tocca
persino dare ragione a Salvini che ha definito la manovra come un
ottimo inizio. Infatti dal suo punto di vista, anche se non tutte le
sue pretese sono state accolte, si tratta proprio di questo: un
provvedimento ponte verso altri più organici già annunciati come
peggiori, che esprime con nettezza la natura di classe di questo
governo.
Non ci si lasci imbrigliare dalle dichiarazioni
di una disinvolta Meloni. I ricchi non hanno bisogno di aiuti, basta
non colpirli nelle tasche e nel loro potere che già si sentono
sufficientemente protetti. È vero, il taglio del cuneo fiscale va a
favore dei lavoratori e non per un terzo agli imprenditori, come era
stato ventilato. Ma si tratta di briciole.
La
manovra stanzia a questo fine 4,2 miliardi di euro. Con questi si
conferma il taglio di due punti, già deciso dal governo Draghi. Si
aggiunge un altro punto per i lavoratori fino a 20mila euro di
reddito. I quali se la potranno godere con un aumento al massimo di
11 euro al mese, mentre chi guadagna 15mila euro avrà «un
vantaggio» ancora inferiore.
Il tutto mentre l’inflazione
viaggia su un più 8% acquisito per l’anno in corso, che aumenterà
visti i dati dell’ultimo mese che hanno quasi raggiunto il 12%. Con
una simile inflazione confermare i saldi per sanità e istruzione
significa operare di fatto un enorme taglio orizzontale alla spesa
sociale.
Meloni ha annunciato che il reddito di cittadinanza verrà abrogato dal primo gennaio 2024. Intanto il «ponte» è rappresentato dalla riduzione per il 2023 dai 18 mesi a 8 mensilità per gli «occupabili». Dizione dal significato assai incerto. Comunque Chiara Saraceno ha calcolato che su 300mila persone in astratto occupabili, solo 9mila hanno trovato lavoro. Se la proporzione è questa vuole dire che il governo lascia che almeno 600mila famiglie sprofondino in una distruttiva crisi economica.
In
ogni caso contraddice se stesso: da un lato concepisce il reddito di
cittadinanza come uno strumento di avvicinamento al lavoro, secondo i
principi del workfare, dall’altro lo toglie proprio a chi viene
definito come un lavoratore potenziale.
Non va meglio per
le pensioni. La minime arriveranno a 570 euro mensili, che chiamano
«perequazione maggiorata», cioè ben 8 euro in più al mese! Si
stabilisce quota 103, ovvero in pensione a 62 anni con 41 di
contributi, per una platea di 48mila lavoratori con un tetto
dell’assegno pari a cinque volte la minima.
Le
donne potranno andare in pensione prima, si dice. A 58 anni se hanno
due figli, a 59 con un figlio, a 60 anni senza figli, quindi una
misura peggiorativa visto che oggi possono uscire dal lavoro a 58
anni e 35 di contributi (un anno in più per le autonome) a
prescindere dai figli.
Per chi ha maggiore agio economico
invece i vantaggi ci sono. La soglia di applicazione della flat tax
al 15% sale da 65mila a 85mila euro, mentre la flat tax sul reddito
aumentato rispetto al migliore degli ultimi tre anni riuscirà a
contraddire il principio costituzionale della progressività, poiché
chi guadagna di più pagherà di meno e contemporaneamente si
sottopone a trattamenti fiscali differenti cittadini che hanno lo
stesso reddito. Un successone.
Ma non basta, perché non può mancare la «pace fiscale», ovvero la rottamazione delle cartelle fino a mille euro, quindi un condono, mentre quelle fino a 3mila verranno pagate solo al 50%, senza sanzioni e interessi. Chi ha pagato le tasse fino all’ultimo euro, e non mi riferisco solo ai lavoratori dipendenti, ma anche a tutti i cittadini rispettosi dei loro obblighi, verrà ancora una volta gabbato.
Con
queste premesse è facile sospettare che la riforma fiscale, più
volte richiamata nella conferenza stampa governativa, avverrà
all’insegna della distruzione di ciò che rimane della
progressività nel nostro sistema di prelievo fiscale.
Quindi
non si tratta né di margini troppo stretti – i 21 miliardi da
dedicare alle bollette, comunque insufficienti – né di tempi di
elaborazione soffocati. Ma di una chiarissima volontà di consolidare
se non un blocco almeno un consenso in determinati strati della
popolazione, affinché la minoranza politica che ci governa – in
virtù di una scellerata legge elettorale – trovi più salde basi.
Questo è il terreno dello scontro che impone un conflitto sociale generalizzato.
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interpretato da SAMINA ZARGAR
BISOGNA LOTTARE PER LE DONNE E PER TUTTE LE IDENTITA' SESSUALI.
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