Il futuro lo scegliamo ogni giorno. Anche con i regali che
facciamo. Questo Natale regala un albero alle persone che ami.
Custard Apple, Cacao, Caffè, Palissandro, Mango, Acacia Mangium, Cocco: le
nostre Limited Edition per il Natale sono già disponibili! Sceglile in base
al loro significato, al luogo in cui cresceranno, ai benefici che
porteranno. E ricorda! Pianti ora, ma regali quando vuoi.
Questo Natale, trasforma l'amore per i tuoi cari in un regalo che rende il
pianeta più verde e più giusto.
Pianta un Albero con un click su Treedom
A ME E' STATO REGALATO UN ALBERO DI CACAO IN TANZANIA è un po' come se mi avessero regalato l'assicurazione per il futuro del Pianeta 😀
Pianta un Albero con un click su Treedom
PIANTARE
UN ALBERO PER SENTIRSI ANCORA UMANI
Per
la
festa
della mamma, le mie figlie mi hanno regalato un
albero di cacao nel Camerun,
attraverso
Treedom:
Pianta o Regala un Albero e segui la Storia Online, un
sito che permette di piantare alberi a distanza e seguire online la
storia del progetto che contribuiranno a realizzare.
Il
seme dell’albero dal vivaio passerà alla terra e sarà quindi
cresciuto da un contadino. Nel tempo, garantirà sostegno a una
famiglia africana e aiuterà a migliorare l’aria del Pianeta per
tutti noi.
Ecco,
questo è un vero gesto di pace, al di là degli stereotipi e delle
parole che, infine, si dimostrano sempre vuote.
Un
gesto di pace contro il razzismo imperante, contro il nazionalismo
assurdo dei nostri tempi che tanto mi ricorda quello delle guerre
mondiali, contro l’egoismo occidentale che ha asservito gli altri
paesi, proprio esercitando la superiorità militare, impedendo loro
di crescere e svilupparsi.
È
difficile capire quanto mi sia sentita felice di quel
dono e
molto privilegiata, soprattutto perché
il mondo, in generale, non sta andando in questo senso.
Gli
Stati producono e vendono armi fingendo di non sapere che le armi
saranno usate per le guerre, cioè per uccidere e distruggere
l’umanità. Negli Stati Uniti, addirittura, tutti possono possedere
armi e sono previsti persino dei corsi per insegnare ai bambini dai 3
ai 5 anni il corretto utilizzo di un’arma divertendosi al poligono
di tiro! La lobby delle armi fattura negli USA più di trenta
miliardi di dollari l’anno e, in caso di guerre, ovviamente, molto
di più!
Infine,
le guerre sono necessarie per “consumare” le armi ormai obsolete
e acquisirne di più avanzate.
Negli
ultimi anni, in Europa, è ritornata in auge la corsa agli armamenti
e le parole “disarmo” e “demilitarizzazione” ci sembrano
ormai preistoriche.
Nel
ventunesimo secolo, nonostante l’evoluzione, noi non siamo diversi
dagli antichi, anzi, siamo ancora più crudeli, visto il progresso
tecnologico che può devastare molto più ferocemente di un tempo.
È
del tutto inutile, dunque, citare guerre specifiche: ce ne sono tante
nel mondo, alcune pubblicizzate insistentemente dai media e altre
completamente dimenticate (non certo dai nostri fabbricanti di armi,
però!).
Oggi
sui Governi dominano in modo privilegiato i commercianti di armi:
questa che sembra un’asserzione surreale, invece è pura realtà.
La
soluzione dei conflitti attraverso una Diplomazia capace e attiva non
viene attivata proprio perché impedirebbe lucrosi affari.
Anche
i media sono coinvolti nella propaganda militare.
Johan
Galtung aveva
già osservato, fin dagli anni ‘70,
la tendenza dei giornalisti a confondere conflitto e violenza,
raccontando il conflitto unicamente attraverso gli atti violenti da
esso provocati. I
giornalisti, infatti,
consentono
la parola più facilmente alle élite che non alle persone più
vulnerabili e focalizzano
l’attenzione unicamente su chi vincerà. Raramente sono
evocate le cause distinte
tanto geograficamente quanto temporalmente, assai
di rado sono
menzionate le possibili
soluzioni non violente… È
come se un inviato
dovesse parlare di una malattia senza alludere anche ad altri mezzi
di guarigione, a parte quelli più nocivi, ancor prima di far luce
sulla natura della malattia. Le soluzioni ‘dure’ sono
sovrastimate, in modo che quelle ‘dolci’ rimangano sconosciute e
le responsabilità unidirezionali.
Il
‘giornalismo di pace’, invece, propone di riconsiderare i
rapporti tra i giornalisti e le fonti d’informazione, i conflitti
che riporta e le conseguenze delle informazioni che fornisce. Mette a
disposizione dei reporter una serie di fonti di approfondimento sulla
pace e i conflitti, per consentire uno spazio maggiore a soluzioni
non violente e alla creatività. Galtung
aveva
definito
la pace come assenza di violenza “strutturale”. Poiché la
violenza strutturale si verifica quando le effettive realizzazioni
umane restano al di sotto delle realizzazioni potenziali, la pace è
la realizzazione, da parte dell'uomo, di tutte le sue potenzialità
economiche, sociali e ambientali. In questa definizione rientrano
anche i casi in cui non esiste un soggetto promotore della violenza
diretta, ad esempio, in molti Stati africani le aspettative
di vita sono
basse senza che nessun agente utilizzi intenzionalmente la forza.
Dunque,
in
questo scenario tanto ostile alla pace, noi
cosa possiamo fare? Molto poco, naturalmente.
I governanti, ovunque, seguono i loro
interessi e non ascoltano l’opinione della gente. La Democrazia,
spesso, non è differente dai governi autoritari, specialmente in
questo periodo.
I bisogni delle persone, il lavoro, la salute, il benessere sociale,
sono sacrificati alle lobby e a consunti ideali di imperialismo,
governo del mondo, neocolonialismo, suprematismo bianco,
impoverimento degli altri popoli a nostro vantaggio. Allora,
come insegna un’organizzazione per la Pace coreana (HWPL),
dobbiamo diventare tutti, nel nostro piccolo, “messaggeri di pace”.
Fuori dai templi buddisti
tibetani bandierine colorate appese all’aria diffondono sulla Terra
i loro pensieri non violenti e così dobbiamo essere anche noi:
bandierine al vento. Renata Rusca Zargar
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