I CARCERATI

 Rispetto all’altra opera di misericordia che prevede di “visitare gli infermi”, quella che riguarda i carcerati si pone in termini decisamente diversi e impegnativi. Non è così semplice far visita ad un detenuto, a meno che non sia un congiunto. Certo, ci si può inserire in una associazione di volontariato carcerario, oppure rendersi disponibili col proprio gruppo giovanile ad animare periodicamente le liturgie domenicali del carcere della propria città.



da:             Memoria Condivisa

Il Natale è la festa di tutti, tranne che dei carcerati, ai quali pensa solo Papa Francesco. Il Presidente della Repubblica, ha incontrato il Pontefice, sicuramente gli avrà parlato della catastrofica situazione delle carceri, del trattamento riservato, dal Dipartimento della Giustizia a chi disgraziatamente finisce in una prigione  da terzo mondo. I parlamentari, il Parlamento dovrebbe rappresentare il popolo italiano, a parole, nei fatti solo i potenti chi può pagarsi i migliori avvocati, può alla fine aspirare alla massima carica dello Stato. Una riforma urgente è necessaria come il pane. Abbiamo proposto che al DAP, entrino persone come l’ex magistrato Gherardo Colombo, il prof. Gonnella e perché no don Luigi Ciotti. Un esperto di affari carcerari, il prof. Gonnella di Antigone, periodicamente aggiorna gli italiani sui passi in dietro della giustizia. Chiediamo con la massima umiltà al Presidente Sergio Mattarella, di inviare un messaggio di speranza, con il doppio saluto di fine d’anno, alle migliaia e migliaia di poveri cristi, abbandonati nelle terribili strutture, prive dei più elementari servizi igienici, in tempo di Covid. Ma la nostra è ancora una democrazia? NO!  Non ha nulla di compiuto, ce lo ricorda l’Europa. Comandano in pochi, il resto i peones, riscaldano le poltrone del parlamento, fanno numero. La vera variante è il governo, con il presidente, un piede in Parlamento e l’altro al Quirinale. Ne vedremo delle belle, ma a pagare saranno i milioni di poveri. I grandi giornali che facevano opinione si sono omologati al volere dei "poteri forti". Ascoltare dalla Gruber, Giannini, Mieli, il direttore di Repubblica e del Sole 24 Ore, è una inutile litania, sono diventati maestri del pensiero unico!


Ma al di là della possibilità di “entrare” in carcere per un gesto di solidarietà, la questione si pone in termini culturali. Siamo in grado di riconoscere il peso della solitudine e dell'umiliazione, del rimorso e della disperazione di chi vive recluso, e cercare di colmare un abisso che solo l'accoglienza e la vicinanza possono in qualche modo fare propri? Siamo in grado di interrogarci rispetto a quali misure riusciranno a rendere consapevole del male compiuto colui che ha trasgredito. Riusciamo ad immaginare quali processi potranno generare una riconciliazione tra “vittima” e “carnefice”?

“Ero carcerato e siete venuti a visitarmi” (Mt 25,36). Le parole di Gesù presentano il carcerato come persona bisognosa di cura e di relazione. Ma se i destinatari delle altre opere di misericordia possono essere visti come vittime, come persone segnate da disgrazie, il carcerato porta lo stigma di una colpa, di un male commesso. Malgrado ciò Gesù non ha esitato ad identificarsi con chi è provato della libertà in prigione, a dimostrazione di una dignità che neppure il peggiore delitto riesce a far venir meno. A dimostrazione che per nessuno – in questa vita – è mai detta l’ultima parola.

Al di là di pochi “colletti bianchi”, la popolazione carceraria è formata in gran parte da poveri, emarginati, stranieri immigrati, tossicodipendenti: diversi di questi non hanno nessuno, non hanno persone che li vadano a visitare e dunque nessuno con cui parlare e da cui farsi ascoltare. Quand’anche dovessero arrivare a poter godere di “misure alternative” al carcere per scontare la pena, non hanno spesso nemmeno una famiglia in grado di ospitarli in casa. In queste condizioni è facile immaginare come questo stato di cose possa provocare abbruttimento o tentazioni suicide.


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Per capire e sconfiggere la violenza sulle donne ma anche la quotidiana sopraffazione e gli stereotipi che tormentano le donne.

La donna è soggetta a qualsiasi capriccio del maschio e spesso è la donna stessa a perpetuare questa mentalità.
Perché si possa cambiare, deve cambiare prima di tutto la donna.
Deve educare maschi e femmine allo stesso modo, non deve più sentirsi padrona del mondo solo se ha partorito un essere con il pene.
Ognuno ha le sue particolarità.
È bello nascere maschio ed è meraviglioso nascere femmina: essere accogliente e poter dare la vita.
Come deve essere ugualmente magnifica qualsiasi identità sessuale, quando si possa liberamente vivere la propria natura.
Questi racconti trattano di donne che hanno amato molto, in Occidente o in Oriente, ma hanno incontrato il dolore della rinuncia o della crudeltà del maschio e della società.


LEGGI L'ESTRATTO:

https://www.amazon.it/CHE-FAI-UNALTRA-FEMMINA-occidentale-ebook/dp/B09M5QZ9VH/ref=tmm_kin_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=&asin=B09M5QZ9VH&revisionId=4a150c0a&format=1&depth=1


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