STAZIONE CENTRALE TRE MINUTI ALLE QUATTRO dramma di Maria Altomare Sardella



STAZIONE CENTRALE 

Dramma in due atti di    MARIA ALTOMARE SARDELLA

 note critiche di Massimo Chiacchiararelli                                                    

Personaggi: 4 m. -  2 f. - 10 comparse

Attori: 4 m. -  3 f.

Atti:  2; scene: 2

Durata: 2h

Dimensioni del palco: standard

Attrezzature: standard

Il dramma in due atti “Stazione Centrale” di Maria Altomare Sardella focalizza l’egotismo imperante della nostra società, che non gradisce soffermarsi sul malessere per curarlo ma ama guardare solo ciò che luccica ed è gradito a noi. È un testo di teatro civile che attira l’attenzione su esistenze ai margini della nostra quotidianità, esistenze presenti eppure invisibili.  I personaggi (un giovane spacciatore, una venditrice ambulante sex worker e controller, un barbone sessantenne, un trafficante e un fiancheggiatore) vengono studiati nella loro complessità esistenziale senza artificiosi manicheismi e i loro sentimenti, le loro angosce, a volte il loro cedimento a quanto di peggiore si può annidare in un essere umano, spesso il loro profondo ma frustrato desiderio di riscatto e normalità assumono forme che si concretizzano sulla scena in personaggi vivi, veri. Il mio “occhio di bue” per il primo atto è fisso sul “barbone” e nel secondo sul “giovane spacciatore”, due personaggi chiave del dramma, che ci conducono attraverso le loro differenti catarsi, nell’infinito vortice dell’anima, dove ci si può incontrare o perdersi, redimersi e ritrovarsi, nell’attesa di un ricongiungimento definitivo della nostra umana dualità, per capire finalmente ciò che è fuori e ciò che è dentro di noi. Il testo è panoramico e intrigante come lo sono le storie di qualità capaci di confrontarsi con il mondo; può avvincere sia lo spettatore che il lettore.

                                                                                                    Massimo Chiacchiararelli

TRE MINUTI ALLE QUATTRO

Sarabanda per atto unico di Maria Altomare Sardella

note critiche di Massimo Chiacchiararelli                                            

Personaggi: 3 m. – 4 f. – danzatrice

Attori: 2 m. – 2 f. – danzatrice

Scene:  unica suddivisa in settori

Durata: 70 – 90 m a discrezione della regia

Dimensioni del palco: standard

Attrezzature: standard + sagomatore

Il dramma “Tre minuti alle quattro – Sarabanda per atto unico” è un testo teatrale impegnativo, non solo perché riesce a catturare e tener viva l’attenzione del fruitore, ma soprattutto per la capacità dell’autrice di mostrare sul palcoscenico teatrale il palcoscenico della mente umana, con i suoi risvolti psicologici, metafisici ed escatologici.

Nella traversata insidiosa del mare della vita, Maria Altomare Sardella con questa opera mette in risalto l’eterno conflitto umano del Caino-Abele (ego-alter ego) che è in ciascuno di noi, scandagliando in profondità le suggestioni, le paure, le certezze, i timori, le curiosità e i sentimenti che ci caratterizzano. Questa doppia personalità in pratica ci priva della libertà di fare le nostre scelte, perché laddove l’alter ego vorrebbe, l’io non può e viceversa, per cui finiamo per essere  eternamente indecisi e insoddisfatti. Tale dualità viene magistralmente sviluppata in due viaggi paralleli (i personaggi si sdoppiano nell’io e nell’alter ego), esaminati psicologicamente con istantanee che prima distendono le immagini e successivamente mettono a fuoco il pensiero dei personaggi stessi, con una narrazione densa, empatica che scandisce spezzoni di esistenza in cui viene elaborata la relazione tra destino e caso, potenza e contraddittorietà dei sentimenti. Ottima la scelta metafisica della “voce fuori campo” a simboleggiare l’anima che prevede il pensiero dell’alter ego ma nulla può sul comportamento dell’io. La narrazione del dramma è avvincente, di alta intensità emotiva e suspense, sospesa tra la storia reale vissuta dall’ego e quella metafisica auspicata dall’alter ego, in una alternanza di scatti emozionali dinamici e agogici in cui appare evidente come le nostre vite seguano sempre una trama di percorsi generalmente lineari, ma con dei nodi cruciali, nei quali si presentano delle biforcazioni, delle possibilità di procedere per un verso o per un altro, che quasi mai riusciamo a cogliere, rinunciando così definitivamente e in modo irreversibile al percorso alternativo.

Abbiamo fin qui analizzato gli aspetti psicologici e metafisici di questo bel testo teatrale, ma vorrei spendere due parole anche per l’aspetto escatologico: l’autrice introducendo la “voce fuori campo”, che a ben analizzare non è altro che il “super ego” (terzo stadio dell’io), ci porta a considerare l’uomo “uno e trino”, ma privo del potere di indagare sul proprio destino e regolare la propria condotta giornaliera, prerogative essenziali del “Dio Cristiano” di cui è somiglianza e immagine.

In conclusione, l’opera teatrale è condotta con la costruzione progressiva del quadro d’insieme del dramma che si consuma, ricorrendo a shopping di istantanee a ritroso nella memoria dei protagonisti, in un percorso letterario di passione, espressività e concretezza.

                                                                                   Massimo Chiacchiararelli

VEDI ANCHE:

https://www.senzafine.info/2021/01/nuove-dallhinterland-di-maria-altomare.html

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