da IL MANIFESTO per l'11 settembre
Nemici nostri
Archivio /11 settembre 2001. Questo editoriale è comparso sul manifesto del 16 settembre 2001
Il
conto alla rovescia è ormai cominciato, potrebbe durare poche ore – e già le
prime bombe essere cadute quando leggerete questo giornale – oppure qualche
giorno.
Ma
è ormai certo che il governo degli Stati uniti appoggiato (seppur con qualche
distinguo) dai suoi alleati europei colpirà quelli che considera i colpevoli
della mostruosa strage dell’11 settembre.
Come
avrà deciso chi sono, in che modo li colpirà, quanti saranno i colpevoli
abbattuti e quanti gli innocenti che pagheranno colpe non loro, quanto durerà
l’operazione? Chi sa, forse neanche il presidente Bush e i suoi collaboratori
sanno rispondere a queste domande.
Eppure
colpiranno, perché così è scritto nelle tavole della legge (della giungla),
perché così vuole il 75 per cento degli americani (sondaggio di ieri), perché
così chiedono le borse per non continuare a crollare (“I talebani affossano le
borse”, titolava ieri il nostro quotidiano finanziario) e perché se i barbari
colpiscono la civiltà, la civiltà deve reagire. E cosa c’è di più civile della
guerra? Nulla (se la facciamo noi).
Che
questi terroristi (termine riduttivo) vadano fermati, non c’è alcun dubbio. Che
per fermarli l’unico mezzo sia la guerra santa del terzo millennio, genera
qualche dubbio.
Cosa
accadrà dopo i prossimi bombardamenti, finirà il terrorismo islamico,
scomparirà il fondamentalismo, i talebani si nasconderanno nelle grotte, i
pretoriani di Saddam si suicideranno? Non scherziamo. Sopravvivranno, si
riorganizzeranno, saranno ancora più furiosi e ancora colpiranno, in America o
in Europa.
Ci
faranno piangere di nuovo.
Ma
non c’è verso di ragionare quando in testa c’è solo il bisogno primordiale
della vendetta. Se non stai con me, sei contro di me: e allora ti colpisco con
la spada o con la penna, taci che il nemico ti ascolta.
E
se uno non volesse parteggiare ma ragionare? E pensasse che bin Laden o chi per
lui sia un nemico della democrazia e ancor più della sinistra occidentale e
degli stessi palestinesi? Cosa ha da spartire con noi un miliardario saudita,
un fondamentalista islamico che organizza stragi in giro per il mondo tra una
speculazione in borsa e l’altra? Cosa c’entra il suo odio per l’occidente con
una battaglia politica contro il modello che oggi domina l’occidente? Niente
evidentemente.
Ma in guerra vincono sempre i fondamentalismi. E non è detto che i primi a marciare siano i militari: a volte i leader politici della sinistra, gli opinionisti democratici, i giornalisti liberali sono più zelanti di loro. Puntuali all’alzabandiera.
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