VI RACCONTO UNA STORIA di Danila Oppio
Vi racconto una storia.
Una storia vera,
non una favola!
di Danila Oppio
da VERSI IN VOLO
https://versiinvolo.blogspot.com/
C'era una volta, alcuni decenni fa, una giovane mamma in dolce attesa. La storia inizia una domenica di fine gennaio. La futura mamma sonnecchia sul divano del soggiorno, il marito schiaccia la pennichella post-prandiale in camera e tutto pare tranquillo. A un certo punto la sposa si sveglia all'improvviso, udendo chiaramente una voce che le sembra maschile, che grida: "Mamma!". La donna corre in camera, convinta fosse il marito ad aver chiamato la propria madre, a quel tempo gravemente malata. Il marito si sveglia - dormiva profondamente - e in tono piuttosto irritato chiede alla moglie il motivo di quell'indesiderato risveglio. "Ti ho sentito chiamare Mamma, ho pensato avessi avuto un incubo!"
"Assolutamente
no, lasciami dormire che sono stanco". La moglie allora torna sui suoi
passi ma, guardando il pavimento, lo vede macchiato da una scia di sangue che
dalla camera arriva al divano. "Che succede?". Era un'emorragia che
proveniva da lei. Corre di nuovo a svegliare il marito e gli chiede di chiamare
suo padre, che era anche il medico di famiglia. Il suocero suggerisce di
prendere dei provvedimenti, in attesa del suo arrivo. La sposa raccoglie
qualcosa che pare un grumo di sangue, che in seguito sottopone all'esame del
suocero.
"E' un feto", conferma Piero,
ti ricoveriamo subito in ospedale, hai perso il bambino e occorre provvedere
alla Il
raschiamento - o curettage - che è una procedura chirurgica che si avvale dell'ausilio di una curetta (una sorta di cucchiaio tagliente) per
rimuovere una porzione di endometrio
od una massa anomala contenuta nell'utero,
affinché tu non abbia
infezioni.
Corsa in ospedale,
una sommaria visita e la data fissata per l'intervento alle ore 11 del giorno
dopo.
La mattina, dal letto
d'ospedale, la donna prova la solita nausea da gravidanza, quando le
infermiere portano il caffè alle puerpere: caffè, fumo di sigarette, pane
appena sfornato erano i segnali di una gravidanza in essere, perché alla donna
causavano nausea. Verso le 10 passa per una visita il suocero, e lei gli
chiede: - pensi che se aspettiamo ancora un giorno o due, prima del
raschiamento, i succeda qualcosa di brutto?
- "Perché me lo chiedi?"
- Perché provo ancora nausea verso alcuni
odori, forse non ho perso il bimbo!
- No, credimi, ho visto chiaramente il feto
che hai espulso, ma non succede nulla se aspettiamo ancora un giorno, vado a
parlare con il ginecologo, gli suggerisco altri accertamenti, e poi vediamo.
(il feto era un
fagiolino come nella foto ma non mi piace chiamarlo feto, per me è già un
bimbo! Feto mi pare un modo per allontanare il pensiero da ciò che è già, a
tutti gli effetti, un essere umano, una creatura destinata alla vita, non alla
morte immatura)
Quell’intervento non fu più eseguito: un bimbo continuava a voler essere messo al mondo, e quel feto abortito era il suo gemello. La gravidanza proseguì fino al termine, e nacque una bella bimba.
È una storia a lieto
fine, come tutte le favole, solo che è una storia vera. (mentre la foto è
falsa, nel senso che non si tratta della protagonista, ma solo di un'immagine
che mi è piaciuta).
Ve l'ho raccontata
per molte ragioni: quella voce maschile che chiamava "Mamma!" era di
certo un avvertimento, forse un addio del gemello che non sarebbe nato, ma
nello stesso tempo mise in allarme la futura mamma, la quale "sentiva"
che una vita era ancora dentro di lei. Se si fosse fidata del ginecologo, con
il raschiamento sarebbe stata portata via anche la creatura che aveva ancora in
grembo.
Altra circostanza da
non sottovalutare: il suocero che, solo un'ora prima dell'intervento, passò in
ospedale per una visita e, in veste di medico, poté convincere il chirurgo a
non intervenire.
Così ha salvato la
sua prima nipotina, e la salvò anche una seconda volta, quando la piccola aveva
quattro anni e piangeva dai forti dolori al pancino, con febbre altissima.
Ricoverata in un ospedale, quando sentì che i medici avevano diagnosticato
un'occlusione intestinale, il nonno suggerì di prenderla e portarla via subito.
Disse: "Se è qualcos'altro, per esempio un'appendicite o una peritonite,
con la terapia per l'occlusione la piccola muore". Il papà la avvolse nel
suo soprabito e la portò a casa di corsa, senza chiedere permesso ai medici. La
ricoverarono in seguito presso un altro ospedale, e lì con urgenza: i globuli
bianchi erano saliti vertiginosamente, non c'era da aspettare neanche un
minuto. La diagnosi fu: linfangioma policistico congenito incarcerato nelle
pelvi, più semplicemente, un tumore grosso come un'arancia, che era infetto e
aveva contaminato anche il peritoneo, causando una peritonite acuta.
Beh, io non credo al
caso, né al destino, credo nel Signore, che in queste occasioni è intervenuto
abbondantemente, credo nelle persone che operano con coscienza, come nel caso
del nonno-medico.
Sono convinta che
quella bimba era dentro un progetto più grande, dentro il Progetto della Vita.
Quella bimba è
cresciuta, si è laureata, è diventata sposa e madre, ha avuto tre figli maschi,
due sono la sua ragione di vita, la sua gioia, il terzo è ancora più
importante, se vogliamo: si tratta di Iacopo, quel bimbo voluto, portato a
termine malgrado la diagnosi di non sopravvivenza, un angelo in Cielo che
veglia sulla sua famiglia. (La storia la racconta la sua mamma)
Bastava un bisturi, e
non c'era la bimba, non ci sarebbero stati i suoi figli, neppure quel piccolo
angioletto in Paradiso!
Ancora una volta una
storia che finisce bene, perché tutte le storie nel cui interno c'è il Signore,
dimostrano un risvolto positivo, anche con gli inevitabili dolori che la
stessa esistenza umana comporta.
Non credete che sia
una storia vera? La (ex) giovane mamma sono io, la figlia salvata per un pelo,
la mia Valeria, e i suoi bimbi, i miei amati nipotini, compreso l'angioletto
Iacopo, che sarà felice perché la nonna ha narrato questa fiaba moderna,
testimonianza non solo dell'amore che vive certamente in tutti noi, quanto la
fede nel Signore misericordioso, fiduciosi del Suo intervento. La voce del
Signore a volte è un soffio leggero, talvolta grida "Mamma!” e mi ha così
insegnato che, ancor prima del parto, è la responsabilità più grande che noi
donne abbiamo, il dovere più impellente ma anche l'amore più grande!
Il feto (fagiolino,
come mi piace chiamarlo teneramente) non è un grumo di cellule: sei tu, sono
io, sono i nostri figli, i nostri genitori, i nostri amici, i nostri affetti, ci
avete mai pensato? Tutti lo siamo stati, prima di diventare ciò che oggi
siamo!
Noi non conosciamo il
futuro degli esseri che stanno per nascere, ma proprio per questo non dobbiamo
privarli della loro esistenza.
Anzi, dobbiamo fare il possibile per difenderla!
Danila
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