EFFETTI COLLATERALI

 


SOMMARIO OTTOBRE


EDITORIALE

 

La redazione - Effetti collaterali

pag. 3

CULTURE E RELIGIONI

 

E. Vavassori - Vangelo secondo Matteo (94)

pag. 7

LISISTRATA

 

G. Codrignani - Lisistrata e i Talebani

pag. 5

PAGINE APERTE

 

R. Orizzonti - Carceri, ospedali, RSA: ansia e solitudine

pag. 10

L. Berzano - Mondo nuovo

pag. 12

S. Sbragia - E se il Samaritano fosse passato prima?

pag. 13

L. Giario - Neocapitalismo. Egemonia reversibile? (1parte)

pag. 15

F. D. Capizzi - Carità e compassione

pag. 18

L. Tussi - La democrazia necessita di umanità

pag. 20

L. Borghi - Ammonite

pag. 23

POSTA DEI LETTORI

pag. 22

ELOGIO DELLA FOLLIA

pag. 24

 

EDITORIALE

a cura della

redazione

Effetti collaterali



Data: 08 Settembre 2021
Autore: a cura della redazione



Perdurando lo stato di emergenza sanitaria
dovuta alla pandemia/sindemia
da Covid-19, riteniamo utile
fare alcune brevi considerazioni sulle
conseguenze sociali che sta producendo
sulla società italiana. Il singolo, la
coppia, la famiglia si rendono conto di vivere
in uno stato di profondo isolamento, mentre
cercano, talvolta in forma inconscia, proprio
la relazione. Il distanziamento ha tra l’altro
tagliato le gambe a quei movimenti che, in
questo periodo, erano sorti spontaneamente e
che avevano risvegliato migliaia di persone
giovani e meno giovani chiamandole all’impegno
e alla lotta per un ambiente e per un
mondo migliore.

È una sensazione diffusa che esista una forte
dicotomia tra domanda e offerta a livello
sociale: si cerca infatti la prossimità e si trova
invece la lontananza; si cerca l’accoglienza e
si trovano le chiusure; al posto della collaborazione
si trova la competizione, e così pure,
al posto della coesione, della sicurezza e della
fiducia, si trovano rispettivamente la dispersione,
la precarietà e la diffidenza.

Questi veri e propri bisogni non rappresentano
un lusso, ma sono costitutivi dell’essere
umano. I social fanno spesso da risonanza a
questo malessere, che diviene sfogo indistinto
e può scadere facilmente nella violenza verbale
(e non solo, se pensiamo ai gravi episodi di
violenza NoVax e No GreenPass anti-giornalisti
e anti-scienziati e medici di fine agosto). Colpisce
in primo luogo l’uso di questa violenza
verbale nei rapporti tra le persone, nei mezzi
di comunicazione e nelle piazze; preoccupa il
linguaggio utilizzato, fortemente divisivo e non
certo funzionale alla realizzazione di un adeguato
dialogo e di un necessario confronto di
idee e di ricerca di possibili soluzioni.

Ci pare che spesso la violenza verbale nasca
dallo sposare idee preconcette che diventano
slogan, impedendo l’approfondimento e il confronto,
ed è anteriore agli eventi in quanto è
una modalità che attende gli eventi per potersi
manifestare. Il Covid-19, con le modalità per
contrastarlo, è uno di questi eventi, ma lo è
anche l’immigrazione e l’uscita dall’ombra
delle persone LGBT. Si direbbe che la violenza
si sia radicata negli animi e attenda solo l’occasione
per esplodere. Perciò un evento come
il covid offre alla violenza l’opportunità di
emergere. Una violenza più espressa che agìta,
o almeno non più agìta che in passato. Un’umanità
che sembra stia diventando più rancorosa.
Il linguaggio violento danneggia la persona
e deteriora le relazioni. Si provocano ferite che
lasciano cicatrici. Nel discorso politico, in particolare,
si evidenzia il linguaggio violento,
proprio perché sono molti i politici che, senza
alcuna remora, sono soliti utilizzarlo. Ma le
parole pesano. Il linguaggio verbale è il segno
dell’evoluzione della specie umana. Attraverso
di esso si filtra e si comprende la realtà. In
un appunto del suo diario personale (“Tracce
di cammino”, Qiqajon 2006, pag. 131), Dag
Hammarskjöld, segretario Onu e premio Nobel
per la pace, scrive: “Rispettare la parola è
la prima regola nella disciplina che può educare
una persona alla maturità intellettuale,
emotiva e morale. Rispettare la parola, usarla
con estrema cura e incorruttibile amore per la
verità, ecco una condizione perché maturino
la società e la specie umana. Abusare della
parola equivale a disprezzare l’essere umano.
Mina i ponti, avvelena le fonti, ci rimanda indietro
nella lunga via dell’evoluzione umana”.

L’uso di un linguaggio violento, già in atto,
come detto, da tempo nella politica di destra
più o meno estrema, interessata maggiormente
alla ricerca del consenso e ai risultati elettorali, purtroppo
comincia a contagiare anche ambienti di una
sinistra, che soffre da anni di carenza di progettualità,
e di una certa frustrazione che appare ancor più rilevante
in questa fase di pandemia-sindemia. È doloroso
osservare che, anche tra persone e ambiti con i quali
condividiamo lotte e speranze, il linguaggio utilizzato
sia spesso fortemente divisivo e non funzionale alla
realizzazione di un adeguato dialogo e di un necessario
confronto.

Paradossalmente, da parte di chi è contrario alla vaccinazione
e alle diverse misure di contenimento del contagio,
si fa presente con molta forza il rischio di perdita di
democrazia, nel senso soprattutto di una erosione dei diritti
politici e delle libertà civili. Ci sembra che venga
invocata una libertà dimezzata privando della libertà l’altra
metà, il che equivale a sopprimere il concetto stesso
di libertà. Gli insegnanti che rivendicano la libertà di non
vaccinarsi, devono concedere la libertà agli studenti e
famiglie di non presenziare alle loro lezioni. La libertà
per essere tale non può chiedere di limitarla ad altri.

Riteniamo che questi rischi siano oggettivamente presenti
in quelle situazioni territoriali già in situazione
critica negli anni precedenti alla pandemia. Continuiamo
perciò a vedere oggettivi pericoli per la democrazia
nei paesi del sud del mondo, poveri da sempre e impoveriti
per interessi spesso inconfessabili dei pochi nostri
paesi ricchi.

Tornano alla ribalta inoltre le diverse tesi complottistiche
di vecchia e nuova data, presentate come vere,
oggettive ed operative rispetto all’attuale realtà quotidiana.

È fuor di dubbio comunque che la gestione della componente
sanitaria della pandemia, finalizzata alla protezione
e alla cura dei soggetti contagiati dal virus e in
ultima analisi alla prevenzione delle morti, dovrebbe intrecciarsi
intimamente con la componente sociale, finalizzata
al continuo rafforzamento dei valori della convivenza
civile. Il dialogo, come l’amicizia e la solidarietà
d’altronde, non è una condizione data una volta per tutte
ma deve essere continuamente incoraggiata, stimolata,
vissuta, sperimentata, valorizzata.

Allo stesso modo di tutte le caratteristiche umane,
abbiamo la responsabilità di imparare ad essere e diventare
ogni giorno sempre più umani, pena la nostra
sconfitta personale e collettiva e così pure del nostro
intero pianeta. Riusciremo a contrastare gli effetti collaterali
della pandemia da Covid-19 e diventeremo più
umani, se faremo ricorso alla fraternità e alle azioni
concrete conseguenti, se renderemo credibili i tempi
della fraternità, per gli abbandonati lungo le rotte della
speranza, per tutte e tutti.

ARCHIVIO A DISPOSIZIONE

Tempi di fraternità da dicembre 1994 a maggio 2020 disponibile su Google Drive senza limitazioni o account

Link:  https://drive.google.com/open?id=1hC-HLqfLn5VEG2PhkRZIfjYxmEgIyRSD

A partire dal 1° ottobre 2021, l’Archivio storico di Tempi di fraternità è stato modificato. Chiunque fosse interessato alla

consultazione, può farlo con un accesso al link seguente: https://tinyurl.com/9pmv46u9

Oltre a tutti i fascicoli pubblicati da dicembre 1994 a giugno 2020, sono disponibili

 gli inserti estemporanei;

 i bollettini semestrali di Noi Siamo Chiesa;

 la raccolta delle rubriche periodiche ordinate per autore.

 

 

 

donne e uomini in ricerca e confronto comunitario

Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 2448 dell’11/11/1974

Direttore responsabile Angela LANO

Sito web: www.tempidifraternita.it

posta: tempidifraternita@tempidifraternita.it


VEDI ANCHE:

https://www.senzafine.info/2021/06/gli-scarti-agli-scartati-da-tempi-di.html

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