CONTRO IL CARBONE

 Stefano Milano - LA LOTTA DEI COMITATI SAVONESI CONTRO IL CARBONE... | Facebook


LA LOTTA DEI COMITATI SAVONESI CONTRO IL CARBONE NON E' STATA VANA: IERI SI E' SENTENZIATO CHE NON C'E' NESSUN COLPEVOLE, MA PER FORTUNA NON SI BRUCIA PIU' CARBONE.
.
.
Valeria e Agostino non ci sono più, i tumori li hanno portati via. Non potranno così leggere la notizia di ieri: gli allora dirigenti della centrale a carbone Tirreno Power tutti assolti dall'accusa di disastro ambientale. Nessun colpevole. 
Loro due erano i primi a essersi occupati della centrale, da loro è scaturito il primo nucleo storico dei comitati savonesi che si sono battuti contro il carbone, a loro dobbiamo molto quando nel 2010 in poche decine ci siamo presentati alle porte del Palazzo di Giustizia a consegnare il primo esposto da cui poi è partito tutto: indagini, perizie, responsabilità, sequestro dei gruppi.
.
La storia quarantennale delle ciminiere di Vado è stata soprattutto una storia italiana di compiacenza e di doverismo, di tangenti (ai tempi dell'Enel), di silenzi e omissioni, ma soprattutto di una disarmante mancanza di empatia sulla sofferenza delle persone e di lungimiranza sui beni comuni. 
Il Procuratore Capo Granero aveva detto che “in diecimila intercettazioni, non c'era uno che si preoccupasse della salute dei cittadini”. Tutti a favore di vento, nessun colpevole. E il veleno che usciva a 200 metri di altezza secondo alcuni non si 'diffondeva', ma semplicemente si 'disperdeva': nessun nesso diretto con le patologie, nessun danno quindi.
.
Ma è stata una storia solo apparentemente impersonale: in realtà ha avuto molti volti.
.
Persone che si sono “sporcate le mani di sangue” (frasi pronunciate da alcuni dirigenti che redigevano il progetto di ampliamento della centrale), persone che hanno nascosto i dati sanitari, che hanno perseguitato medici, che hanno concesso delle vere ‘autorizzazioni a inquinare’.
.
Poi c'erano persone che sono state a guardare, o che si sono girate dall’altra parte, perché avevano le famose ‘cose più importanti da fare’.
.
Ma ci sono state anche persone che hanno detto no a tutto questo, che si sono radunate in pochi, senza interesse ma spinte solo da senso civile, per riscattare tutto questo. 
Non solo Valeria e Umberto, quindi. Anche cittadini come Gianfranco di Uniti per la Salute, che passava le notti a studiare i documenti. Come il giornalista del Secolo XIX Giovanni (mancato qualche giorno fa) querelato da Tirreno Power per i suoi articoli. Come il Presidente dell'Arci Giovanni, che ha smosso il mondo dell’associazionismo avvicinandolo al problema, pagando anche lui con ritorsioni. Come Eric, Franco, Mariuccia, Renzo, Marco, Maurizio, Mario, Giancarlo. E altri.
Era un dovere civico verso la nostra comunità, ma anche verso noi stessi.
.
Ieri abbiamo perso in tribunale. Forse non abbiamo perso solo noi, forse hanno perso un po' tutti. 
Ma la vittoria, quella vera però, c'era già stata. E' datata 11 marzo 2014, quando i carabinieri sono entrati nella centrale e imposto la decisione di un Giudice: fermate quei gruppi. Il GIP nell'ordinanza scriveva di “ingente danno alla salute provocato dal dimostrato aumento del ricoveri ospedalieri e del numero dei decessi”. 
Da nove anni e mezzo quindi non si brucia più carbone a Savona. Se teniamo conto dello studio del CNR (che parlava del +49% di mortalità nel territorio) molti presumibilmente hanno potuto festeggiare l’allungamento della loro aspettativa di vita (che sono emozioni, esperienze, sorrisi in più da sperimentare). 
.
.
Come dicevamo, i primi incontri contro la centrale ci sono stati decenni fa: qualche residente, due medici, e poco altro. La voglia di capire di pochi, la ricerca disperata di dati, che non a caso mancavano. 
Ma è stata una battaglia durissima. Perché a Savona il carbone era la 'normalità', un fattore identitario da più di 40 anni. Non esisteva più la percezione del pericolo: si bruciavano cinquemila tonnellate di carbone al giorno, in mezzo alle case, alle scuole, agli asili. Vivendo sotto le ciminiere.
Un'azienda (prima l'Enel, poi Tirreno Power) era entrata lentamente sottopelle nel tessuto sociale: molti gli assessori o i parenti assunti, molte attività sportive sponsorizzate, grandi spazi pubblicitari sui media, grandi slogan. Il più usato era: “Per crescere insieme”. Una fiducia totale: l’azienda monitorava da sola i livelli di inquinanti che uscivano dalle ciminiere, senza sostanzialmente controllo pubblico. 
Qui il carbone si controllava da solo.
.
D'altronde lo sappiamo: in questi casi le industrie energetiche spesso fanno un bieco calcolo economico, ovvero investire sulla 'percezione del reale' costa molto meno che farlo sul 'reale'. E’ così spesso riescono a spendere solo pochi milioni, investendo soprattutto sull’immagine (stabilimenti con il colore del cielo terso in mezzo a palme rigogliose, solo piccole migliorie, lavaggio dei fumi, pubblicità, sponsorizzazioni, ecc) evitando così di fare i dovuti ma costosissimi investimenti di decine e decine di milioni sul miglioramento ambientale. E' così si riesce a incamerare centinaia di milioni di profitti, mentre magari intorno la gente si ammala.
.
Troppi avevano un qualche interesse a remare dalla stessa parte, dalla parte sbagliata. Il sistema reggeva solo nascondendo o contrastando sistematicamente il dato sanitario, come è emerso anni più tardi. Una inquietante 'gestione del consenso'.
.
Solo 13 anni fa, la lotta dei comitati ha incominciato ad avere un approccio organico e organizzato. Si sono incominciati a raccogliere dati, a inviare diffide, a raccogliere fondi per sensibilizzare la popolazione con manifestazioni e convegni. Si è scoperto che in Provincia in 16 anni erano state riscontrate più di 2.600 morti premature in più rispetto alla media regionale. Che le patologie del cuore a Vado e Quiliano erano + 53% più alte (se in Liguria capitavano due infarti, a Vado e Quiliano ne capitavano tre). Un 11 settembre, ma a rallentatore. E nessun ente pubblico voleva spiegare il motivo.
Nel frattempo, emergevano anche i dati di inquinamento lichenico rilevati dalla stessa azienda (e tenuti nascosti alla cittadinanza per 6 anni), con valori (di mercurio, arsenico, cadmio, cromo) di gran lunga i più elevati mai riscontrati in Italia. 
Poi le ritorsioni: i medici e i giornalisti che venivano querelati e ostacolati nelle carriere.
.
Ma i comitati e le associazioni, poi riunitesi nella Rete fermiamo il carbone, nel frattempo crescevano, di pari passo con la loro consapevolezza: da lì i primi contatti con avvocati nazionali esperti in diritto ambientale, le prime perizie, i ricorsi al TAR, la raccolta delle cartelle cliniche: 180.000 euro di soldi spesi da singoli cittadini per la ricerca della verità, fino ai due corposi esposti che avevano portato all’apertura del primo fascicolo da parte della Procura di Savona, e poi al sequestro giudiziario dei gruppi, unico caso al mondo.
.
Tutti questi sforzi non sono stati vani: si è sentenziato che non c'è nessun colpevole, ma per fortuna non si brucia più carbone.
.
La nostra storia dimostra come ancora oggi nel ventunesimo secolo un gruppo di persone possa impegnarsi per sé e per gli altri, e far valere diritti collettivi contro potentissimi colossi economici e i loro referenti politici.
Ieri come domani.

Commenti

Post popolari in questo blog

LA PIU' BRAVA DEL REAME: SAMINA ZARGAR

CONSIDERAZIONI SEMISERIE SULLA MIA DEMENZA SENILE di Renata Rusca Zargar

CASA GREEN