COOPERAZIONE INTERRELIGIOSA FONDAMENTO DI PACE

COOPERAZIONE INTERRELIGIOSA COME FONDAMENTO DI PACE




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Cooperazione Interreligiosa: Fondamento per la Pace e la Coesione Sociale” è il tema del webinar tavola rotonda svoltosi lunedì 5 febbraio 2024, per celebrare la Settimana Mondiale dell’Armonia tra le Fedi e la Giornata Internazionale della Fratellanza Umana.

Organizzato dall’Associazione Interreligiosa per la Pace e lo Sviluppo (IAPD-Italia), un progetto di Universal Peace Federation (UPF-Italia), l’incontro è stato aperto con il saluto di Carlo Zonato, presidente di UPF. “La federazione - ha spiegato - riconosce come primo valore fondante la consapevolezza della dimensione spirituale nella vita di ognuno di noi, che ci lega con vincoli di fraternità e di appartenenza a un’unica Famiglia umana. Questa dimensione può ispirare la nostra coscienza a vivere per il bene altrui e per il bene più grande”.

Ha poi presentato la IAPD che, ha spiegato, “intende favorire il dialogo e la cooperazione tra le diverse fedi, promuovere e coltivare il valore della spiritualità nei vari settori della società e cooperare insieme ai governi e alla società civile per costruire ‘Una Famiglia Umana collegata con Dio’”.

Moderatrice dell’incontro, Maria Gabriella Mieli, relazioni esterne di UPF, che dopo aver citato una frase del Segretario Generale delle Nazioni Unite, che esortava a “tracciare insieme un percorso verso un mondo più pacifico, giusto e più armonioso per tutti”, ha presentato il primo relatore, il Rev. Francesco Barile, Vescovo Primate Luterano.

Il presule ha esordito affermando che “spesso le confessioni religiose sono state occasione di contrapposizione e di guerre sanguinose dovute all’egoistica presunzione che la propria religione fosse l’unica delegata da Dio per rappresentare la verità”. Per il vescovo gli antidoti ai fondamentalismi sono la fede sincera rivolta al Mistero e il riconoscimento del patrimonio di valori comuni di tutte le religioni e sapienze del mondo. Ha proseguito spiegando che libertà di religione “significa affermare che il fatto religioso appartiene all’intima costituzione della persona umana e non può essere oppresso o strumentalizzato”. Ha esortato le fedi a “non rinunciare al compito urgente di costruire ponti tra popoli e culture”, nella consapevolezza che “il Creatore desidera che ci siano vincoli di fratellanza tra tutti gli uomini”. La via, ha ricordato è “la strada ecumenica che porta al rispetto delle tradizioni religiose e degli altri credenti”.

Don Valentino Cottini, sacerdote diocesano di Verona, ha aperto l’intervento citando Papa Francesco: “Non restiamo più cristiani da sacrestia o da salotto, ma sentiamoci chiamati a diventare portatori della speranza e della guarigione di Dio”. Parole d’incitamento per tutti i cattolici, ha spiegato, come l’incipit della dichiarazione di Abu Dhabi, siglata da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib: “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e amare”. Durante la pandemia, ha ricordato, la Caritas e molte altre organizzazioni di fedi diverse e di volontariato hanno prestato assistenza a chiunque “senza farla precedere da una bandiera”. Atteggiamenti capaci di piantare semi di pace perché ogni persona è un’immagine filiale di Dio. “Lo dico come prete cattolico che riconosce in ogni espressione religiosa una ricerca e una manifestazione del divino che si esprime nell’umano”. Ha terminato esortando a “uscire per le strade del mondo a seminare semi di carità e di pace”.

Secondo Francesco Canale, Pastore evangelico di ‘Equippers Church’, “la collaborazione interreligiosa è il risultato di una virtù, è il frutto di un seme che dobbiamo piantare nei nostri personali terreni. E quel seme è la misericordia, come la definisce nostro Signore”. Ha fatto poi riferimento alla parabola del Figliol prodigo, dove i due figli rappresentano due modi immaturi di rapportarsi con Dio, specchio della polarizzazione del nostro tempo: i ribelli che hanno smarrito il contatto con la loro dimensione spirituale, e coloro i quali praticano una fede dogmatica e non comprendono l’amore del Padre. La tolleranza e la misericordia possono fare la differenza in entrambi i casi. Ha terminato affermando che “l’amore di Dio Padre può trasmetterci quella compassione e quella disponibilità d’animo per portare avanti un percorso di cooperazione e di coabitazione senza pesi, senza problemi e senza ipocrisie.”

Padre Jacques Serge Frant, Monaco della Chiesa Melchita Greco-cattolica, riferendosi alla prima frase della Dichiarazione di Abu Dhabi ha fatto osservare che è rivolta a tutta l’umanità, “perché ogni essere umano a prescindere dalla propria religione sia riconosciuto come fratello”. Ha esortato a passare dalla legge vissuta solo letteralmente alla pratica del suo spirito più profondo che è l’amore, e auspicando che la cooperazione interreligiosa non resti indifferente al grido dei poveri e all’ingiustizia. “I credenti che entrano in politica - ha ammonito - non devono fare della propria religione un’ideologia politica, perché il fondamentalismo è la più grande perversione della religiosità”. Per il monaco la reciprocità della regola d’oro è la base essenziale del moderno concetto dei diritti umani e di una coesione sociale sostenibile. “Ma siamo pronti a vivere questa dimensione?”.

Dopo lo stacco musicale dal titolo “Pray for Peace”, di Reba Mc Entire, la tavola rotonda è proseguita con l’Imam Nader Akkad della Grande Moschea di Roma il quale ha ricordato due eventi: l’incontro di San Francesco con il Sultano Malik al-Kamil, in cui due persone di fedi diverse sono riuscite a trovare una fraternità anche durante le Crociate. E l’incontro di Abu Dhabi nel corso del quale è stato siglato il documento sulla Fratellanza Umana, cui è seguita l’enciclica Fratelli Tutti. Ha proseguito citando due versetti del Sacro Corano - che fondano la cooperazione tra le fedi sulla carità e la pietà e sull’esortazione a gareggiare in opere buone per tornare a Dio. E spiegato due narrazioni profetiche che invitano a collaborare nel bene, anche se costa fatica e a essere cemento nella costruzione della casa comune della pace. Terminando ha ricordato che “un dialogo che porti a buone azioni non deve limitarsi alle conferenze, ma scendere in campo per un dialogo incarnato”.

Per Tenzin Khentse, Monaco buddista tibetano “la vera spiritualità è vedere nell’altro un fratello da sostenere e amare”. ‘Altro’, ha spiegato, non è solamente il fratello umano, ma tutto ciò che ci circonda. Tutto l’esistente è manifestazione del divino, è fratello e parte di me. Ha poi citato una frase a lui cara: “Più di due mani giunte in preghiera è importante una mano sola tesa verso l’altro”. Tendere la mano ha un valore universale ed è un gesto d’amore. Ha poi narrato un breve racconto che evidenzia che “quello che conta più di tutto è il cuore di chi nell’umiltà sa mettersi a disposizione degli altri”. E ricordato che nessuno in assoluto desidera la sofferenza, ma tutti anelano al raggiungimento della felicità e della serenità. “Questo ci rende più di ogni altra cosa tutti fratelli. Responsabilità di ognuno è essere chi con amore compassionevole crea la possibilità all’altro di non soffrire e di essere felice”.

Parlare oggi di pace è sempre più difficile, ma anche sempre più necessario”, esordisce Sergio Coscia, direttore della Federazione delle Famiglie di Torino, e “noi tutti siamo chiamati in causa poiché credenti e parte della grande famiglia umana”. Che cosa possiamo fare, come dimostrare la nostra buona volontà come credenti senza che i nostri discorsi rimangano solo parole? Per Coscia “se vogliamo indurre un cambiamento positivo, dobbiamo cooperare e dimostrare nei fatti che abbiamo i numeri per costruire un mondo migliore”. E’ un cammino in salita, riconosce, ma praticabile. E’ necessario, spiega, che i rappresentanti delle diverse fedi manifestino un sempre maggiore legame fraterno fra loro e un autentico slancio solidale di amore incondizionato per gli altri, senza distinzioni. È questa dedizione che permetterà che il vero amore, che è l’essenza del Creatore onnipotente, si stabilisca come una concreta realtà”.

Il programma si è concluso con Franco Ravaglioli, Vicepresidente di UPF, che ha condotto la sessione di domande e risposte, e con Maria Gabriella Mieli che ha citato una frase pronunciata da Papa Francesco nell’incontro interreligioso del settembre scorso: “Le religioni sono chiamate a offrire al mondo quell’armonia che il progresso tecnico da solo non può dare perché, mirando alla dimensione terrena, rischia di dimenticare il cielo per il quale siamo fatti”.

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