UDI 25 Novembre


Il bel film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani” rappresenta bene la violenza, e non solo quella fisica, che le donne sono state costrette a subire all’interno del sistema patriarcale. 

La storia del film è ambientata nella realtà difficile dell’Italia del dopoguerra e la speranza di un domani diverso è affidata al diritto di voto, la cui conquista fu soprattutto merito della nostra associazione e del CIF. Da allora grazie anche alle lotte dell’UDI la condizione delle donne è migliorata notevolmente ma ancora molto dobbiamo fare e pretendere perché, venuta al mondo la libertà femminile, le donne siano davvero in grado di agirla.


Dall’inizio dell’anno sono già ben oltre 100 i femminicidi e purtroppo tendenzialmente non calano rispetto al passato. Siamo tutte scosse dal ritrovamento del corpo di Giulia, la ragazza di Vigonovo sequestrata e ferocemente assassinata dall’ex fidanzato, catturato poi in Germania mentre era in fuga.

I dati sul femminicidio sono agghiaccianti e mostrano con chiarezza che i diritti sono necessari ma non sono sufficienti a modificare in profondità la relazione uomo - donna. Spesso dimentichiamo che veniamo da una storia e una cultura millenarie che hanno segnato donne e uomini, prescrivendo il loro modo di essere, di agire, perfino di pensare, attraverso la rigida costruzione dei due generi: maschile e femminile in cui il maschile rappresentava il suprematismo. Le donne, grazie al lavoro fatto anche dentro di sé, si sono sottratte ai condizionamenti del genere e al dominio patriarcale. Ma gli uomini non sanno confrontarsi con la libertà femminile e di fronte ad una donna che dice no, usano la violenza per riconfermare il loro dominio. D’altronde il patrimonio culturale androcentrico che viene ancora oggi trasmesso a scuola, acriticamente, legittima la violenza maschile sulle donne. Basti pensare a cosa può significare per dei ragazzi e delle ragazze la lettura in classe della Lupa di Verga se non è accompagnata da una adeguata visione critica del contesto patriarcale in cui è stata scritta. È necessario, prima di aggiungere nuove discipline, che le/i docenti siano in grado di analizzare criticamente la loro pratica didattica e pedagogica e gli stessi contenuti delle discipline che insegnano, alla luce della rivoluzione compiuta dalle donne e dei saperi da loro elaborati. Occorre quindi investire nella scuola e nella formazione delle/dei docenti per decostruire l’ordine maschile del sapere. Purtroppo si va in direzione opposta, continuando a smantellare la scuola pubblica e votando leggi sulla violenza maschile senza politiche per la prevenzione e a costo zero o, detto con più eleganza, ad invarianza economica.

Il femminicidio è l’apice di una violenza culturale e simbolica che svalorizza l’essere donna, minimizzando le sue competenze e i suoi saperi.

È violenza costringere una donna a fare salti mortali per conciliare lavoro e maternità dal momento che la società non è organizzata in base alle sue necessità.

È violenza nascondere che circa un terzo del PIL proviene dal lavoro gratuito non riconosciuto che le donne sono costrette a svolgere in mancanza dei servizi sociali. In più le donne fanno risparmiare lo Stato sia perché delinquono meno (un carcerato costa allo Stato 137 euro al giorno), sia perché dopo aver versato i contributi, che rimangono nelle casse della previdenza, non arrivano al minimo pensionabile. Nonostante questo, hanno stipendi più bassi e sono maggiormente esposte al rischio povertà ed esclusione sociale, oggi, come dice il rapporto Caritas 2023, molto alto, essendo anche venuto meno per molte il reddito di cittadinanza. Inoltre, essendo le donne più degli uomini impegnate in lavori precari, è aumentata la percentuale di donne morte sul lavoro a causa della mancanza delle necessarie misure di sicurezza.

Pagina davvero triste e vergognosa del nostro paese! Come è triste e vergognoso che questo paese non riesca ad affermare il diritto di protezione alla vita dei bambini da padri violenti che si vendicano con i figlicidi, la strage degli innocenti.

È violenza contro le donne non riconoscere l’importanza del legame tra la madre e la creatura che viene al mondo, nonostante tutti gli studi lo confermino, e con una riforma rendere facoltativa e non più vietata la pena detentiva per le donne incinte e con figli piccoli.

C’è del sadismo nella proposta di legge d’iniziativa popolare del movimento Pro vita che intende obbligare le donne che decidono di abortire ad ascoltare i battiti del cuore del feto per rendere più dolorosa la necessità di ricorrere alla legge 194, già di difficilissima applicazione per l’altissima obiezione di coscienza. Ancora una volta una visione misogina e punitiva che considera le donne delle irresponsabili. Le donne sanno invece bene quello che fanno! In questo momento storico segnato da epidemie, disastri climatici, guerre, volute e dichiarate dagli uomini, che massacrano i civili, tra cui molti bambini e distruggono la natura e tutto ciò che si è edificato in anni e anni di fatica, non mancherebbe certo lavoro per chi vuole davvero proteggere e curare la vita!

Tante, troppe cose limitano pesantemente la libertà delle donne e offendono la loro dignità. Negli ultimi tempi ci sono state sentenze oscurantiste, intrise di sessismo, che lasciano senza parole, ancora di più perché in alcuni casi emesse da giudici donne.

Questo per ricordarci la difficoltà anche per noi donne di scrollarci di dosso millenni di patriarcato.

Il 25 novembre non è quindi per noi una ricorrenza di un giorno, ma l’impegno di tutta una vita. Sempre!

Angelica Lubrano
Presidente UDI Savona

 

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