PLASTICA IN MARE
Ecologia oceanica. Video di Boyan Slat, il 26enne che sta ripulendo gli oceani dalla plastica (di A. Martinengo)
“Il genio è ispirazione per l’1 percento e sudore per il 99 percento”, sosteneva Thomas Edison, brillante inventore statunitense che nel 1879 brevettò la lampadina a incandescenza.
Lo sa bene Boyan Slat, olandese, classe 1994 che sta ripulendo gli oceani dalla plastica con la sua installazione galleggiante. Risponde alle domande di A. Mattanza. “Ho cominciato a inventare cose quando ero bambino” racconta a Delft, dove vive. I suoi uffici hanno invece sede a Rotterdam. “Di solito viaggio per gran parte dell’anno. Sono spesso a San Francisco e nella Silicon Valley, anche se la pandemia ha reso tutto molto difficile”, confessa.
Boyan è sempre stato appassionato di spazio: per questo si iscrisse alla facoltà di ingegneria aerospaziale. Ma altrettanto affascinante, per lui, è l’universo del mare. “A sedici anni andai in Grecia per imparare a fare immersione”, racconta. “Rimasi talmente deluso quando scoprii che in acqua c’erano più sacchetti di plastica e rifiuti che pesci… Da allora, pulire i mari e gli oceani è stata la mia ossessione”. Così Boyan cominciò e si dedicò completamente a un progetto che è diventato ormai la sua missione. “Nel 2012 presentai la mia idea alla TEDx conference”, ricorda. “In seguito passai molti mesi a discutere con scienziati, ingegneri, professori ed esperti del settore tecnologico”.
Un giovane fantastico, un esempio da seguire
Il potere della folla è ciò che ha portato nel 2013 The Ocean Cleanup all’inizio del successo della sua Startup. La sua idea divenne virale su internet, cosa che gli permise di raccogliere il denaro per realizzarla. Nel 2013, con 80mila dollari provenienti da un crowdfunding, fondò The Ocean Cleanup, un’organizzazione no-profit, basata su una sua invenzione: un raccoglitore di immondizia galleggiante da installare direttamente in mare. Nel 2014 lanciò una seconda campagna e raccolse circa 2,2 milioni di dollari. Al momento la sua organizzazione ha ottenuto fondi in Europa e nella Silicon Valley per decine di milioni di dollari. “Tra i nostri donatori ci sono Marc Benioff, che ci ha supportato fin dal principio con la Benioff Ocean Initiative, The Bennink Foundation e Julius Bear Foundation”, spiega Boyan. “I nostri partner includono Maersk, Latham & Watkins e Deloitte”.
- Alla Ocean Cleanup sviluppano tecnologie avanzate per liberare gli oceani dalla plastica
“Ogni anno milioni di tonnellate di plastica entrano negli oceani, di cui la maggior parte fuoriesce dai fiumi. Una parte di questa plastica viaggia verso i rifiuti oceanici, rimanendo intrappolata in un vortice di correnti circolanti. Se non viene intrapresa alcuna azione, la plastica avrà un impatto crescente sui nostri ecosistemi, sulla salute e sulle economie”.
- Mirano a ripulire il 90% dell’inquinamento da plastica oceanica
“The Ocean Cleanup è un’organizzazione senza scopo di lucro che sviluppa tecnologie avanzate per liberare gli oceani dalla plastica. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo lavorare su una combinazione di chiusura della sorgente e ripulitura di ciò che si è già accumulato nell’oceano e non va via da solo. Questo obiettivo significa che intendiamo chiudere gli affari: una volta completato questo progetto, il nostro lavoro è finito”.
- Pulendo l’Oceano
“The Ocean Cleanup sta sviluppando un metodo di pulizia passivo, che utilizza le forze oceaniche naturali per pulire rapidamente ed economicamente la plastica già negli oceani. Con una flotta completa di sistemi di pulizia nel Great Pacific Garbage Patch, miriamo a ripulire il 50% della sua plastica ogni cinque anni”.
- Intercettano la plastica nei fiumi
“The Ocean Cleanup ha sviluppato la prima soluzione scalabile per intercettare in modo efficiente la plastica nei fiumi prima che raggiunga gli oceani. Affrontando 1000 fiumi in tutto il mondo, miriamo a impedire all’80% della plastica di entrare negli oceani entro cinque anni dal lancio”.
Tra altri riconoscimenti, Boyan è stato inserito tra i Champions of the Earth dal Programma per l’ambiente delle Nazioni unite, è stato selezionato per il Thiel Fellowship, un programma avviato nel 2011 dal co-fondatore di Paypal Peter Thiel, e nel 2018 è stato premiato come European Entrepreneur of the Year del Leonardo Da Vinci international Art Award e da Euronews. È stato inoltre incluso, nel 2016, nei 30 under 30 di Forbes. Ma le parole visionarie di Boyan lasciano immaginare che lungo il suo percorso arriveranno ancora tanti riconoscimenti e successi.
Lei è un inventore prima di tutto. Come è nata l’idea di creare The Ocean Cleanup?
“Fin da bambino ho sempre amato il Mediterraneo. Il mare è un universo da scoprire, in cui vivono tante creature meravigliose. La mia delusione, quando scoprii quanto era inquinato, fu enorme e mi fece riflettere. Una domanda, in particolare, mi tormentava: ‘Perché non possiamo pulirlo?’. Nella ricerca di una soluzione, ebbi l’idea di servirmi della tecnologia moderna per sfruttare le correnti. Le mie invenzioni e i miei sistemi di pulizia si basano infatti su forze naturali. Sia la plastica che il sistema vengono trasportati dal vento, dalle onde e dalla corrente. Utilizzando un’ancora marina per rallentare il sistema, la plastica può essere trattenuta e catturata”.
Come mai si è focalizzato sulla plastica?
“Alluminio e carta sono in qualche modo solubili e possono essere riciclati facilmente. Cosa impossibile con la plastica”.
Lei ha subito anche diverse critiche. In particolare nel dicembre 2018, quando il suo primo collettore di immondizia – System 001, detto Wilson come l’amico di Tom Hanks in Cast Away – subì un malfunzionamento meccanico sulla Great Pacific Garbage Patch.
“Fin dal principio mi sono ispirato a Orville e Wilbur Wright. La loro applicazione del metodo scientifico all’invenzione di tecnologie mi ha sempre ammaliato, perché era nuova e innovativa per i loro tempi. I fratelli Wright mi hanno sempre affascinato anche per la loro capacità di non mollare mai e di continuare a seguire le loro idee, anche quando i progetti non funzionavano appieno ed erano tutti contro di loro. Penso che le critiche facciano parte dell’esistenza di ogni inventore. Occorre imparare dai propri errori come dai propri successi. Quell’esperienza ci ha portato a perfezionare e rielaborare ancora di più il nostro progetto. Certe azioni più semplici, la pulizia di una spiaggia dai rifiuti, sono senz’altro utili. Ma progetti su larga scala come il nostro – seppure spesso difficili da realizzare in principio, per via della tanta sperimentazione che richiedono – possono portare a risultati incredibili”.
Nel 2020 The Ocean Cleanup ha ricevuto una donazione di un milione di dollari dalla Benioff Ocean Initiative. Servirà a impedire alla plastica di raggiungere l’oceano alla Sandy Gully, nel cuore di Kingston Harbour, in Giamaica.
“Con il mio Team svolgiamo costanti ricerche su come ripulire gli oceani dalla plastica e ci siamo resi conto che è molto importante andare alla fonte di tutto: i fiumi. Quest’anno abbiamo anche avviato una partnership con Konecranes per ripulire mille fiumi tra i più inquinati al mondo e produrre una serie di Interceptor, la nostra invenzione per estrarre la plastica dai fiumi prima che entri nell’oceano”.
Dove si concentrano ora le vostre attività?
“Pensiamo di lanciare un altro progetto a Vancouver. Siamo stati un po' meno presenti sulla Costa Ovest degli Stati Uniti quest’anno, perché ci siamo focalizzati su molti fiumi asiatici molto inquinati, in paesi come Malesia, Indonesia, Vietnam e Thailandia. Abbiamo una mappa sulla nostra webpage, dove si possono seguire i nostri progressi in tutto il mondo”.
Al tempo stesso, avete anche realizzato il primo prodotto fatto con la plastica degli oceani.
“Abbiamo costruito occhiali da sole con la plastica recuperata e riciclata dai rifiuti della Great pacific garbage patch. Il 100 percento del ricavato andrà alla nostra no-profit, per continuare nella nostra operazione di pulizia e per avviare nuovi progetti. I proventi di un singolo paio di occhiali da sole permettono la pulizia di un’area di oceano grande quanto 24 campi di football”.
Lei crede molto nel potere della tecnologia.
“La tecnologia mi ha sempre ossessionato” e sorridendo, afferma: “…amo la Silicon Valley perché è l’unico posto al mondo in cui mi hanno detto che non pensavo ancora abbastanza in grande”.
“Penso che l’umanità abbia fatto importantissimi progressi grazie alla tecnologia, ma non per quanto riguarda l’ambiente. In quel senso, non siamo progrediti, ma regrediti, provocando danni incredibili alla Terra. Ora bisogna trovare soluzioni, perché – a quanto sappiamo – abbiamo solo un pianeta. Dobbiamo impegnarci quindi per creare una società sostenibile, altrimenti i nostri progressi saranno compromessi per sempre e si trasformeranno in un grande fallimento.
Per il mio progetto auspico una tecnologia che mi aiuti a pulire ancora meglio le acque. Occorre agire immediatamente e su una scala quanto più ampia possibile. Ciò significa che dobbiamo separare lo sforzo umano dall’impatto umano e, ancora una volta, questo è possibile solo attraverso la tecnologia. The Ocean Cleanup, ad esempio, è un gruppo di sole cento persone. Senza tecnologia, non potremmo mai intaccare in modo significativo il problema dell’inquinamento da plastica. Grazie alla tecnologia, anche un piccolo gruppo di persone può avere un impatto reale”.
Quali sono le soluzioni migliori per la crisi ambientale che stiamo affrontando?
“Penso che la tecnologia possa aiutare a creare un mondo in cui le scelte per l’ambiente non siano tanto difficili. Se le persone non dovessero fare scelte difficili per salvare il pianeta – se, per esempio, potessero viaggiare e volare come vogliono senza sentirsi in colpa per il danno ambientale provocato – tutto sarebbe più facile. Forse è utopia, ma io ci credo. Tutti contribuirebbero in questo modo a salvare il mondo”.
Crede nelle energie alternative?
“Le energie rinnovabili hanno un grande potenziale. Restano però alcuni nodi irrisolti, relativi alla fattibilità economica e pratica dell’immagazzinamento di energia rinnovabile su larga scala. Un altro problema è rappresentato dai possibili effetti sull’uso del suolo, visto che gli impianti occupano grandi superfici. Pertanto credo che in futuro ci sarà spazio sia per le energie rinnovabili sia per il nucleare. L’energia nucleare non ha problemi di intermittenza, è collaudata e – contro-intuitivamente – è anche la fonte più sicura di elettricità per unità di energia generata. Certo, ci sono ancora molte opportunità per migliorarla, soprattutto in termini economici, ma resta una valida opzione. Purtroppo è ancora circondata da un timore irrazionale, dovuto a eventi come quello di Chernobyl, rimasti impressi nell’immaginario collettivo anche per la loro rappresentazione cinematografica. Ma se si guardano i numeri, l’energia solare è molto più pericolosa e, secondo le statistiche, ha provocato più morti”.
Che cosa pensa dell’Intelligenza Artificiale (IA)?
“IA è una sigla che racchiude un gruppo di nuove tecnologie utili a realizzare un computer più intelligente. Come ogni nuova tecnologia, porta con sé benefici e rischi. In questo momento l’IA sta aiutando The Ocean Cleanup a ottimizzare le strategie di pulizia e a mappare il problema in modo più efficace”.
Altri sogni per il futuro?
“Penso sempre passo dopo passo. Quando avrò raggiunto l’obiettivo attuale, ne perseguirò un altro”.
Sogna per caso di ripulire anche lo spazio un giorno?
“Di certo i rifiuti spaziali sono un altro problema, ma non ancora il mio problema. In futuro, però, chi lo sa… Vedremo come sarà messo il nostro mondo tra dieci anni. Di sicuro mi piacerebbe andare nello spazio, un giorno. Ammiro molto Elon Musk, perché è una persona che ha creduto nelle sue grandi idee e ha saputo concretizzarle”.
Come ha vissuto la pandemia? Molti pensano che, quanto meno, sia servita a ripulire un po’ il pianeta da aria inquinata, smog e rumore.
“Io non penso abbia avuto un effetto positivo sulla crisi ambientale, tutt’altro. Noi, al pari di tante altre organizzazioni, non abbiamo potuto essere attivi come in passato. Trovo che il coronavirus abbia accentuato il problema dei rifiuti di plastica e microplastica, perché sono entrati nell’uso comune prodotti come guanti, mascherine, schermi protettori e altri. Inoltre credo che sia diminuito il riciclaggio. Il prezzo del petrolio, poi, è stato veramente basso, il che non aiuta la nostra causa.”.
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