IL GOLPE BORGHESE Quarto grado di giudizio; un eccezionale saggio dello storico Fulvio Mazza
Il Golpe Borghese: Quarto grado
di giudizio La leadership di Gelli, il “golpista” Andreotti, i
depistaggi della “Dottrina Maletti” |
Autore:
Fulvio Mazza |
Prezzo:
€ 16,00 |
Pagine:
272 circa Collana:
Check-in Formato:
13x21 |
Anno
di Pubblicazione: dicembre 2020 |
Isbn: 978-88-6822-939-9 |
Sinossi
In occasione dei cinquant’anni del tentato
Golpe Borghese (7-8 dicembre 1970) proponiamo un saggio sul “Golpe” stesso.
L’autore è Fulvio Mazza, direttore dell’agenzia
letteraria Bottega editoriale, nonché storico contemporaneista. Oltre che per
la Pellegrini, ha scritto, negli anni, per Esi, Franco Angeli, Laterza,
Rubbettino, Treccani.
Grazie alla documentazione utilizzata (spesso
inedita, prevalentemente proveniente dal Sid) emergerà il ruolo centrale di
Licio Gelli e quello, ambiguo, di Giulio Andreotti. Riguardo a Gelli, affiorerà
il fatto di aver ricoperto il più importante ruolo operativo: quello di guidare
il commando che avrebbe dovuto rapire il presidente della Repubblica, Giuseppe
Saragat. Relativamente ad Andreotti, invece, emergerà come questi fosse il premier in pectore, designato dagli Usa, del governo golpista.
Il tutto si fermò, però, in seguito a una
telefonata che Andreotti o Gelli, o entrambi (in ogni caso con finalità
convergenti), fecero a Borghese inducendolo a diramare il “contrordine” che,
nel pieno svolgimento dell’azione golpista, bloccò tutto. Grazie alla
documentazione rinvenuta risulterà altresì come il generale Gian Adelio Maletti
e lo stesso ministro Andreotti minimizzarono e censurarono importanti parti
dell’inchiesta portata avanti dal capitano Antonio Labruna.
In particolare si delineerà la “Dottrina
Maletti”, ovvero le motivazioni che indussero i vertici istituzionali a salvare
molti golpisti legati agli apparati dello Stato. Da qui il fallimento
processuale, al quale diede un fondamentale apporto anche l’azione
minimizzatrice svolta dal più andreottiano di tutti i magistrati italiani:
Claudio Vitalone.
Per verificare i depistaggi, si è fatta
chiarezza sui vari “Malloppi” documentari, iniziando dalla loro stessa denominazione
in “Malloppo originario”, “Malloppastro” (e non “Malloppone”) e “Malloppini”.
Fra gli altri aspetti di particolare interesse,
si evidenzierà uno dei punti più delicati della storia degli anni
Sessanta-Ottanta: la “Strategia della tensione”, la cui esistenza, per molti
anni, è stata messa in dubbio da chi riteneva che gli attentati e le stragi
fossero stati opera di iniziative personali o, comunque, di coordinamento
breve. Emergerà invece chiaramente, grazie a una relazione inedita del Sid,
come dietro ai diversi attacchi ci fosse un disegno preordinato. Emblematici,
in tal senso, saranno i riferimenti al pestaggio dei marinai spezzini attuato
dai neofascisti e fatto attribuire alla sinistra.
Dal libro emergeranno inoltre diversi punti
ancora oscuri: primo fra tutti quello del probabile assassinio dello stesso
Borghese, il cui imminente rientro in Italia dall’esilio spagnolo dava
preoccupazioni a molti militari e politici italiani.
Fra gli altri elementi enigmatici si indicheranno
le connessioni con la scomparsa di Mauro De Mauro (ex legionario della X Mas),
il falso giudiziario relativo alla denuncia fatta dal Sid in Procura, il ruolo
di finanziatore svolto da Michele Sindona, il funzionamento del “Piano
antinsurrezionale” e tanto altro.
La Cassazione, però, mandò tutti assolti e, in
questo senso, il libro si pone come un provocatorio “Quarto grado di giudizio”.
Fra i nomi citati, oltre a Junio Valerio Borghese: Giulio Andreotti, Tina Anselmi, Federico Umberto D’Amato, Stefano Delle Chiaie, Licio Gelli, Guido Giannettini, Antonio Labruna, Giovanni Leone, Gian Adelio Maletti, Vito Miceli, Richard Nixon, Remo Orlandini, Randolfo Pacciardi, Mino Pecorelli, Giovanni Pellegrino, Mariano Rumor, Guido Salvini, Giuseppe Saragat, Edgardo Sogno, Paolo Emilio Taviani, Angelo Vicari, Luciano Violante, Claudio Vitalone…
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