Riconoscersi con il luogo e con la comunità dei viventi… di PAOLO D'ARPINI
C'era una volta...
Durante i grandi raduni di Stonehenge, in corrispondenza del solstizio estivo, attorno ai sacri sassi, i saggi del tempo si riunivano per raccontarsi avventure e scoperte e per nuovamente sancire l’appartenenza ad una cultura condivisa e riconoscersi con il luogo…
Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell’acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo “sia al di fuori di noi” come fosse “altro” da noi. C’è una meraviglia più grande di questa?
Roberto Marchesini, un etologo emiliano, nato a Bologna, che è stato anche un ricercatore antesignano nell’ambito dell’ecologia del profondo, nonché un educatore che ha tentato in ogni modo di trasmettere l’amore per la natura. Egli così affermava: “…tutti a parole sono d’accordo nel definire l’ambiente, le altre specie, la biodiversità, le risorse naturali un bene prezioso tuttavia con grande difficoltà si riesce a tradurre questa coscienza in scelte concrete di eco-compatibilità. La difficoltà maggiore sta nel voler riconoscere un oppressore ed inquinatore che viene sempre da lontano, una alterità prepotente in cui il nemico da combattere è sempre l’altro”.
Insomma dobbiamo vivere l’ecologia nel quotidiano ed in noi stessi se vogliamo che venga attuata nel contesto sociale ed ambientale in cui ci troviamo.
La bioregione è la nostra casa, anzi siamo noi stessi, non un luogo esterno a noi… e parimenti lo è la comunità locale. Spesso non ci accorgiamo che le nostre belle intenzioni finiscono tutte nel bidone della spazzatura, magari differenziata, e che i nostri propositi amorosi e di solidarietà umana e con le altre specie si risolvono in un’offerta fatta al canile municipale od alle missioni in Africa. E chi vive assieme a noi qui? Il nostro vicino di casa? Il migrante sulla panchina ai giardini pubblici? L’amico o l’amica che non ha amici? Gli animali del bosco che mangiamo al ristorante caratteristico? Gli alberi che accettiamo di tagliare perché ingombrano la carreggiata?
Sovente ci culliamo in una cultura fondata su modelli che disprezzano l’alterità naturale: dall’inconsapevole consumismo fino all’aggressività tecnologica di automobili, di strumenti, di protesi…
Riflettiamo.
Paolo D’Arpini
Rete bioregionale Italiana
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