L'ECOLOGIA DEL SILENZIO di Paolo D'Arpini

 L'ecologia del silenzio, titolo del breve saggio allegato, di libera riproduzione salvo la menzione della fonte,  descrive la dimensione sociale del frastuono sonoro in cui viviamo.  Lo propongo in quanto riassume, come meglio non potrebbe, il mio stesso stato d'animo quando apro la tv o frequento il centro cittadino e i luoghi pubblici in generale. Aggiungo che, pur essendo un analfabeta musicale in quanto non so leggere il pentagramma, il rapporto con la musica (e quindi con il suono) ha accompagnato la mia vita con momenti descrivibili solo per chi ha avuto la fortuna di viverli. A partire dagli anni Settanta del Novecento (datazione da verificare) è stato messo in atto un programma di annientamento sonoro della cultura musicale, sostituito dal frastuono, le cui conseguenze ritrovo nel saggio che propongo alla Vostra attenzione. Un programma parallelo e complementare all'annientamento dell'istruzione di ogni ordine e grado sostituito da progetti di addestramento privatistico come quelli della "Fondazione per la Scuola Italiana di Unicredit, Banco BPM, Enel Italia S.p.A., Leonardo S.p.A. e Autostrade per l'Italia". A partire dal suono, "L'ecologia del silenzio" di Paolo D'Arpini, della Rete Bioregionale Italiana, spalanca un baratro di cui è necessario aver coscienza.

Alla Vostra attenzione // Giorgio Stern



L’ecologia del silenzio… e lo sviluppo

 dell’intelligenza umana…

 

di Paolo D'Arpini


Nel silenzio tutto si manifesta” (Saul Arpino)

 

Solitamente l’immagine che si ha del rumore è legata alle attività lavorative, si pensa ad un martellar di lamiere, colpi d’ascia, motori che sibilano, traffico, ululati di sirene… Solo a pensarci ci si sente infastiditi sia nell’olfatto che nell’udito! Ma è soprattutto il “rumore da divertimento” che è irritante e dannoso anche se viene considerato fonte di delizia e di esaltazione. Mi riferisco ovviamente ai decibel delle tiritere strombazzate dalle auto in corsa, fuoriuscenti dalle porte di localacci ambigui, dalle finestre delle case con televisioni accesi giorno e notte, dalle cadenze hard tecno rock di  sagre paesane e feste private, etc. etc.

Quali sono le conseguenze sulla mente e sul corpo umano di queste cadenze emesse senza sosta? L’elettroencefalogramma evidenzia rallentamento dei ritmi, alterazioni dell’attività elettrica delle cellule nervose, riduzione dei riflessi e della memoria, eccitabilità e mancanza di risposte adeguate alle situazioni contingenti, anche alcune forme di cefalea possono essere collegate a traumi acustici. Il sottoporsi a rumori eccessivi porta a disturbi urinari e mestruali, fertilità e libido ne risentono anch’esse.

Le persone che vivono o lavorano in ambienti rumorosi sono le più soggette a fenomeni quali l’ipertensione o l’improvvisa elevazione della pressione sanguigna, a rischio sono soprattutto le persone soggette a problemi cardiocircolatori. Alcuni test di laboratorio hanno infatti dimostrato che se sottoposti ad un rumore di 90 decibel per 10 minuti i malati presentano evidenti alterazioni nell’elettrocardiogramma.

Insomma il rumore in eccesso è puro veleno per l’uomo!

Il rumore di fondo al quale siamo esposti non dovrebbe superare i 60 decibel ma è un limite ampiamente superato sia in Italia che all’estero. Tutto questo baccano oltre che portare ai disturbi sopra indicati ha anche altre disagevoli conseguenze: disabitua l’orecchio all’ascolto. Infatti l’inquinamento acustico ci porta ad ignorare (nel livello cosciente) quei suoni che il nostro udito non può sopportare, che è una sorta di sordità o distrazione psicologica. Oggi per combattere l’inferno del “baccano” si contrappone la semplice diminuzione (insonorizzazione) delle emissioni ma questo è un approccio meramente negativo.

Dobbiamo invece far sì che gli studi sull’acustica ambientale abbiano un valore positivo. Quali sono i suoni che intendiamo privilegiare, conservare, moltiplicare? Per capire questo discorso dobbiamo imparare a scegliere il rumore al quale sottoporci. Possiamo cominciare discriminando fra l’ascolto volontario della nostra melodia preferita ed il martellamento della musica indiretta. Questa presa di coscienza non ci potrà certo impedire l’ascolto della musica indiretta, spesso ammannitaci nelle forme più subdole come quando si va al supermercato o si ascoltano musiche strane su internet o televisioni (e dir si voglia), ma ci consentirà comunque di abituarci al distacco ed al discernimento in modo da non cadere vittime degli incantatori pubblicitari.

Infatti la sottomissione passiva (ignorante) alla musica indiretta è fonte di stravolgimento culturale e mutazione dei costumi (esattamente ciò che vuole la pubblicità...). Se restiamo vittime di questo influsso la musica, che è l’arte più vicina alla spirito (essendo nata proprio in funzione del nutrimento spirituale) ed orgoglio della nostra tradizione millenaria, smette di essere una cosa nata per “illuminare” la mente umana, allietando il nostro vivere, ma diventa fonte di confusione ed alienazione dalla vita (cosa tanto gradita a satana).

Oggi nella società in cui tutto è consumo ed appropriazione materialistica anche la musica è una merce di cui “godere” senza ritegno sino alla nausea ed alla negazione dell’armonia. “Gli uomini, cosiddetti civilizzati, sono diventati feroci uditori ma in realtà non sanno più ascoltare! Usano il suono come una droga stordente dimenticando così di godere del significato e del valore di quanto viene ascoltato” (Walter Maioli, etnomusicologo).

Anche le culture aborigene sono minacciate dalla massificazione musicale in corso, la musica dolce e profonda dell’oriente, delle Americhe o d’Australia rischia di restare contaminata irrimediabilmente dall’ondata volgare di suoni elettronici e decadenti della musicaccia occidentale di taglio consumista. “E’ pur vero che le diverse civiltà possono crescere attraverso ibridazioni e contatti, ciò è sempre avvenuto in passato, ma dovrebbero poter continuare ad evolversi senza subire una colonizzazione assoluta e perciò inaccettabile” (Roman A. Vlad, musicista). Nell’ascolto non si tratta perciò di mettere in contrapposizione la musica elaborata, ricca di significati simbolici, con quella popolare e primitiva… piuttosto, ai vari livelli, di sottolineare la profonda e radicale differenza delle finalità fra un prodotto di consumo ed opere in cui la ricerca estetica continua ad essere portata avanti.

E qui torniamo al problema dell’inquinamento acustico… (e non solo nelle città, poiché ormai esso impera ovunque) per scoprire che mentre un pubblico sempre più vasto si sottopone, più o meno volontariamente, ai prodotti musicali di consumo, s’impone per “l’ascoltatore” di qualità un eccessivo sforzo discriminatorio e di pazienza per non restare coinvolto e sconvolto dal rumore della diffusione di massa.

Occorre evitare che la capacità melodica, che fece sognare l’uomo per millenni e che è ormai una componente emozionale della sua vita spirituale, cada vittima dei “petrolieri” musicali. La melodia, che ha il silenzio come base, non deve infatti soccombere ad un’era perversa e sordida frastornata da ogni rumore. Il rischio inverso, dicevo sopra, è l’assuefazione inconscia al frastuono e la perdita totale della capacità di ascolto.

E vorrei ora ricordare ai convalescenti desiderosi di cure melodiose un qualcosa che possiamo fare per recuperare l’amore per i suoni naturali. Quando ci rechiamo in campagna, sulla riva di un fiume, in qualsiasi ambito naturale, abituiamo l’orecchio al vuoto, spegniamo ogni brusio tecnologico, non parliamo, lasciamo che la natura trasmetta i suoi messaggi: il ronzio di un’ape sui fiori, il guizzo d’ala di un passero, un refolo di vento tra le foglie, il fruscio dei nostri passi sul sentiero… In tal modo sentiremo nascere dentro di noi una nuova armonia, che parte dal cuore…


Paolo D’Arpini Rete Bioregionale Italiana 

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