TRANSFEMMINISTE

 

Trentasei piazze transfemministe. Non una di meno: «E non è finita qui»

LA PROTESTA. Le donne tornano a manifestare dopo i grandi cortei del 25 novembre




«La nostra rabbia non si fermerà, praticheremo forme di protesta ogni giorno», avevano annunciato durante il corteo che, il 25 novembre scorso, aveva raccolto 500 mila persone solo a Roma, e così è stato. Il collettivo transfemminista Non Una di Meno ha indetto una serie di appuntamenti di protesta in vista dell’8 marzo per tentare di dare risposte alla forte mobilitazione seguita all’assassinio di Giulia Cecchettin, 107sima vittima di femminicidio del 2023 (ad oggi 116, ndr).

Il primo si è svolto ieri con una mobilitazione che ha coinvolto migliaia di persone in tutta Italia. Trentasei piazze da nord a sud, con un minimo comune denominatore: la lotta al patriarcato che, spiegano, è costituito anche da «i tagli alla spesa pubblica che rendono le nostre esistenze sempre più precarie e ricattabili, gli sgomberi di spazi transfemministi, di consultori e centri anti violenza, le misure del pacchetto sicurezza del governo Meloni con ricette securitarie e razziste, i tagli del 70% alla prevenzione della violenza di genere».

Così come la violenza patriarcale ha la forma della «proposta di legge di Provita e Famiglia che vorrebbe costringere chi deve interrompere la gravidanza ad ascoltare il battito fetale». Ma ci sono state anche alcune declinazioni territoriali nella protesta: i gruppi Nudm di Lucca, Pisa, Venezia, Viareggio, La Spezia, Lucca e Pisa, ad esempio, si sono uniti al corteo contro l’estrattivismo sulle Alpi Apuane che si è tenuto a Carrara. «Il sistema patriarcale che fa dei nostri corpi oggetti di dominio è lo stesso sistema capitalista che fa delle nostre terre territori di conquista da depredare e mettere a profitto», hanno detto le militanti.

Mentre ad Alessandria è stato occupato uno spazio che ospiterà una nuova casa delle donne. A Bergamo, invece, il corteo è stata una risposta all’affissione in città di diversi manifesti del gruppo di destra pro-vita Evita Peron che indicavano in Nudm la causa della «decadenza» del Paese, aggiungendo «il pensiero unico femminista ha effetti dannosi sulla società». «Mentre il patriarcato uccide, chi lo serve non trova di meglio da fare che attaccare il femminismo e Non Una di Meno – hanno commentato le militanti bergamasche – Forse stiamo facendo un buon lavoro». A Bologna passeggiata rumorosa con focus sull’istruzione: «sono i movimenti transfemministi a dover stare nelle scuole, nelle università e nei luoghi della formazione, non Valditara e le sue linee guida, che vorrebbero trattare la violenza di genere come un fatto apolitico di qualche malato».

A Torino al centro della piattaforma c’è il diritto alla salute. Le manifestanti hanno attaccato uno striscione sotto l’ex sede della Regione Piemonte con la scritta «Lo Stato non ci cura. Salute transfemmista» e incollato scontrini e bugiardini di medicinali nel piazzale. Cortei anche a Milano (dove la manifestazione è stata preceduta da una settimana di appuntamenti in città) e Roma, dove Nudm ha ribadito: «non ci è bastato il 25 novembre, non ci basterà l’8 marzo: rifiutiamo la guerra ai popoli, ai corpi delle donne, alla terra».


https://ilmanifesto.it/trentasei-piazze-transfemministe-non-una-di-meno-e-non-e-finita-qui



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