LA SCRITTRICE MANUELA CHIAROTTINO: LO SCAMBIO TRA CULTURE E IL DIALOGO SONO UN ARRICCHIMENTO

Di Francesca Ghezzani

 Manuela Chiarottino è nata e vive in provincia di Torino. Vincitrice del concorso Verbania for Women 2019 e del Premio nazionale di letteratura per l’infanzia Fondazione Marazza 2019, nella scrittura ama il genere rosa, declinato in diverse sfumature. Tra le sue pubblicazioni si annoverano: La stessa rabbia negli occhi (2020), La nostra isola (Triskell Edizioni, 2020), Tesoro d'Irlanda (More Stories, 2020), Fiori di loto (Buendia Books, 2020), La bambina che annusava i libri (More Stories, 2019), Incompatibili (Le Mezzelane, 2019), La custode della seta (Buendia Books, 2019), Tutti i colori di Byron (Buendia Books, 2018), Il gioco dei desideri (Amarganta, 2018), Maga per caso (Le Mezzelane, 2018), Un amore a cinque stelle (Triskell, 2016), Cuori al galoppo (Rizzoli 2016), Due passi avanti un passo indietro (Amarganta, 2016), Il mio perfetto vestito portafortuna (La Corte, 2016), Ancora prima di incontrarti (Rizzoli, 2015) e molti altri.

Manuela, nella maggior parte dei tuoi libri ti vediamo sempre impegnata ad affrontare tematiche sociali importanti, dalla discriminazione al pregiudizio, dalla malattia a quei fenomeni sociali che potremmo definire come le piaghe della nostra società. Qual è il messaggio che vuoi dare ai tuoi lettori?

Vorrei far capire che anche i cosiddetti romanzi rosa possono contenere tematiche importanti e, attraverso storie legate ai sentimenti, far arrivare non solo emozioni ma anche spunti di riflessioni. Se c’è un lieto fine per me è un simbolo di speranza che voglio trasmettere a chi mi legge.


Vorrei ripercorrere una delle ultime tue opere, “Fiori di loto”, edito da BUENDIA BOOKS e uscito, non a caso, lo scorso 14 febbraio, proprio nel giorno di San Valentino perché si tratta di una storia di amore per se stessi e per la vita, un grande romanzo di amicizia e resilienza. Chi sono e cosa vivono le due protagoniste Ah-lai e Laura?

Sono due donne all’apparenza molto diverse tra loro, ma accomunate da un evento doloroso e dalla volontà di rinascere. Laura, ha subito l’asportazione del seno, mentre Ah-lai, un’anziana donna cinese, la fasciatura dei piedi. Il romanzo è in fondo un inno alla resilienza femminile e alla speranza. Sono donne che possono apparire fragili, ma entrambe hanno trovato dentro di loro una forza che non sapevano di possedere e una nuova fiducia nella vita e nell’amore.

Oltre a combattere contro quello stereotipo di bellezza femminile, quei dettami di bellezza e sessualità, decretati, chissà perché, dagli uomini e dalla società, che spesso dagli uomini è gestita, qui è presente anche un forte senso di interculturalità, non trovi?

Sì, certo, nel romanzo metto a confronto due culture e l’amicizia tra le due protagoniste è anche un simbolo di come alcuni sentimenti e situazioni possono accomunarci e di come la conoscenza e lo scambio fra culture diverse possa essere un arricchimento per ambo le parti.

Veniamo, invece, all’ultimo tuo romanzo, da poco uscito, dal titolo “La stessa rabbia negli occhi”. Qui parli del rapporto tra adolescenti e adulti. Da scrittrice e da mamma, quali punti di forza e quali di debolezza trovi tra genitori e figli oggi?

In questo romanzo metto in luce come a volte sia difficile comunicare, spesso si ha paura di deludere, di ferire, ma la chiusura non è che un muro di protezione, e questa è una cosa che può valere da ambo le parti, ragazzi e adulti. Come scrittrice cerco di emozionare i lettori e dare loro spunti di riflessione, questa storia in particolare è rivolta sia ai ragazzi che ai genitori, proprio perché esplora molte problematiche; come mamma, alle prese con un giovane ragazzo, credo che i punti di forza siano sempre il dialogo e la sincerità. Non si è deboli nel mostrare i propri sentimenti o le proprie paure, non è necessario nascondere le cadute, anzi, ma piuttosto mostrare come ci si rialza. E poi credo che non bisogna porsi alla pari, il che non vuol dire non parlare, ma conservare il rapporto genitori e figli e non diventare soltanto amici, mantenendo sempre il rispetto reciproco.

 Affronti anche tematiche delicate come il bullismo, secondo te quale rete si deve creare attorno a vittime e carnefici per combatterne i sempre più frequenti episodi?

Torniamo al rapporto genitori e figli. I ragazzi devono potersi fidare dei propri genitori, ma anche dei propri insegnanti, questi ultimi in particolare devono possedere una sensibilità riguardo al tema e parlarne apertamente in classe. Ritengo poi che una figura di counselor dovrebbe essere presente in ogni scuola, proprio per avere chi possa consigliare il ragazzo senza alcun giudizio. Con i mezzi moderni peraltro, se può essere una difficoltà per un giovane il presentarsi di persona, per imbarazzo o per paura dei commenti dei compagni, si potrebbe pensare a istituire una forma di consulenza on line.

 Citi, infine, nelle tue pagine comportamenti autolesivi come il cutting, campanello d'allarme di quale disagio o paura?

Le ragioni per cui si arriva all’autolesionismo possono essere diverse; un fattore scatenante è proprio il bullismo, ma può derivare anche da una situazione difficile in famiglia, da una frustrazione repressa, dalla mancanza di comunicazione, dalla solitudine, fino ad arrivare alla vera e propria depressione. C’è chi ne è vittima perché non riesce a superare le emozioni negative e sfoga così il suo dolore, perché proprio attraverso il dolore sfoga ogni sua ansia e, a volte, è l’unico modo per sentirsi vivo.

MANUELA CHIAROTTINO

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