da Padre Armanino, missionario in Niger: LA VERGOGNA DI UN ITALIANO NEL NIGER


   Il ritorno coloniale dell’Italia in Africa. La vergogna di un italiano nel Niger    

Confesso  che sento vergogna a passeggiare sulle strade di Niamey. Proverò vergogna a parlare del mio paese di origine, quello che ho lasciato con una certa irregolarità in questi ultimi 25 anni. La Costa d’Avorio, la Liberia della guerra civile e il Niger da sette anni. In mezzo a tutto ciò l’Argentina e il Centro Storico di Genova, ecco la fortuna che mi ha accompagnato in tutti questi anni fino ad oggi. La fortuna di ‘sguardare’ il mondo dal SUD che poi è un altro mondo, un mondo che apre gli occhi sulla realtà che ci avviluppa. E’ solamente dal punto di vista dei poveri si può scoprire la verità delle cose e della storia. Vivere al SUD di Lampedusa , l’isola diventata il simbolo della frontiera tra l’Italia e l’Africa, mi ha insegnato tante cose. Una di queste è la scoperta che la frontiera dell’Italia mi ha seguito, si trova nel Niger, ad Agadez. Questa città, un tempo crocevia di carovane si è trasformata in un fortino di difesa del movimento migratorio verso l’Algeria, la Libia e …l’Italia.       

Avrò vergogna, venendo da un Paese che all’articolo 11 della carta costituzionale,…ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie…, per il prossimo tradimento di questo principio che dovrebbe guidare l’etica delle relazioni internazionali dell’Italia. D’altra parte non sarebbe la prima volta, siamo già recidivi! Basterebbe ricordare l’invasione della Libia, della Somalia, dell’Etiopia e la creazione dell’Eritrea. In questi paesi sono stati perpetrati dei massacri, sia durante il Regno che durante il ventennio fascista di Mussolini. Un caso per tutti è il massacro di Addis-Abeba nel febbraio del 1937. Secondo Ian Campbell, autore di un recente libro sull’argomento, tra il 19 e il 21 febbraio sono state uccise circa 20 000 persone. Questo massacro è sempre stato riconosciuto in Etiopia ma dissimulato dal governo britannico alla comunità internazionale. 

La vergogna che anche il popolo italiano avrebbe dovuto provare è stata per decenni coperta dal diniego dei fatti per la versione di un’Italia ‘brava gente’ durante l’epopea coloniale italiana. Nulla di più lontano dalla realtà. L’autore citato ricorda che la violenza fascista in Etiopia è stata il precursore della violenza nazista in Europa. Ciò è vero per le tecniche quali i massicci bombardamenti aerei di civili, la guerra chimica e i lancia-fiamme, così per le operazioni di contro-insurrezione sotto forma di repressioni esemplari come l’esecuzione di ostaggi e l’uso dei campi di concentramento. Non è dunque per caso che l’autore ponga questo titolo al libro citato: Il massacro di Addis-Abeba.Una vergogna nazionale italiana. Certo, il fascismo è stato vinto e così il nazismo tedesco, ma non i ricordi dei fatti che ancora permangono. Chi non impara dagli errori (e orrori) della storia è destinato a ripeterli nel tempo.

Avrò vergogna dei poveri, dei migranti che incontro dal mio arrivo a Niamey, della Chiesa del Niger, dei contadini e degli amici della società civile coi quali lavoriamo assieme per scoprire la dignità nascosta nella sabbia della politica del Paese. Avrò vergogna di passaredavanti alla nuova ambasciata del mio Paese di origine, perché le missioni di pace sono condotte da militari, con mezzi e armi. Chi scrive ha scelto di arrivare in questo Paese con le mani nude e col desiderio di camminare assieme a questo popolo che non dovrebbe essere tradito una volta di più. Sappiamo quanto contino gli interessi legati alla mobilità delle persone e in specie il piano di ritagliarsi un posto nella geopolitica del Sahel. Ciò l’ha bene ricordato il Presidente della Repubblica italiana nel presentare l’invio del contingente militare. L’Africa è al cuore dei nostri interessi strategici. Strategie militari e colonialismo sono dei sinonimi. Ecco quanto una persona mi ha scritto…Rimpiango tutto ciò e ho vergogna di essere italiana…Sapevo bene che non sarei stato il solo.

                                                                                               Mauro Armanino, Niamey, dicembre, 017

Commenti

  1. Vestendo un'uniforme di reparti speciali, la guerra non guasta certo. Ingrassa il portafoglio o il conto corrente. Chiunque la indossi direbbe facilmente che ha famiglia da mantenere e parenti da sostenere e si ritiene orgoglioso e fortunato di essere arrivato a indossarla. E, questo, è il suo modo per dirci che è stato più bravo di noi. Noi, gente inerme, che sappiamo soltanto guardar sparare al telegiornale. Come se fosse un film. Begli stupidi! dicono di noi.
    Ma è quel che siamo. E pure senza voce.
    Angela Fabbri

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