Recensione di Danila Oppio del libro "L'Astronave degli Dei"
L’ASTRONAVE DEGLI DEI di RENATA RUSCA ZARGAR
Il colore di Mahakala è il nero, poiché
come tutti i colori vengono assorbiti dal nero, tutti i nomi e le forme si
fondono in Mahakala, a testimoniare la sua natura assoluta.
La mannaia o Kartr simboleggia la disgregazione della materia e di tutti i
legami terreni e la loro trasformazione in una forza positiva.
È raffigurato molto massiccio, con la faccia corrucciata, l’occhio frontale e la corona a 5 teschi che sono la metafora della trasfigurazione dei cinque klesha (tormenti) nei cinque Dhyani Buddha.” (commento tratto da colloquio con monaci tibetani)
Il vero significato tuttavia risiede
nell’iniziazione particolare, data da un lama (guru tibetano) che consiste nel lasciar
scivolare l’immagine nella Vacuità da cui tutto proviene. Quest’ultimo punto è
molto importante: si tratta di contattare le energie bloccate (da traumi o
altro), di toccare la sensazione dimenticata, ma operante nel quotidiano a sua
insaputa, e trasformarla in nuova energia luminosa.
In occidente nessuna terapia ha potuto far
arrivare a una simile trasformazione, anche se C.G. Jung ha contribuito notevolmente a cambiare
le cose, e, tranne naturalmente molte eccezioni, non è stato molto capito o
seguito. In questa fetta di mondo, legato più alla mente che alle
sensazioni fondamentali – in realtà è solo la parte del cervello sinistro che
detta legge – le stesse energie inconsce, negative, vengono incensate,
magnificate in mille modi, come segno di superiorità, s’invocano demoni, non
per trasformarne l’energia in luce, ma per controllare le paure non
manifeste e profonde, i vecchi terrori – purché non vengano alla luce! –
acquistando supremazia attorno a sé. In sostanza più c’è paura (separazione)
più c’è bisogno di controllo e potere. In realtà questo aumenta la
divisione e la paura. Un circolo vizioso. Il peggio avviene quando, in
questo stato di cose, un individuo, convinto inconsapevolmente di dimenticare o
cancellare le proprie paure, si unisce sia a un gruppo o a un guru che, pur
indicandogli la via d’uscita, la non-dualità, la pura consapevolezza, la
compassione universale, lo chiude in un’unità cosmica intellettuale. Questo fa
credere di essere arrivati al traguardo finale, alla felicità senza confini. A
volte serve da scudo, altre invece, come una nuova possibilità di controllo. È
una tenda dorata messa su un cumulo di dolori inespressi che ahimè non
scompaiono, ma mutano e creano ulteriori problemi.
I tibetani
scherzosamente li chiamano i “pappagalli del dharma”.
Il fondo dell’abisso, dell’oscuro,
del male, rimane sempre lo stesso e si cementa, poiché tutto ciò che è
conservato intellettualmente, rimane come (oggetto) “altro” e “fuori” e rimane
sempre un nemico sia da combattere, sia a cui inchinarsi, vantandosi a
volte di appartenere ad una élite di adoratori del diavolo (dia-ballo = che
divide… nulla di più), di cui fecero parte noti filosofi.
“Diversamente
da quanto la religione ci ha propinato per secoli, il diavolo non è affatto
un’entità malvagia contrapposta al Dio benevolo predicato da santi terreni,
bensì è colui che separa, è la divisione interiore di ogni essere umano, ciò
che ci priva dell’integrità, la calunnia. E infatti l’etimologia della parola
deriva dal greco dia attraverso e ballo metto.
Inoltre,
l’opposto del diavolo non è la divinità, bensì è il simbolo, dal greco sym-ballo,
che deriva dalle radici sym (mettere insieme) e bolé (getto).
Nell’antica Grecia il simbolo era una tessera che veniva
spezzata e della quale le
parti erano conservate da due città, gruppi sociali od individui, come promessa
di unione fraterna”.
Non a caso alcuni santi sono stati
perseguitati da visioni demoniache e lo ricordano il quadro delle ‘Tentazioni
di S. Antonio’ di J. Bosch con grande crudezza. L’equilibrio psichico si
ottiene con l’accoglienza viscerale dei propri istinti soppressi: non si tratta
di assecondare senza riflettere le pulsioni, ma di diventare coscienti di quel
che avviene dentro di sé, anche se deriva da fattori lontani. È solo quando si
bloccano, anche per l’innato bisogno di protezione, di calore e di essere
accettati socialmente, che la violenza e la negatività si esprimono
esternamente. Il risultato sembra differente, ma in realtà non lo è. Un caso è
quello di una bambina che, appena ne combinava qualcuna, per non essere
sgridata diceva alla mamma:- Non sono stata io, ma il diavoletto! - Si scoprì
appunto che ‘’il diavoletto” era quello che lei non poteva esprimere, data la
sua educazione troppo rigida. Questo le aveva procurato negli anni, infiniti
problemi relazionali senza apparente via d’uscita.
Poi si mise a recitare con
convinzione e fervore le parole di Ho’oponopono,
riguardo al “diavoletto”: – Grazie, mi dispiace, perdonami, ti amo -. e in
questo modo poté riunire in sé il suo potenziale vero spontaneo e autentico.
Si ripetono sempre i nostri vecchi
schemi. Siamo fatti di memorie e per cancellarne il fondo doloroso si tratta di
integrarlo ringraziando “l’ombra’’ che ci ha permesso di vederlo.
In questo teatro magico ogni cosa è
al suo posto, si tratta di osservare con assoluta chiarezza i comportamenti
degli attori – che in realtà siamo solo noi – sciogliere in questo modo le
identificazioni ipnotiche e alla fine, come un palloncino trattenuto da un
filo, lasciarlo scappare, perché si fonda con il cielo sempre presente che lo
accoglie. E sorride.
Siamo QUELLO, non ce ne siamo mai separati.”
Si tratta di un preambolo molto lungo, ma che ho ritenuto necessario per meglio comprendere il contenuto del racconto di Renata Rusca Zargar. Spero non me ne voglia, se mi sono dilungata nella spiegazione del metodo buddhista, ma l’ho fatto per meglio entrare nella psicologia umana.
Da quel che l’autrice evidenzia, si
apprende che gli esseri umani non sono mai riusciti, nel corso della loro
Storia, a trovare la pace interiore, la benevolenza verso le creature di ogni
specie: animali e vegetali, né tanto meno nei riguardi degli esseri
intelligenti.
Tutto questo disamore accade a causa
della sete di potere, estremo egoismo, avidità, senso di supremazia, indifferenza,
e in sostanza, per tutti quei sentimenti negativi che portano alla distruzione.
Le religioni ma anche personaggi illuminati e filosofi hanno cercato di
insegnare agli uomini l’amore per il creato, la pace, la sintonia, la
condivisione, l’accoglienza e la pietà. Mi chiedo quanto di tutto questo sia
stato assimilato dalla maggior parte degli umani. Se lo chiede anche l’autrice,
attraverso le figure di Mahākāla e Vetali.
Così, in questo periodo in cui
il virus sta colpendo ogni parte del mondo, dove avvengono
con una certa regolarità terremoti e alluvioni, eruzioni vulcaniche e
quant’altro, il pensiero ci porta a credere che siano punizioni dal Cielo.
Non è così. Chi sta distruggendo
questo Pianeta siamo noi stessi, con l’inquinamento dell’aria e delle acque.
Con le guerre e le esplosioni, non ultimo il dramma di Beirut, causato dalla
disinvoltura con cui sono immagazzinate sostanze tossiche.
In conclusione, ci sono enti,
associazioni, movimenti e singole persone che fanno il possibile per difendere
i diritti della Terra. Ecologisti che alzano la voce contro chi si occupa dei
propri interessi, invece di quelli di tutta l’umanità. Sono quei pochi che hanno
in mano l’economia mondiale e che si preoccupano solo di impinguire i propri
forzieri, senza pensare che i danni che provocano si riversano anche su loro
stessi e sulle generazioni future. Che cosa
possono ottenere migliaia di persone, in raffronto ai miliardi di abitanti del
Pianeta che per incapacità, ignoranza o per sudditanza, tacciono. E chi manovra
ogni cosa, agisce senza criterio, infischiandosi dell’enorme danno che provoca:
questi sono i veri signori del Male, altro che il povero diavolo!
Direi che il libro di Renata Rusca
Zargar è un grido di dolore, che porta a riflettere seriamente. Che va letto e
meditato nel profondo.
Ringrazio l’autrice, per aver scritto
queste pagine di autentico amore per la natura in tutte le sue forme, e in
maniera favoleggiante ha dichiarato la sacrosanta verità. Ho evitato di entrare
troppo nel merito, per non privare i lettori della sorprendente lettura.
Danila Oppio
https://versiinvolo.blogspot.com/2020/08/lastronave-degli-dei-di-renata-rusca.html
Cara Danila,
RispondiEliminasono rimasta molto colpita da quello che hai scritto. Non ho parole, penso che tu abbia capito perfettamente il mio dolore per questo mondo dove lascerò figli che dovranno fronteggiare continui pericoli imprevedibili. Ti ringrazio tanto del tuo sforzo di ricerca sulle divinità buddiste. Io le avevo conosciute nel Ladakh, in India, molti anni fa e non le ho mai dimenticate. Le tue parole che esprimono il pensiero religioso e i nostri fraintendimenti mi sono piaciute moltissimo. Grazie di tutto. Ovviamente, quando ho letto mi sono messa a piangere perché queste non sono le solite cose che dicono tutti. Grazie!
Ho scritto di getto, dopo aver raccolto informazioni sugli dei di cui parli, ma il resto è nato esclusivamente dalla lettura del tuo libro. Affascinante nella scrittura, drammatico nel contenuto e colmo di speranza verso la conclusione. Non aggiungo altro, se non consigliare vivamente i lettori ad acquistare il libro, il cui costo è davvero abbordabile per ogni tasca. Amazon lo spedisce nel giro di pochi giorni. Complimenti cara Renata! Un caro saluto Danila
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