ARTICOLI PER TUTTE LE MISURE di Angela Fabbri

ARTICOLI  




  PER   TUTTE   LE   MISURE   

                             ( 5 anni di vita raccontati sul Web )

                     27 Dicembre 2011  -  1° Gennaio 2017      


Premessa


Acquistai un Personal Computer nel dicembre del 2009, con l’idea di usarlo come macchina da scrivere evoluta per trasferire in memoria, una volta ultimate, le storie composte come sempre a penna su carta.

Fino allora mi ero appoggiata a un pc a noleggio nel negozio di un’amica e la breve corrispondenza con case editrici e concorsi letterari la dettavo a lei e ricevevo le risposte sul suo pc.

Ma non averlo sempre a disposizione ed essere legata agli orari di apertura/chiusura, era diventato sempre più una perdita di tempo.



Il 13 ottobre 2010, appunto sul pc del negozio, arriva un messaggio per me: è R.B., titolare del 

magazine letterario TERZA PAGINA WORLD di Dublino, che mi invita a consultarlo.

Conoscevo RB per via di ELIZABETH, una mia giovane amica irlandese originaria proprio di Dublino.

Mi incuriosisco, ma non attivo il collegamento a Internet fino all’autunno del 2011, quando incomincio a esplorare le possibilità di quel mondo.

Intanto con RB ci siamo perse di vista (cioè di posta).

Allora le invio una email, lei risponde che ha appena fondato ROSEBUD, blog di Giornalismo Online e da lì in avanti mi tiene aggiornata con gli articoli pubblicati, che dapprima leggo soltanto, poi comincio a commentare timidamente con corte riflessioni.

Usavo tasti ‘piombati’ per evitare di scrivere sciocchezze e tuttavia conservare l’integrità di quel che avevo da dire.

Fui incoraggiata dai contro-commenti, si costruirono dei veri e propri dialoghi a 6-7-8 persone e oltre. I più attivi frequentatori incominciai a riconoscerli dal loro modo di scrivere e dalle idee che esprimevano.

Ho ricevuto consensi, in quell’intreccio meraviglioso di commenti che arrivavano da ogni parte d’Italia, ma scalpitavo per scrivere qualcosa di mio, di originale, di incisivo, da sottoporre al giudizio degli altri.



In punta di piedi, provai a alzare il tiro con due brevi riflessioni che furono appunto giudicate troppo brevi per venir pubblicate.

E subito dopo ho fatto centro con “ ALL  AMERICAN STRAZ “ che trascinò una bella fetta di commentatori, risvegliando i ricordi di alcuni e aprendo una finestra su un’epoca dimenticata o sconosciuta.

(Angela Fabbri,

 Memoria e emozione di quando mi affaccio al Web e poi ci entro,

 Ferrara febbraio 2017)  

Crisi 2011: l’AMERICAN-STRAZ e gli ITALIAN-STRACC…, li ricorda….




By redazionerosebud • 27 December 2011


   
Angela Fabbri. Visto che il governo ci ha detto molto chiaramente che dobbiamo essere noi ceti medio-bassi a risollevare il Paese, prendiamoci per l’ennesima volta questo carico con dignità. Quello che dispiace è che ci sono tantissime persone senza lavoro, perchè non l’hanno mai avuto o perchè gli è stato tolto, che non potranno sentirsi partecipi di questi sacrifici: a loro è stata levata anche questa dignità e questo è a dir poco infame.

Di fame ne conosceremo molta nei prossimi mesi e non sarà perché non avremo da mangiare (pane, cipolle, lenticchie, un po’ di pomodoro e la polenta che costa così poco non potranno mancare), sarà perchè ci avranno tolto i sogni (che non sono certo mai stati a base di caviale e champagne).

Be’ allora, noi che siamo nati subito dopo la seconda guerra mondiale, cerchiamo di ricordare qualcosa che adesso ci può apparire impossibile e che abbiamo dimenticato. Mi è tornato in mente poco fa e ho voluto parlarne con voi, è quello che qui a Fràra (a Ferrara) chiamavamo per disprezzo l’ “AMERICAN  STRAZ“ (“gli stracci degli americani”) cioè il vestiario che veniva dagli USA (infatti era usato) e trovava posto in una ben delimitata zona del nostro mercato cittadino, ben lontano dalle bancarelle italiane.

Era roba buona, a saper scegliere, ma si sceglieva di nascosto e entrare in quella zona era segno di disagio economico. Ma ce ne siamo serviti tutti, dai ceti medi in giù. Magari le mogli non lo dicevano ai mariti e rimettevano in ordine un collo di pelliccia (incomprabile da noi) e poi glielo facevano passare come “un’occasione trovata al mercato”.

Guai che lui l’avesse potuta far vergognare dicendole "Non l’avrai mica preso all’american straz?”. E guai che lei avesse potuto far vergognare lui della zona di acquisto, ma neanche che la potesse rimproverare di aver speso troppo per un bene voluttuario come un collo di pelliccia (anche se gli inverni erano particolarmente rigidi e ai mariti che amano la propria moglie piace vederla un po’ in ghingheri).

E più le signore erano brave a disinfettare e a rimettere in ordine, a adattare gli american straz, più questi perdevano memoria della loro origine: elemosina USA.

Dopotutto, la stessa elemosina del nostro usato smesso che noi oggi diamo alla Caritas o alla Croce Rossa.

Non molto tempo dopo ci fu il BOOM  ECONOMICO. Chissà perché?

Commenti

  1. Un bel pezzo, quello di Angela, che conoscevo già, perché anch'io facevo parte di quel gruppo dialogante.

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  2. Ne è passato del tempo, vero Danila?, ci stiamo avvicinando alla fine del sesto anno da allora.
    Angela

    RispondiElimina

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