NEWSLETTER DELLA BIBLIOTECA DI LIBROMONDO - SAVONA- II parte
SEZIONE
DIRITTI
GLI ERGASTOLANI SENZA SCAMPO
Fenomenologia e criticità costituzionali dell’ergastolo ostativo
Carmelo Musumeci, Andrea Pugiotto, Editoriale Scientifica, 2016, pagg. 216, euro 16,17
Il testo si presenta come un
dettagliato report sulle condizioni penitenziarie degli ergastolani in Italia. Uno
dei due autori è Carmelo Musumeci, ergastolano detenuto dal 1991. Entrato in
carcere con una licenza di scuola elementare, si laurea specializzandosi in
diritto penitenziario. L’altro è Andrea Pugiotto, professore di diritto
costituzionale all’università di Ferrara, specializzato in diritto punitivo. I
due, a quattro mani sviscerano un argomento spinoso e delicato, ma che
oggettivamente deve essere spunto di riflessione sia per il comune cittadino,
ma soprattutto per gli organi istituzionali. Senza scendere in dettagli
giurisprudenziali, che a pochi competono, si possono fare delle considerazioni
razionali anche da chi non è addetto ai lavori. Alla data di pubblicazione del
testo, in Italia erano si contavano 1619 ergastolani di cui 1174 ostativi. La
pena perpetua accomuna i due tipi di ergastolo, ma quello ostativo prevede
delle regole ancora più rigide e severe, senza alcun tipo di permesso,
revisione della pena o liberazione. Gli autori evidenziano come la condanna
capitale ed il carcere a vita presentino una natura eliminativa, caratterizzata
dalla comune assenza di ogni prospettiva. Può considerarsi come una pena di
morte nascosta. Si può torturare l’individuo senza sfiorarlo, ma privando la
sua mente di ogni prospettiva. Con
questo presupposto la legge pone il soggetto nella condizione di chi non ha più
nulla da perdere, perché privato già in maniera totalitaria della sua libertà. A
tal proposito, nel 2007, 313 ergastolani ostativi, inviarono richiesta al
Presidente della Repubblica, in maniera provocatoria, chiedendo la commutazione
della loro pena fino alla morte, in pena di morte. Per la legge la mancata
collaborazione è indice univoco di mantenimento dei legami di solidarietà con l’organizzazione
criminale e quindi diventa ulteriore aggravante per il detenuto, che perde così
ogni diritto. Risulta però esserci differenza tra sanzionare la non
collaborazione e premiare la collaborazione. La dignità coincide con l’essenza
stessa della persona, non si acquista per meriti e non si perde per demeriti.
Non è un premio per i buoni e quindi non può essere tolta ai cattivi, come
scrivono gli autori. Constatati i gravissimi reati commessi e le condizioni di
questi “uomini ombra”, sarebbe auspicabile, in uno stato di diritto, modificare
le pene attuali e trovare soluzioni sostitutive all’ergastolo ostativo,
permettendo ad esempio dei benefici penitenziari oggi preclusi, decidendo
discrezionalmente sulla concessione delle misure stesse. Un’altra opzione
potrebbe essere l’abolizione dell’ergastolo e la sua sostituzione con una pena
massima dalla durata certa, già adottata da diversi paesi europei e
costituzionalmente doverosa, considerando che a prescindere dai crimini
commessi, è di esseri umani che si sta parlando. L’opinione di molti è che per
chi effettua reati efferati un regime severo ed ostativo è la giusta punizione.
È una tesi diffusa, dal facile consenso
e anche comprensibile, ma non può essere la tesi di uno stato evoluto “perché
la pena dovuta è la pena giusta e la pena giusta è solo la pena non contraria
alla costituzione”. Ma quand’è che l’umanità deve prevelare sul crimine? A voi
le dovute riflessioni.
Dalila Vignetta
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