Perchè interessarsi oggi a Ligustro?
Perché interessarsi oggi a Ligustro?
Giovanni
Berio, noto in arte come Ligustro, è nato a Imperia
nel 1924. Si è dedicato dal 1986 esclusivamente allo
studio della xilografia policroma giapponese e delle sue
tecniche Nishiki-E in uso nel Periodo Edo realizzandone
la stampa a mano sulle preziose carte prodotte in
Giappone ancora con antichi metodi artigianali. Su wikipedia (http://www.ligustro.it/) si possono trovare tutte le informazioni.
Ma oggi, in questo mondo globalizzato, il suo lavoro risulta essere ancora più interessante. Il Giappone, poi, esercita un fascino straordinario per la sua antica cultura, per tutti i tipi di arte. Così, noi possiamo comprendere perché questo concittadino sia stato attratto da qualcosa di meraviglioso a cui ha voluto aggiungere la propria straordinaria genialità.
Scrive Jack Hillier (consulente per 25 anni sulle arti orientali presso la Sotheby):
Ligustro Berio era senz’altro
destinato a diventare un creatore di stampe, ed in particolare modo di quelle
realizzate attraverso incisioni su legno e con successiva stampa a colori, come
era in uso nello straordinario “Periodo Edo” nel Giappone del 1615 – 1868 con
lo splendore dell’”UCHIYO-E”. Durante una lunga convalescenza, a
seguito di una malattia cardiaca, nel 1972 egli cominciò ad interessarsi alla
pittura ad olio, ma non trovò in tale tecnica piena soddisfazione. Più tardi si perfezionò nel pastello,
ma anche questa tecnica non realizzò le sue aspettative: pur tuttavia fu
proprio il pastello che lo portò ad uno studio approfondito di moltissime
qualità di carta. Furono, più di ogni altra cosa, la
scoperta delle sorprendenti qualità delle carte giapponesi fatte ancora a mano,
che condussero “Ligustro” all’antica grafica giapponese. Abbastanza repentinamente, trovò che
non solo era attratto, ma particolarmente portato a cimentarsi nell’incisione
dei blocchi dei legni adatti con il fine di stampare nello stile “NISHIKI-E” (il
coloratissimo stile detto “Broccato”). Ma Ligustro aveva altresì un
inaspettato talento nel realizzare manualmente questa intricata tecnica
orientale. Avendo così trovato un mezzo che gli permetteva
di esprimersi, imparò da autodidatta i laboriosi e difficoltosi processi della
stampa a colori ed in questa si perfezionò. Numerosi sono stati gli artisti
occidentali che hanno tentato di realizzare stampe a colori usando i blocchi di
legno incisi. Per esempio Henry Riviere e John
Platt, ma nessuno ha raggiunto la maestria di Ligustro, sia nella padronanza
della complessità tecnica di incisione che in quella della stampa. Tra gli antichi artisti giapponesi,
gli esempi più eclatanti di questo virtuosismo tecnico furono riservati ad un
certo tipo di creazione, usualmente di piccolo formato, denominato “SURIMONO”
(letteralmente: una cosa stampata) ma in effetti era usualmente una stampa
commemorativa od un mezzo per porgere auguri ed altresì una pubblicazione per
l’inaugurazione di un circolo letterario ecc. o semplicemente un mezzo per pubblicare
versi. Sorprendentemente, Ligustro Berio, ha
seguito i maestri giapponesi, non solo nelle tecniche dell’incisione delle
tavole a colori, ma anche nel creare xilografie policrome ricche di simbolismo
con incorporate poesie (HAIKU’, KIOKA) in calligrafia giapponese ed un
fantasioso uso d’immagini, di sigilli incisi a mano. Questi ultimi, possono semplicemente dare
“Nomi all’artista” od esprimere, con simboli pittorici, buoni auguri di
longevità, felicità od altro. Ma la più sorprendente dote
dell’artista è la sua insuperabile abilità nell’incidere il legno e nel
raggiungere effetti di stampa che competono con il virtuosismo degli abilissimi
incisori e stampatori del 1600 – 1800 giapponesi. Nessuna riproduzione a colori può ”Rendere
giustizia” all’originale, sia per la brillantezza metallica della patina di oro
e argento, sia per la superficie trattata con lacca e mica o per la stampa
cieca usata per ottenere effetti di rilievo. Il “SURIMONO” quadrato delle “LUCCIOLE
E LUNA CRESCENTE” dà qualche idea sulla complessità della venatura dell’oro e
dell’argento e sulla gradazione del colore nel cielo, dall’indaco al lilla, che
serve come sfondo alle lucciole, ognuna con il suo alone di argento e di
brillante mica. Un altro “SURIMONO” mostra un ragno su di una ragnatela
d’argento di squisita fragilità; esausto tra i papaveri in un campo ed uno
spaventapasseri, e sul fondo, come avviene spesso nelle stampe di Ligustro,
appare un glorioso sole rosso ed immenso. Nella serie di stampe “SURIMONO”
dedicate ai dodici mesi dell’anno, Febbraio ci porta l’inserzione di un gruppo
di anemoni pieni di colore che brillano di rugiada su di un manto nevoso sotto
scuri alberi. Sempre nelle opere di Ligustro, c‘è
questo tipo di inaspettata poesia espressa in incisioni su legno con colori di
incredibile raffinatezza. Esse sono uniche tra le grafiche
moderne.
Scrive ancora il prof. Marco Fagioli (insegnante di Art Expertise
presso Istituti di Cultura Americana in Italia e di consulenza per l’arte
antica presso la Farsetti arte di Prato) sulla TECNICA di Ligustro:
"Al 1985 risalgono anche le prime
prove xilografiche dell’artista; una veduta dei tetti di Oneglia, con un fiore
in primo piano e il grande cerchio del sole sullo sfondo; una barca con il
marinaio al timone su una nave curvo, e nuovamente l’astro che tramonta con la
sua scia riflessa sull’acqua. Si tratta di xilo su legno di
“testa”, come si è detto, e non di “filo”, come avviene comunemente nella
stampa giapponese e come il Ligustro prenderà a fare successivamente. Ma da queste prime, essenziali e
quasi scarne prove, alle ricche stampe “broccato” (Nishiki-e) negli anni
Novanta la corsa sarà breve. Ligustro, come tutti i geniali
autodidatti, assumerà gli elementi della stampa giapponese rielaborandoli con
una sua personale tecnica; così si fabbricherà degli strumenti propri al fine
di ottenere gli effetti desiderati.
Il baren, o tampone dischetto per premere il foglio sulla matrice in
legno, di sughero a diametri varianti, e non di corda; il kento, o registro marginale sulle matrici, a modulo variabile,
un’idea questa che solo a prima vista pare banale – come tutte le idee
innovative – che il nostro deve avere mutato dalle vecchie cassette a regolo
dei caratteri tipografici, ma che gli permette di fatto di realizzare anche l’uso
di decine e decine di matrici sullo stesso foglio senza ricorrere all’accumulo
delle tavolette di legno.
Così dalle prime prove di policromia,
rabeschi di limoni in giallo, oro, verde e violetto, Ligustro è giunto al suo
primo piccolo capolavoro xilografico, Il
mio mondo, 1989, un foglio di più di cinquanta centimetri, in cui ha
dispiegato tutte le magie della tecnica Nishiki-e;
il gofun, l’uso della polvere di
conchiglia nel pigmento, il karazuri, tecnica
di stampa per impressione a secco, con effetti di rilievo, il sabi-bori, tecnica di stampa che
evidenzia le pennellate, il bokashi, la
gradazione del colore, e si veda a questo proposito il prezioso glossarietto di
Fiamma del Gaizo in fondo al catalogo alla recente mostra Arte xilografica giapponese dei secoli XVIII – XX, per il decennale
del Centro Studi d’Arte Estremo – Orientale di Bologna.
Durante l’ultimo decennio la creativa
vena xilografica di Ligustro si è sviluppata ampiamente: da prove preziose come
Il sogno di Chuang Tse: La farfalla, un
foglio accompagnato dalla calligrafia “Nulla si sa e tutto si immagina”, che
evoca stilisticamente tanta grafica Decò, alla prima serie dei tre diversi
“stati” di Jneja, con le vedute del
golfo di Imperia in tre momenti del corso del sole, dall’alba alla notte.
Questa attenzione di Ligustro alla
diversa luce del giorno, intesa come intonazione di cromie sullo stesso
disegno, ritorna, mi sembra, anche in altre serie di varianti: Il circo, del 1998, e la Finestra del pittore dello stesso anno.
Si tratta di grandi fogli, di
sessanta per quaranta centimetri, in cui egli dispiega tutta la sua grande
abilità di incisore e stampatore – si ricordi che in Giappone non era la stessa
persona a fare queste due operazioni – e soprattutto la sua genuina natura di
poeta dell’immagine.
Sono, queste stampe di Ligustro, come
anche Sole nella rete, 1998, Palloncini, 1998, Varco nel cielo, 1999, La
danza del sole e Malinconica attesa,
2000, degli esempi potenti di come la xilografia, in quest’epoca di arte
concettuale e computerizzata, non sia morta; di quanto l’immaginazione, la mano
paziente dell’uomo possano dare all’espressione delle figure del mondo.
Vi è infine quella stampa che io
preferisco, Geisha alla finestra con
veduta di Oneglia, 1998, che a me pare uno dei piccoli capolavori della
xilografia del Novecento e che sintetizza in un’immagine alcuni dei motivi
centrali della nostra cultura figurativa: l’immagine della donna di spalle
mentre si pettina, la finestra sul golfo con la luna, il fiore in primo piano e
la quinta di base, il paravento di glicini, con la lucertola che pare mirare la
luna argentata.
Qui si assiste, nella piena autonomia
dell’illustratore – intendo illustrazione nel senso più alto – a tutta una
serie di “richiami visivi”, da Utamaro a Matisse, dai Nabis all’Art decò;
perché questa è stata la magia di Ligustro che, nel momento in cui egli voleva
“rifare” l’Ukiyo-e, egli ha fatto se stesso, e tutte le suggestioni tecniche
che andavano a confluire nella sua abilissima perizia manuale, dalle
raffinatezze dei surimono all’eleganza del Nishiki-e, si sono piegate
all’immaginazione di un uomo dei nostri giorni.
LIGUSTRO E I SUOI
MODELLI GIAPPONESI
Volendo percorrere, se può servire,
la strada dell’analisi stilistica, le xilografie di Ligustro non sono dunque
vicine a quelle dei maestri dell’epoca d’oro dell’Ukiyo-e (Harunobu, Utamaro,
Kiyonaga), cui egli ha guardato ed ha reso omaggio come nella stampa Aragosta, 1997, come ha fatto con
Hiroshige; sono invece vicine a quelle di outsider della xilografia, come Paul
Jacoulet, ed ai maestri giapponesi del Novecento, quali Yamamoto Shoun (1870 –
1965), con quei tipici riquadri floreali intorno ai ritratti femminili,
KawaseHasui (1883 – 1957), quando disegna fiori, come in Iris (1929), e non paesaggi, infine YamamuraKoka (1885 – 1942),
artisti tutti questi che declinarono la traditio
dell’Ukiyo-e nella modernità.
E un altro piccolo gioiello di
Ligustro, che è il ritratto di Lindasay
Kemp in Onnagata, (1992), ci conferma questa sua vocazione verso i maestri
tra le due guerre, una vocazione certo non leziosa ma neppure severa, quanto
invece fantasiosa.
Ecco, nell’uscire dallo studio di
Ligustro dopo la mia visita, vedo nello scaffale dei suoi libri più cari le
monografie di Seraut, Touluse Lautrec, il Doganiere Rousseau, ma anche Folon, e
penso che mai, come nella xilografia, la grande arte del disegno si è sposata
con la fatica manuale, lo scavare dell’intagliatore.
Ligustro mi sorride e mi racconta
come fa a procurarsi quella polvere, mica perlacea di conchiglia, che rende
così preziose le sue stampe, dalla Corea; solo ora capisco perché questi fogli
hanno così entusiasmato il nostro comune amico e maestro Jack Hillier, al quale
la critica moderna dell’Ukiyo-e deve tanto: “Your printis so enchanting, so
exquisitely cut and printed, that i do not think anything i can teach you (…),
You have produced something so personal and original, that it might even harm
your work if you had regular instructions which might tend to cramp your
style”, (da una lettera di Hillier a Ligustro del 10 Luglio 1987).
Aveva capito bene Hillier, che prima
di essere studioso era appassionato xilografo, quanto la storia dell’incisione
in ogni tempo si rinnovi e, al di fuori di ogni convenzione, produca i suoi
puri frutti.
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