IO L'HO VISTO di Federico Sollazzo, da https://costruttiva-mente.blogspot.com/
domenica 14 luglio 2019
di Federico Sollazzo
(p.sollazzo@inwind.it)
Ho visto un
uomo, da solo, in un parco soleggiato, su una panchina all’ombra, che leggeva
un libro, cartaceo.
Certamente,
si potrebbero pensare tante cose paragonando questa immagine a quella che ho
visto qualche sera prima, di un gruppo di adolescenti, insieme, di notte, su
una panchina, ciascuno in silenzio ricurvo sul proprio smartphone. E le due
cose non sono equivalenti, come vuole suggerire quell’immagine che gira su
internet di persone silenziose ricurve sullo smartphone e persone silenziose
ricurve sul giornale; non è la stessa cosa perché le prime sono assorbite, le
seconde sono assorte, perché il cartaceo comunica più sensazioni ai cinque
sensi, quindi stimola la sensibilità e quindi la comprensione del mondo che ci
circonda, non la mera logica formale razionale che ci porta ad essere stupidi
come delle macchine, che però si credono sensibili come persone, perché il
cartaceo non isola, il virtuale, apparentemente connettendo, sì, e per tanti
altri motivi che però ora non mi interessano.
Quello che
quell’immagine, di quell’uomo in lettura riflessiva in un posto pacifico, mi ha
stimolato è invece un altro pensiero, o forse visione.
Mi immagino una persona che, per una qualsiasi
circostanza fortuita, una pensione, una vincita, un’eredità… possa sfuggire a
quell’incubo ad occhi aperti che noi moderni chiamiamo lavoro (e sia chiaro che
chi soffre per la sua mancanza, non soffre perché non ha un lavoro, ma perché
non ha i “benefici” che dipendono da esso, come lo stipendio; bisogna mettere i
puntini sulle i perché altrimenti da premesse sbagliate non possono che
derivare ragionamenti sbagliati) e che impieghi il proprio tempo dedicandosi a
ciò che le piace (e qui il pensiero corre alla differenza essenziale tra
gratificazione e soddisfazione: la prima dipende da quelle cose che non avranno
più significato una volta passate e quindi, fondamentalmente, una volta che noi
saremo passati, la seconda viene dalla consapevolezza, dallo stupore,
dall’emozione di comprendere di far parte di un senso di cui siamo figli, che
non inizia né finisce con noi) e questo piacere, questa soddisfazione, questa
gioia, non può che essere non competitiva e indirizzata a nessun altri che a se
stesso (l’unico tribunale con cui fare i conti al momento della morte,
probabilmente, nell’intera vita di un uomo, l’unico istante di autentica e
inevitabile sincerità).
Bene, una
persona del genere trascorrerebbe la sua giornata in una tranquillità figlia di
tutta la scena di cui sopra. Magari si alzerebbe con calma, sbrigherebbe alcune
commissioni e poi andrebbe in un posto sereno a leggere, poi farebbe una pausa
a metà giornata, tornerebbe poi nel suo posto sereno che concilia il pensiero,
sbrigherebbe poi, forse, le ultime commissioni e si riposerebbe per la notte,
magari dopo aver visto uno di quei rari film che equivalgono ad uno di quei
rari veri libri.
Una persona
del genere, e sono sicuro che esistono, penserebbe pensieri profondi,
semplicemente perché sensibili, infinitamente più sensibili e perciò più
profondi di quelli di un qualsiasi odierno “professionista” del pensare, che
proprio per questa ipotetica soglia tra professionismo e amatorialismo non è
già più un sincero pensare, ma un mero operare funzionale in ossequio a
criteri, circostanze e situazioni diametralmente opposte a quelle qui
immaginate.
Ecco, darei
tutto quello che ho per conoscere questi pensieri, estremamente, completamente
più profondi e sconosciuti degli pseudopensieri di chi “pensa” per lavoro e per
essere diffuso dal circo massmediatico. Pensieri che nascono solo per
soddisfare se stessi, destinati ad essere saputi solo da se stessi, per questo
così delicati e preziosi. Pensieri che l’umanità non è destinata a sapere, che
nascono con un soffio e se ne vanno in un soffio, eppure così eterni. Eppure,
se li conoscessi, non sarebbero più quello che sono. Non solo non ne ho la
possibilità, ma non sarebbe neanche giusto che io li conoscessi, solo per
questo li distruggerei. Si gode sapendo che questi pensieri, da qualche parte,
ci sono e che si possono incontrare i propri, quelli che nessun altro mai
saprà, ma che, in fondo, tutti sappiamo che ci sono.
CriticaMente di Federico Sollazzo è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale
Commenti
Posta un commento