CENTO FARFALLE E... PIU 'raccolta poetica di Massimo Pinto
In libreria “Cento Farfalle e… più”:
la raccolta poetica di Massimo Pinto pubblicata da Bastogi Libri
“[…] La finestrella
inquadra/ di luna argenteo il lume/ che illumina la roccia/ della casa di Dio.
Di pietra è il mio giaciglio,/ ruvida la coperta,/ mentre tra me io prego/ che
notturni piaceri/ non vengano a tentare/ il mio giovane corpo:/ occhi di brace
e seni/ di fanciulla tra i fiori,/ che ergono il mio sesso./ Tutto ho compiuto
ormai:/ mi addormento sereno./ Clemente il Buddha viene,/ tra le braccia mi
prende/ e in volo mi conduce/ lassù, sempre più in alto,/ del Chomolungma in
cima./ […]” ‒ “Il monaco tibetano”
“Cento Farfalle e…
più” è una raccolta poetica dell’autore Massimo Pinto, pubblicata nel 2017
dalla casa editrice Bastogi Libri.
Abbiamo conosciuto l’autore nel 2016 con il romanzo “Il trono del padre ‒ L’innocenza”, uno spaccato della relazione esistente tra
padre e figlio attraverso due momenti storici diversi: il 1950 a Roma ed il
1820 a Vienna nella corte di Napoleone Bonaparte. Inaspettata una raccolta poetica che mette in luce le simboliche
vedute e l’ampiezza di spirito di uno scrittore che ha esordito in prosa
con un romanzo di carattere storico ed antropologico/familiare.
“Cento Farfalle e… più” apre, successiva
alla Prefazione di Massimiliano Grotti, con un consiglio per il lettore pronunciato in modo solenne dallo
stesso Pinto: “Le poesie non dovrebbero
essere lette rapidamente come un romanzo, tutte di seguito in fila; anzi
sarebbe bene leggerne non più di tre o quattro nella stessa giornata, e su
quelle soltanto soffermarsi a lungo sino a che non rivelino tutto ciò che
debbono rivelare, che sarà diverso per ogni lettore. Soltanto dopo si dovrebbe
andare avanti. Una per una sono poesie, una dopo l’altra un romanzo, come lo
srotolare visivo di un “volumen” di una ipotetica colonna romana.” Un
consiglio valido per tutti i versi che son stati scritti perché essi rappresentano l’essenza di un lungo e tortuoso dialogare del pensiero che il
poeta opera incessantemente per mesi, anni.
Nello specifico
Massimiliano Grotti scrive: “Così,
mentre la narrativa si rivela un viaggio verso altri mondi e realtà, la poesia
si struttura come un lento cammino verso il proprio io interiore, spingendo
l’uomo a ritrovare il senso di sé per ristabilire una naturale comunicazione
con le cose e con i suoi simili, per indurlo a momenti di meditazione e di
riflessione sulla temuta realtà e sul suo rapporto con gli altri. […] La
poesia, difatti, è anche rispondere a quella voce interiore che proviene dal
profondo, un richiamo intraducibile e ineffabile per mezzo della prosa ma che
si concretizza mediante l’arte poetica. Il linguaggio diviene strumento
attraverso cui, ancor prima di comunicare, si vuole esprimere uno stato e dove
ogni agglomerato di vocali e consonanti, ogni parola può suscitare emozioni
diverse in lettori e uditori differenti. Il poeta, così, utilizza le parole non
per la mera comunicazione pratica bensì per esprimere una particolare
condizione dell’essere, dell’anima.”
“Cento Farfalle e… più” consta di tre parti denominate “I
frutti acerbi sui rami”, “La messe
matura” ed “ormai ingiallite, cadono le foglie”. Le liriche sono immerse in
una pluralità di metro che riecheggia le pubblicazioni degli scorsi secoli, non
è infatti abituale nella pubblicazione contemporanea trovarsi davanti un’opera che spazia dai versi liberi agli
endecasillabi, ai decasillabi, ai novenari, ai settenari, ai senari, da strofe
strutturate (eptastiche, cinquine, quartine, ecc.) a quelle libere, sino
all’assenza di strofe, dall’assenza di rima alle rime baciate o alternate,
dalla lirica compatta al poemetto, in un godibile, sapiente ed ispirato
alternarsi, ove anche la forma diventa parte della sostanza.
Esplorazione del verso,
esplorazione della struttura che si impadronisce della parola sino alle
viscere del simbolo. Nella Prefazione di
Grotti, infatti, troviamo: “Optando
talvolta per il verso libero, tipico di molta poesia contemporanea, talora per
una metrica più tradizionale, il poeta impiega sillabe e versi nella decisione
di tagliare e interrompere il flusso poetico attraverso un abile impiego delle
strofe o della struttura della rima, tra assonanza o consonanza. La musicalità
e il ritmo conferiscono maggiore matericità alle parole di Massimo Pinto,
dotandole di ulteriore espressività soprattutto alla luce di un passato
costellato di soddisfazioni, di rimpianti e di quel senso di perdita, costante
della vita umana.”
“Non sembra sia
bastato/ mettere in evidenza,/ con sondaggi spaziali,/ il cosmico irrisorio/ di
questo nostro globo/ e, conseguentemente,/ la sua fragilità.// Ogni giorno di
più/ stiamo continuando/ a vendere tamburi,/ di pretender fingendo/ il silenzio
assoluto!” ‒ “I signori della guerra”
Massimiliano Grotti
nell’esporre le tematiche presenti in “Cento Farfalle e… più” configura i
versi come “[…] una cosmogonia onirica in
una costante tensione al realismo dando voce alle emozioni, alle fantasie, ai
rimpianti, alle riflessioni di una vita vissuta con sentimento e passione, nel
bene e nel male, ma anche con esperienze attinte dalla storia, la sua e la
nostra storia, e dai più remoti angoli del mondo. E proprio la tematica del
bene e del male, del giusto e dello sbagliato, del Libero Arbitrio viene
affrontata in un approccio dai tratti nicciani ma al contempo dando voce, in
Volontariato, a chi è dimenticato o diverso in un’aspra critica sociale: “Tra i borderline non ho mai trovato/
difficoltà a comprendere ed agire,/ mentre feroci ostacoli mi han posto/ le
persone “normali” dello staff/ che speculava su disgrazie altrui.””
Massimo Pinto è
nato e vive a Roma, laureato in Economia alla Sapienza ed in Teologia presso
l’Ateneo Romano della Santa Croce. È Croce al Merito Melitense del Sovrano
Militare Ordine di Malta. Nel 1998 ha pubblicato il saggio “Stato sociale e
persona”. Nel 2016 pubblica con la Bastogi Libri “Il trono del padre ‒ L’innocenza” premiato il 17 giugno 2017 con una Segnalazione Particolare della Giuria
presso la prestigiosa Abbazia di San Fedele a Poppi (Arezzo) per la 42°
edizione del Premio Letterario Casentino,
nella sezione narrativa/saggistica edita.
“[…] Ma dorme il
pescatore,/ sentendo come è grande/ il pensiero del mare/ nella notte
d’incanto,/ incontrastato nume/ delle radiose albe/ dai rosei polpastrelli,/
dei purpurei tramonti,/ e dalla barca sogna,/ libero, di tuffarsi/ nei tuoi
abissi profondi,/ stupefatto di gioia,/ respirando le acque/ dal tuo canto
sedotto,/ e, quindi unito a te,/ finalmente tuo eguale,/ salire oltre le stelle.”
‒ “Sogno
del pescatore”
Written by Alessia Mocci
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