CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
PACE - AMBIENTE – INTERCULTURA
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
in memoria di Franco Falco
NOVEMBRE
2019
Newsletter n. 8/2019
Eccoci all’ottavo appuntamento del
2019 con la newsletter di “LIBROMONDO”, Centro di Documentazione sull’Educazione
alla Pace e alla Mondialità che si
trova all’interno della Biblioteca
del Campus Universitario di Legino a Savona.
La
Biblioteca o Centro di Documentazione è un servizio di completo volontariato. Le case editrici e gli autori offrono libri come Saggi Gratuiti per
l’uso in Biblioteca. I ragazzi delle Scuole Superiori e alcuni adulti, in
qualità di volontari, leggono per primi i libri nuovi e ne fanno la recensione che viene pubblicata su newsletter come questa e
poi inviata a un cospicuo indirizzario. Le newsletter sono archiviate e sempre disponibili per consultazione
su vari siti, come annotato sotto.
Tutti gli
autori di libri relativi alle nostre sezioni e le Case editrici che lo
desiderino possono inviare libri in saggio alla Biblioteca. I libri saranno
recensiti come sopra. Per informazioni si può scrivere a
libromondo@hotmail.com
Le
sezioni della Biblioteca di Documentazione sono: Europa,
Asia, Africa, Americhe, Italia, Donne, Bambini, Religioni, Cooperazione
Internazionale, Migranti, Popoli, Diritti, Salute, Hanseniani, Educazione alla
Mondialità, Pace, Economia, Sviluppo, Alternative allo sviluppo, Agricoltura,
Ambiente, Terzo Settore, Mass Media, Protagonisti, Letterature, Fiabe, Favole,
Narrativa Ragazzi.
N.B. L’orario
di apertura della Biblioteca segue
l’orario della Biblioteca del Campus Universitario, dal lunedì al giovedì: 9.00-17.45;
venerdì 9.00-12.45. Il servizio è
interrotto durante le vacanze natalizie, pasquali, in agosto e il
18 marzo per la festa del S. Patrono di
Savona.
Mercoledì ore 9 - 12,
sono presenti in loco i
volontari AUSER.
SOMMARIO NEWSLETTER
·
Sezioni: ITALIA, EDUCAZIONE, SALUTE, DONNE, NARRATIVA
RAGAZZI, LETTERATURE
·
da TERRELIBERE.ORG: Perché Saluzzo è diventata la Rosarno del Nord
·
Le Poesie di ANASTASIA: GIOCO
DI SGUARDI
NB. LA BIBLIOTECA DI
LIBROMONDO – SAVONA ha la sua pagina su Facebook (https://www.facebook.com/Biblioteca-Libromondo-Savona-241149496385776/)
N.B. Le
newsletter sono pubblicate sul sito di AUSER
sul blog di Renata Rusca Zargar http://www.senzafine.info/
e sulla pagina facebook della Biblioteca https://www.facebook.com/Biblioteca-Libromondo-Savona-241149496385776/
Il cielo, che porta sole e terra e luna e
stelle, è fiero di portarle.
Come lui, il cielo, sii tu fiero di portare la tua vita.
Come lui, il cielo, sii tu fiero di portare la tua vita.
Proverbio dei Tuareg Kel Hoggar
SEZIONE
ITALIA
RIACE,
UNA STORIA ITALIANA
Chiara Sasso, Edizioni Gruppo Abele, 2018, pagg. 192,
euro 12,00
Davanti al caso di Domenico
Lucano, la persona comune rimane
sbigottita. In un Paese marcio di mafia, ’drangheta, camorra, corruzione
generalizzata, si individua un presunto pericoloso criminale che mina la
stabilità della sua cittadina e della
sua regione: l’ex sindaco di Riace! In
più di 150 anni, l’Italia non è stata capace di dichiarare davvero guerra alla
mafia condannando così il Sud, e quindi l’Italia tutta, al sottosviluppo,
all’irrilevanza. Infatti, fare guerra alla mafia non porta voti, anzi, li
toglie. Invece, additare un nemico, i voti li porta, eccome! Ben lo sanno i politici che hanno individuato
gli ebrei (chiedo scusa, ho sbagliato periodo storico, ma non tecnica
psicologica), i migranti, i musulmani, i clandestini, i neri, e chi più ne ha
più ne metta, come causa della crisi economica, della mancanza di lavoro, delle
difficoltà di qualsiasi tipo. Perché questo porta voti. Essere
intellettualmente onesti, uscire dagli slogan, chiedersi, prima di tutto,
perché la gente sia obbligata a migrare e a rischiare la vita, invece che
lavorare nel proprio paese, con i propri parenti e amici, la propria cultura,
le proprie abitudini, sono ragionamenti che non bucano su facebook. Come ha
denunciato il prete congolese Padre Battista: “Il mio paese, il Congo, grazie
alle miniere di cobalto permette a tutti voi di avere in tasca funzionante il
telefonino. Sono miniere dove bambini di quattro anni ci lavorano, dove lo
sfruttamento di società spesso europee è costante.” I casi di furto di spazi e risorse altrui,
specialmente in Africa, di sfruttamento della popolazione, soprattutto donne e
bambini, sono tanti altri: diamanti, monoculture, legno, biocarburanti… Eppure,
frasi come quella di Padre Battista, che dovrebbero farci bruciare di
indignazione, danno fastidio e non raccolgono affatto le adunanze oceaniche
osannanti che siamo, ultimamente, abituati a vedere, simili alle folle di tutte le dittature. Oggi, però, gli Italiani non sono obbligati, minacciati, da
una dittatura: sono persone che hanno
permesso di essere plagiate e ammaestrate. Essi
sperano che, abbattendo il nemico, troveremo le difficili soluzioni ai gravissimi problemi che
affliggono una popolazione di quasi otto miliardi di esseri umani e persino del
povero pianeta che ci sopporta ancora. Abbattiamo, dunque, quel povero nemico
che ha sfruttato la “pacchia” nei campi libici e di là è partito con i “taxi
del mare”. Scrive Giovanni Maiolo: “Durante il fascismo partivano i vagoni
piombati, stracarichi di ebrei,verso i campi tedeschi. Eccetto alcuni casi, il
popolo italiano chiudeva gli occhi, fingeva di non vedere, temeva le
conseguenze di una protesta. Oggi, i barconi carichi di disperati che
affrontano viaggi impossibili per inseguire una speranza di vita vengono
fermati in mare dalle motovedette italiane e riconsegnati alla Libia. Quello
che accade nelle prigioni e nei campi libici non è molto diverso da quello che
accadeva nei campi nazisti. Lì c’era l’organizzazione della morte, in Libia la
libertà della tortura. Donne violentate, uomini picchiati selvaggiamente e
torturati, a volte ammazzati. Gente che entra nelle carceri e di cui si perdono
le tracce. Per sempre.” Probabilmente,
al tempo del Fascismo, molti avevano paura della violenza su di sé e sui propri
familiari e, quindi, tacevano. Oggi non è la paura che stimola comportamenti
tanto disumani ma l’odio e, in particolare, l’odio razziale. Riace, dice Lucano, “era un piccolo paese che
si stava spopolando per via dell’emigrazione al Nord e all’estero.” Chi di noi
non conosce paesi e territori, un tempo agricoli, animati, vivi, che oggi sono
completamente abbandonati? La gente se n’è andata in città e ha dimenticato
fattorie, casolari, terreni… A Riace erano state riaperte le botteghe del
vetro, del ricamo, della ceramica, della tessitura, della cioccolata, degli
aquiloni, in un progetto di accoglienza ma anche di integrazione, di
apprendistato, di lavoro. Sarebbe certo utile al nostro Stato se, nello stesso
modo, si ridesse vita alla campagna spopolata, alle montagne svuotate, producendo
cibo per noi, rendendo di nuovo fertile la terra. Certo, non sarebbe facile.
Bisognerebbe prevedere qualcuno che
progetta, che insegna, che decide… Molto
più facile è lasciar ciondolare la gente per strada, senza futuro per sé e
neppure per il nostro Paese perché qui, se qualcuno fa qualcosa, diventa un ostacolo da abbattere. Non importa se la ’ndrangheta, ha un volume di affari
intorno ai 36 miliardi di euro. Tutto normale. Non così normale Riace. "Troppe cose strane in questo
paese con 600 migranti integrati. La raccolta differenziata fatta con asini e
una cooperativa gestita da migranti e riacesi come le botteghe che recuperano
tradizioni e antichi mestieri. Un nuovo asilo appena inaugurato. Ma non è
tutto, si lavora per l'acqua pubblica." Alle volte, si vorrebbe scappare via da questo mondo
tanto infame, da questo Paese dove il tuo vicino ti odia, dove un bambino di
tre anni è stato preso a calci perché marocchino. Alle volte, non si sa proprio cosa
fare, come continuare a vivere. L’unica speranza è che ci siano sempre più Domenico Lucano dappertutto, che abbiano
l’eroismo di pagare di persona, di fare politica quando la politica è pensare
al bene dell’umanità tutta. Perché non debba essere ancora una guerra mondiale
a sedare l’odio ma sia l’amore e l’impegno l’unica ragione per continuare a
vivere.
Renata
Rusca Zargar
https://www.controluce.it/notizie/riace-una-storia-italiana/
http://www.liguria2000news.com/riace-una-storia-italiana-recensione-della-prof-renata-rusca-zargar.html
16 ott 2019 —
Questo ultimo anno è stato un vero calvario per Domenico Lucano
e per Riace. Come saprete le elezioni di maggio scorso hanno visto un cambio di
amministrazione con un nuovo sindaco, Antonio Trifoli, eletto in una
lista filo leghista. Sulla sua eleggibilità c'è ora in corso un esame e il
Ministero degli Interni si è già espresso con parere negativo. Nel mentre molte
cose sono cambiate nel piccolo borgo della Locride e la "normalizzazione
forzata" della nuova amministrazione prosegue : via i cartelli "Riace
paese dell'accoglienza", via quelli con Peppino Impastato, degrado e
abbandono ovunque. Nonostante ciò, grazie a voi tutti e alla Fondazione
È STATO IL VENTO, è stato possibile
riaccendere la speranza e iniziare un percorso di rinascita ostinata e contraria.
Molte le iniziative in programma, fra queste il Capodanno a Riace. È
stata una lunga notte… ma si intravede la luce. Grazie alla pazienza e alla
perseveranza di tanti riacesi, operatori e cittadini che hanno continuato a
credere che Riace potesse rinascere, all’inesauribile ottimismo che ha pervaso
tutto il gruppo di lavoro, ai tanti cittadini, associazioni, enti che da tutta
Italia e dall’estero hanno voluto sostenere economicamente il progetto,
riconoscendolo come un simbolo e una concreta utopia. Oggi possiamo dire che
lentamente si sta ripartendo. Infatti, qualche cosa comincia a muoversi:
I
primi laboratori aperti dopo una chiusura durata oltre un anno, sono stati restaurati i
locali, acquistati materiali, ricollocato gli artigiani.
L’asilo
“parentale” aperto.
Il
Frantoio sociale prossimo ad entrare in lavorazione per la produzione dell'olio
extravergine di Riace, recuperando così un'antica tradizione e dando lavoro
anche ai migranti rimasti.
I
lavori a Palazzo Pinnarò, la sede storica della Associazione Città Futura e che sarà la
sede della Fondazione, stanno proseguendo.
Il
restauro delle case per l'accoglienza. Molte case, dopo il lungo periodo di
blocco dei finanziamenti, necessitavano di interventi di restauro, allacci di
corrente, equipaggiamenti. Ora sono di nuovo disponibili per chi volesse
soggiornare a Riace.
SEZIONE EDUCAZIONE
SCRITTORI SI DIVENTA
Metodi e percorsi operativi per un laboratorio di scrittura in classe.
Con Contenuto digitale per accesso on line
Jenny Poletti
Riz,
Erickson, 2017, pagg. 227, euro 18,28
Renata Rusca Zargar
Come o scaricarla
sugli altri, come non farsela scaricare addosso
DavidJ. Pollay,Edizioni Il Puntod’Incontro, 2013, pagg.
258, euro 13,90
Quando ho letto questo libro,
ne sono rimasta subito entusiasta. Tutti
sappiamo che l’ansia, lo stress, le frustrazioni, non solo rendono la nostra
vita più brutta e faticosa ma mettono in pericolo la nostra salute. Pollay ci insegna
in modo semplice e chiaro, fornendo esempi e aneddoti, a non scaricare la nostra
spazzatura emotiva sugli altri e a non ricevere quella altrui. Provare a non
diventare furibondi se abbiamo qualche contrarietà, a non rispondere alle
provocazioni quando a essere furiosi sono gli altri, migliora la nostra
quotidianità ma anche la possibilità di riuscita nelle nostre vicende personali
e nelle nostre relazioni. Come dice l’autore, un colloquio di lavoro sarà
affrontato con più probabilità di successo da una persona felice che non da una
angosciata e stressata. In questo modo, noi possiamo migliorare il mondo. Il
testo è diviso in capitoli, ognuno inizia con la citazione di una frase
importante, come, ad esempio: “Il paziente val più di un eroe, chi domina se
stesso val più di chi conquista una città.” (Proverbi, 16,32) Dato che sono un’insegnante
in pensione, come volontaria tengo dei Corsi di Scrittura Creativa per anziani.
Le pagine di questo testo mi hanno entusiasmato tanto che ho deciso di leggerle
e discuterle con le mie alunne. È stato un grande lavoro, benefico per loro e
per me. Per questo, sono convinta che tutti dovrebbero leggere e meditare
questo libro per ritrovare il sorriso.
Renata Rusca Zargar
SEZIONE SALUTE
Paolo Maresca, edizioni Epoké, 2018, pagg. 164, euro 16,00
Il diabete è una malattia molto diffusa,
oggi, specialmente man mano che aumenta l’età delle persone. Si stima che sia
diabetico più del 5% degli italiani e che in Europa vivano più di cinquanta
milioni di diabetici con un abbassamento sempre più grave dell’età d’esordio.
Il diabete, inoltre, è la seconda causa di morte, dopo le complicazioni
cardio-circolatorie. L’autore, in questo
libro, cerca di “esporre alcuni concetti di base sull’origine della vita nonché
sulle sue cause, per arrivare a ipotizzare alcune considerazioni sulla dimensione
del diabete.” partendo “dalle parole di Esiodo: ‘all’origine era il caos’.” Il
testo, infatti, non è il solito manuale che spiega, ad esempio, cosa mangiare e
cosa no, o peggio, come curarsi con il fai da te, bensì esplora tutto quanto, a
partire dalla cellula, la sua evoluzione, la nutrizione, la genetica
dell’insulina. Il diabete è una malattia complessa che si deve, oltre che al
plafond genetico, a innumerevoli altri
fattori. Per questo bisogna provare a comprenderne le cause nell’ambito
dell’evoluzione dell’essere umano. Ma anche il senso del cibo: il nostro modo
sbagliato di nutrirci che provoca molte malattie, nel tempo, il cammino del
cibo dalla pubblicità ingannevole al percorso nel nostro corpo, alla sua trasformazione da dove
viene anche la nostra energia. Il diabete è il meccanismo che non funziona,
spesso preceduto dall’ipertensione e dalla riduzione del colesterolo buono.
Determinante è l’attività fisica quotidiana, aerobica, la correzione dello
stile di vita e comprendere l’importanza del “come” si mangia. Il saggio è
molto appassionante perché scava nella nostra vita e in quella dei progenitori,
nel corpo e nelle sue trasformazioni attraverso i secoli, per contrastare una
patologia, il diabete, appunto, ma anche per avere, tutti, una vita più sana e
più consona alla nostra natura umana. Se nel nostro patrimonio genetico c’è il
diabete, non è detto che ci colpirà sicuramente. Molto dipende da noi. Per
questo, credo che ogni persona che abbia diabetici in famiglia debba
assolutamente compiere questo viaggio nella natura e nell’essere umano, insieme
all’autore.
Renata Rusca Zargar
COME RIMANERE A CASA
PROPRIA DA ANZIANI
A cura della Comunità
di Sant’Egidio
In collaborazione con
Corriere della Sera, Roma
Disponibile anche in altre città
Leonardo International, 2006, pagg. 288
Oggi, è più complicato di un
tempo occuparsi degli anziani mentre la vita continua ad allungarsi. Ogni
anziano, inoltre, desidera non lasciare la propria casa, se possibile. La
Comunità di Sant’Egidio ha predisposto una guida per rimanere a casa propria
potendo avere dei riferimenti precisi relativi a 10 grandi città italiane. A Roma è alla terza edizione. In ordine
alfabetico, vengono date tutte le informazioni burocratiche, gli indirizzi, i
centri e le associazioni che possono fornire aiuto e assistenza, dove e come
fare volontariato o impiegare il tempo libero. Una miniera di informazioni
utili che migliorano la qualità della vita delle persone e delle famiglie
coinvolte.
Simonetta Rassi
SEZIONE DONNE
Donne ribelli contro la violenza
1935-1945
Genova, Milano, Firenze e Parma
Maria Grazia
Corradi, Erga Edizioni, 2017, pagg. 316, euro 12,90
È un romanzo di
Maria Grazia Corradi. L’autrice è nata a Genova dove vive e dove è stata
insegnante e dirigente scolastico. Le Radici del Mirto è il suo primo romanzo.
Si svolge nell’arco di 10 anni, dal 1935 al 1945, parla di tre donne ribelli
contro la violenza. Tre storie parallele che si intrecciano. Sono personaggi di
differente età, estrazione sociale e culturale che vivono nel periodo storico
dell’ultima guerra mondiale e della Resistenza al nazifascismo. Salita del
Mirto è il nome fittizio di un’antica creuza genovese dove c’è una casa che è
il luogo d’incontro dei momenti salienti delle loro vite. I loro nomi sono
Jean, Norma e Perla. Jean è un’intellettuale genovese che interrompe la
carriera universitaria e prosegue l’attività commerciale di famiglia. Le sue
convinzioni e l’origine ebraica le impediscono di iscriversi al partito
fascista. Jean vivrà episodi di guerra partigiana attraverso la traduzione di
documenti preziosi per la Resistenza. Resistenza che pagherà cara perché verrà
colpita nei suoi affetti più cari: la figlia minore sarà vittima di una
violenza a sfondo sessuale. Norma, sartina della campagna parmense, fugge da
casa e per necessità di denaro diventerà
prostituta in case chiuse dell’Emilia e di Genova. Perla, quasi coetanea di
Norma, appartiene alla ricca e agiata borghesia genovese. Il padre è
proprietario di un’azienda di laterizi. Perla subirà un’aggressione da parte di
un balordo. Differente situazione economica, culturale e differenti destini per
le tre donne, accomunate però da un’autentica passione: la ribellione. Con
l’intensificarsi dei bombardamenti coabiteranno insieme nella casa di Salita
del Mirto. Le Radici del Mirto è un
romanzo che punta il dito contro gli istinti maschilisti di sopraffazione
contro le donne ancora oggi molto attuale. Un bel romanzo.
Maria Pera
ORFANI BIANCHI
Antonio Manzini, Chiarelettere,
2016, pagg. 250, euro 16,00
All’interno del
romanzo viene tratta una tematica che risulta essere attuale, e intorno alla
quale vengono sviluppate molte discussioni. La protagonista del romanzo è Mirta,
una donna moldava che si è dovuta trasferire in Italia, per poter avere la
possibilità di tentare di provvedere alla sua famiglia, che ha dovuto lasciare
nel paese natio. Attraverso la descrizione presentata delle condizioni di vita
della donna si sviluppa una forte empatia nei suoi confronti. Ella è costretta
a sopportare i giudizi e le insinuazioni di coloro che, dimostrando
superficialità e pregiudizi, hanno la pretesa di inserirla all’interno di un
contesto, ideato da loro e che non le appartiene, senza aver nemmeno conosciuto
la sua storia. I suoi sacrifici e la sua sofferenza in seguito all’aver dovuto
lasciare il figlio Ilie in Moldavia, in modo particolare dopo che, a causa di
un incidente che ha causato la morte della nonna, ha dovuto affidare ad un
istituto la sua cura, portano il lettore a immedesimarsi nel personaggio e a
soffrire per la situazione nella quale esso si trova. All’interno di questo
contesto, reso ulteriormente doloroso dal tragico susseguirsi di eventi
presentati alla fine del romanzo, risulta necessaria e doverosa una riflessione
riguardo a tutto ciò che viene valutato e giudicato rapidamente e
superficialmente, senza tenere conto della realtà dentro alla quale esso è
venuto a prendere forma. Ognuno è consapevole del fatto che l’apparenza non
rappresenta necessariamente la vera sostanza delle cose, dal momento che spesso
per proteggere se stessi o un’altra persona, si decide di non raccontare le
vicende nella loro completezza. Nonostante queste premesse, risulta essere
diventata una consuetudine dimenticare ciò che ognuno sa e incorrere in un
giudizio affrettato, che talvolta può opprimere il destinatario, non
considerando il fatto che, presto o tardi, un confronto con la realtà risulterà
inevitabile.
Silvia Masuzzo – Liceo Scientifico “Grassi” -Savona
SEZIONE NARRATIVA
RAGAZZI
LA
BALLATA DI JORDAN E
LUCIE
Christophe
Léon, CameloZampa, 2016, pagg. 160, euro 11,00
All’interno del libro vengono trattate varie tematiche,
ciascuna delle quali offre spunti di riflessione riguardo alla società attuale
e al modo di approcciarsi ad essa. Lucie è una giovane ragazza che come molti
suoi coetanei, si ritrova a dover affrontare diversi problemi: a casa i suoi
genitori litigano, e lei, per fuggire dai conflitti, si rifugia da sua nonna, e
inoltre vive la scuola con un approccio negativo, in modo particolare nel
periodo in cui è ambientato il libro, poiché dopo essersi offerta come volontaria
per un progetto scolastico riguardante l’integrazione, deve prendersi cura di
Jordan, un ragazzo affetto da disabilità intellettiva. Nel primo periodo Lucie
si trova in difficoltà, dal momento che i suoi compagni di scuola deridono lei,
ma soprattutto Jordan, dimostrando indifferenza nei confronti di una persona in
difficoltà. La situazione grava ulteriormente su di lei poiché, a causa dei
problemi familiari, non ha la possibilità di confrontarsi con un adulto del
quale si fidi. Una situazione analoga è vissuta da Jordan: sebbene egli viva
con il padre, per quanto riguarda molti aspetti della vita, i due sembrano non
conoscersi affatto. Nonostante le difficoltà iniziali, conoscendosi meglio, i
due ragazzi vengono legati da una profonda amicizia, tuttavia permeata da un
disagio che riguarda entrambi. La storia di Jordan e Lucie, sebbene possa
risultare particolare, in realtà potrebbe risultare familiare a molte persone:
i due protagonisti devono fronteggiare gli ostacoli che impediscono loro di
proseguire la loro vita in modo sereno e, sebbene talvolta fatichino ad
ammetterlo, essi soffrono a causa della situazione nella quale si trovano.
Fortunatamente, dopo essersi conosciuti, i due ragazzi sviluppano un legame che
si dimostra essere una vera amicizia: Jordan e Lucie sono riusciti finalmente
ha trovare una persona che li comprenda, anche quando non manifestano in modo
verbale i propri sentimenti, i quali non vengono più usati come un’arma contro
di loro, ma come uno strumento per aiutarsi l’un l’altra.
Silvia Masuzzo – Liceo Scientifico “Grassi” –Savona
Mendele Moicher Sfurim, Marietti
1820, 2017, pagg. 238, euro 16,00
Attraverso la
lettura del libro è possibile approcciarsi alla letteratura jiddish, fortemente
legata alla religione ebraica, cultura intorno alla quale viene sviluppata
l’opera. Il contesto in cui si svolge la narrazione non si presenta affabile
nei confronti della cultura ebraica: a partire da esso si può infatti capire il
clima di ostilità entro il quale sono costretti a vivere coloro che professano
l’Ebraismo. Nel romanzo viene presentata e analizzata la figura dello
“schnorrer”, termine che indica un mendicante, il quale non vuole ostentare la
propria richiesta di aiuto, in quanto teme che il fatto di dare l’impressione
di vivere in una condizione di indigenza possa oscurare le proprie qualità. La
presentazione di questo personaggio è permeata dall’ironia, elemento costituito
dall’approccio adottato da coloro con i quali interagisce. La sua figura è
caratterizzata da un forte orgoglio, ma anche da una ammirazione delle persone
nei confronti del fatto che, nonostante le condizioni avverse, essi riescano a
proseguire le proprie vite, sostenendo, in modo più o meno celato, la loro
condizione di mendicanti. Nonostante ciò essi non godono sempre di buona
reputazione, in quanto talvolta le persone risultano infastidite
dall’atteggiamento di fierezza di costoro. Le descrizioni e i dialoghi presenti
all’interno del romanzo mostrano una caratteristica tipica di ciascuna società
attuale, ovvero l’atteggiamento diffidente, e spesso recriminatorio, di tutto
ciò che è differente dalla consuetudine, il quale scaturisce principalmente
dalla non conoscenza dell’elemento che costituisce una novità. Una soluzione
proponibile per affrontare la situazione è presentata in modo implicito
all’interno del romanzo, dal momento che esso ne è ricco, ovvero il dialogo.
Una delle caratteristiche che dovrebbe contraddistinguere le società moderne da
quelle antiche è infatti l’apprezzamento della novità e della diversità, le
quali dovrebbero essere vissute come una possibilità di arricchimento personale
e di ampliamento dei limiti della propria mentalità, talvolta imposti da ciò
che, poiché antico, viene percepito come un modello al quale non è lecito
trasgredire.
Silvia Masuzzo – Liceo Scientifico “Grassi” - Savona
VOLEVO FAR GERMOGLIARE L'AFRICA
Padre
Giovanni Scalabrini, EMI, 2018, euro 11,00
Dobbiamo far sì che la solidarietà diventi una
"malattia infettiva", che contamini tutti. Parole come queste sono il
messaggio del prete che ha impegnato la sua vita in Uganda, perché gli
Ugandesi potessero studiare e lavorare. Questo testo bellissimo, che punta ai sentimenti migliori
dell'essere umano, racconta la sua storia. Fin dall'inizio, dall' incontro con
un missionario che prestava la sua opera proprio in Uganda, quando è nato il
suo desiderio di essere come quel prete. Poi, arrivano le difficoltà con il
padre, con se stesso, infine, l'Uganda. Padre Scalabrini ha dato aiuto, gioia,
accettazione, amore, a tanta gente. Leggere queste pagine, oggi, è come
prendere una medicina che ci salvi dalla nostra miseria, dal nostro egoismo. Le
sue parole non sono solo per l'Africa ma per ognuno di noi. Possono cambiare la
nostra vita. Infatti, chi è stato in Africa, non in un villaggio vacanze
di una multinazionale affamatrice, ma in un villaggio comune, dove non c'è
acqua né elettricità, dove i bambini muoiono perché magari hanno fame, bevono
acqua sporca e, probabilmente, non sono vaccinati non certo perché snobbano le
vaccinazioni ma perché non se le possono permettere, sa cosa si può fare là.
Con amore. Ci sono persone che usano il tempo della loro vita per sterminare
altri esseri umani, per odiarli, per sperare che venga loro del male. Poi, ci
sono persone che impegnano la loro esistenza per dare qualcosa agli altri,
perché siano un pochino più felici. Anche se Dio non esistesse, chi fa il bene, chi lascia
eredità d'affetti, continua a vivere nei germogli che ha seminato, proprio come
lui. Il
libro è corredato da importanti fotografie.
Renata Rusca Zargar
SEZIONE LETTERATURE
LA CANZONE LUNGA DI JAUFRÉ RUDEL
Alessandro Fogarollo, Esigere
Edizioni, 2014, pagg. 4, euro 7,00
Jaufré Rudel è un poeta
provenzale innovatore perché è uno dei primi a lasciare la lingua latina per
usare, nei suoi scritti, il “volgare”, cioè la lingua parlata. Non è, però,
solo questo. Egli insegue il sogno della donna perfetta da amare per sempre anche
se lontana. Una donna che rimane nella mente giorno e notte, desiderabile,
desiderata e, quindi, perfetta. Una donna con la quale condividere i più alti
pensieri. Jaufré Rudel affronta il mare e l’ignoto per sapere, capire, è il
simbolo della ricerca culturale e sentimentale. In questo testo, viene
raccontata in modo affascinante la sua vita, le sue vicende, il suo destino.
L’autore, che ha amato questo personaggio, vuole comunicarci la sua
essenzialità, perché non venga mai dimenticato.
Simonetta Rassi
Romanzo africano
Alessio Camusso, Kimerik,
2017, pagg. 620, euro 19,00
Vedendo un libro di così tante
pagine, un lettore può provare il timore di non riuscire a leggerlo. Invece,
no! È un libro molto interessante e avvincente per cui la lettura non pesa
affatto. Si tratta di una storia d’amore che si svolge in Africa ed è ricca di
avvenimenti, imprevisti, colpi di scena, con lo scenario meraviglioso dei
paesaggi africani. Chi è già stato in Africa, può ritrovare quelle atmosfere,
chi non ha ancora avuto la fortuna di andarci, può viaggiare con la mente, che
è sempre una piacevole esperienza. Quindi, consiglio questo libro a tutti.
Vittoria Sguerso
Poesie 1969 -
2018
Luigi De Rosa, Gammarò, 2019, pagg. 221, euro 18,00
Si tratta di poesie molto
profonde. In esse traspare il percorso di vita dell’autore, fatto di piccole
gioie ma anche di profondi affanni. Sono versi ricchi di sentimenti e
riflessioni. Ma hanno anche per sfondo lo scenario di bellissime città
italiane, perché De Rosa ha vissuto in varie località come Provveditore agli
Studi e, poi, come Sovrintendente
Scolastico Regionale in Liguria. Un Poeta che la critica ha osservato e osserva
con grande attenzione.
Vittoria Sguerso
Da
Terrelibere.org Perché Saluzzo è diventata la Rosarno del Nord
Inchiesta / In provincia di Cuneo è terminata
anche quest’anno la raccolta: 450mila tonnellate di frutta raccolte da 40mila
braccianti, la maggioranza dei quali africani. Una realtà ricca produce
accampamenti, caporalato, proteste e repressione. Perché?
19 ottobre 2019, di
Antonello Mangano
SALUZZO
(CN) – I frutteti della provincia di Cuneo producono oltre 450mila tonnellate
l’anno. Sul bancone del fresco di un supermercato, tuttavia, trovo pesche dalla
Spagna, kiwi dal Cile, pere da Sudafrica e Argentina.
Siamo nel cuore del
Piemonte agricolo, l’antico marchesato di Saluzzo: secondo alcuni la “Rosarno
del Nord”, per altri un distretto in crisi per colpa della concorrenza spagnola
e dei supermercati tedeschi. Con export verso tutta Europa settentrionale
e aziende che fatturano fino a 124 milioni l’anno, l’agricoltura del cuneese
non è certo povera.
Proprio
per questo ha fatto scalpore l’inchiesta “Momo”, un’indagine che risale allo
scorso luglio e che ha certificato l’esistenza del caporalato in Piemonte.
Aziende importanti sono finite sotto processo. Subito dopo, una lunga serie di
controlli nei campi ha fatto emergere irregolarità in serie. Le ultime
ispezioni risalgono a qualche giorno fa, con la raccolta ormai alle ultime
battute.
La solita
indifferenza
«La signoria vostra
è multata per la solita indifferenza mostrata rispetto ai migranti che
raccolgono la frutta». Il 2 settembre, giorno dell’evento più atteso dell’anno,
la fiera agricola, i cittadini che parcheggiavano
nello spiazzo del Foro Boario, trovavano sul parabrezza un’insolita multa. Nei
dintorni, un volantino altrettanto anonimo denunciava: «Frutta della Granda:
manodopera sottopagata, solo 3,50 l’ora». Coldiretti Cuneo reagiva con una
denuncia per diffamazione contro ignoti. «Non si scherza con il futuro di
migliaia di imprese e di lavoratori», hanno sintetizzato. I produttori
sono piuttosto nervosi. Lamentano una crisi che ha due volti: pagamenti
sottocosto e concorrenza globale. I colpevoli sarebbero tedeschi e spagnoli. I
supermercati in Germania pagherebbero la frutta meno del valore reale. Fanno
valere la loro posizione forte: i banconi tedeschi sono contesi tra ditte
italiane, greche, turche, sudafricane. Per cui inseriscono spesso prodotti
sottopagati tra le offerte civetta, quelle dei volantini pensati per attirare i
consumatori attenti al risparmio.
Le
aziende spagnole, dal canto loro, invadono il mercato con prodotti di qualità
discutibile ma dai prezzi concorrenziali. Sono diventate una Sono diventate una
superpotenza dell’ortofrutta, grazie al lavoro migrante, all’organizzazione
commerciale e al supporto del governo.
I contadini
piemontesi, invece, parlano di controlli eccessivi, disciplinari troppo rigidi
e norme sulla sicurezza alimentare. Limitazioni giuste, dicono, ma che
dovrebbero essere estese anche ai loro concorrenti. E poi c’è il costo del lavoro.
Un sito specializzato spiega che in Spagna il lavoro a norma costa 8,2 euro
l’ora, in Italia 12. Ma al bracciante rimangono più soldi in tasca nel caso
spagnolo: sette euro contro i sei che intasca lavorando nei nostri confini.
Quando è tutto in regola, si intende.
I
supermercati tedeschi fanno valere la loro posizione dominante. Le imprese
spagnole sono diventate una potenza dell’ortofrutta. I produttori piemontesi si
trovano in mezzo
In realtà in questo
gioco non ci sono buoni e cattivi. È un gigantesco “risiko” dove è facile
vincere o perdere. «La GDO non dovrebbe pagare il prezzo più basso, altrimenti
facciamo il giro del mondo a chi sfrutta di più», dice Debora Borghino, una
coltivatrice che ha sottratto l’azienda di famiglia al gioco al massacro della
concorrenza globale. Adesso si mantiene con i piccoli mercati locali, come
quello della rete “Genuino Clandestino”.
Non
è così per i suoi colleghi. Se prima i contadini temevano soltanto il meteo,
oggi sono preoccupati anche dalla geopolitica. Dazi appena introdotti o nuove
aree di libero scambio possono cambiare le carte in tavola, così come un
embargo, per esempio quello imposto da anni alla Russia. Sono temi di cui si
discute più in campagna che nelle città e che rivelano cosa è diventata l’agricoltura:
un pezzo dell’economia globale, ma che risente della politica globale.
Così i produttori
vivono di paure. I timori sono infiniti: una gelata, prezzi di vendita troppo
bassi, attese troppo lunghe prima di incassare, dopo aver speso e investito per
mesi. Ma non è difficile immaginare chi pagherà i loro timori. I braccianti
sono l’ultimo anello, ma anche un esercito flessibile “reattivo” rispetto ai
picchi della raccolta. Ma che non deve rivendicare diritti.
Il paradosso
«A
fronte di una richiesta di circa 10000 stagionali, il sistema dei flussi ha
fornito quest’anno solo 1200 lavoratori», annota su Facebook il sindaco Mauro
Calderoni. «Oltre il 40% dei lavoratori impiegati nella frutticultura del
saluzzese è ormai di origine africana. Ma 18mila ettari di frutta hanno bisogno
di un sistema organizzato e gestibile di reperimento della manodopera».
Il
sindaco denuncia un paradosso. I “flussi di lavoratori” non sono coordinati su
scala nazionale, ma neppure al livello regionale. Così in Emilia o Veneto c’è
carenza di manodopera, mentre a Saluzzo si accampano centinaia di africani
nella speranza di un ingaggio. Il reclutamento avviene spesso porta a porta o
con metodi fai da te. I costi sociali sono scaricati dal livello aziendale a
quello pubblico.
Basta arrivare
nello spiazzo del Foro Boario per averne una prova. Decine di braccianti
africani accampati si contendono un posto letto al Pas, il centro di
accoglienza messo su anche quest’anno per dare una risposta a un’emergenza paradossale,
quella di lavoratori che non riescono ad avere un letto.
Sono africani già presenti in Italia e che hanno lavorato nel
Sud. Gente che non è sicura di trovare un ingaggio ma sa che, nei picchi della
raccolta, le aziende potrebbero avere bisogno immediato di loro. E così ogni
anno – a partire da maggio – centinaia di braccianti stranieri arrivano nella
zona, attirati dal passaparola tra connazionali. Si dividono in tre categorie:
persone appena arrivate in possesso di permesso umanitario; lavoratori
ricacciati nelle campagne dalla crisi, magari ieri operai in fabbrica e oggi
braccianti per necessità. Infine i professionisti delle raccolte agricole,
impegnati in un circuito stagionale da un angolo all’altro della Penisola.
Questa categoria sta diventando sempre più “europea”, perché in tanti cercano
lavoro in Francia e soprattutto in Spagna. Ma poi sono costretti a tornare in
Italia per il rinnovo dei documenti. Due maliani, per esempio, mi dicono di essere stati
nei Paesi Baschi, parlano già spagnolo e sono soddisfatti delle condizioni di
lavoro che hanno trovato. Ma sono bloccati in Italia, costretti a tornare per
seguire le pratiche dei ricorsi ai Tribunali o dei rinnovi dei permessi nelle
questure più improbabili, dall’Abruzzo alla Calabria. In pratica, quando sono
sbarcati li hanno trasferiti negli hotspot, grandi centri di smistamento e poi
nei centri di accoglienza di tutta Italia. Qui hanno fatto richiesta d’asilo e
sono rimasti incastrati alla Questura di competenza.
A luglio, stanchi
di aspettare un posto letto sotto i frequenti temporali, un gruppo di africani
ha manifestato per chiedere l’apertura di un capannone che rimaneva chiuso di
fronte al Pas. Dopo qualche settimana, la Questura individuava i promotori
della manifestazione. Cinque africani
hanno
ricevuto un foglio di via obbligatorio. Uno di loro si è visto notificare un
provvedimento di espulsione.
Chi
oserà protestare, la prossima volta, se a una richiesta legittima si risponde
con provvedimenti di polizia?
Momo
«Me
ne servono subito altri quattro. Fai in fretta. Tra dieci minuti passo con il
furgone a prenderli». Lo scorso maggio la Procura di Cuneo avviava l’operazione
Momo, un vero spartiacque in un territorio in cui si negava l’esistenza del
caporalato (“Non siamo a Rosarno”, dicevano in tanti).
«L’inchiesta
dimostra che il fenomeno nella zona è consolidato», dichiarava in conferenza
stampa il procuratore Onelio Dodero. Un giro di braccianti contattati via
telefono o chat di Whatsapp, con l’ordine di presentarsi al lavoro dopo pochi
minuti. Anche di notte.
Il
bilancio finale racconta di diciannove lavoratori schiavizzati, tre fermati,
due imprenditori italiani coinvolti. Cinque euro di paga oraria, da cui
sottrarre i costi per il caporale e quelli per vitto e alloggio. Sette giorni
su sette e fino a dieci ore al giorno, senza protezioni nonostante il lavoro con i muletti nei magazzini e i pesticidi nei campi.
A chiusura di ogni finto contratto regolare ai lavoratori venivano versati 50
euro, da restituire con l’ingaggio successivo. In caso di controlli, venivano
consegnati “pizzini” per mentire su ore lavorate e giorni di assunzione.
Da allora i
controlli si sono intensificati, fino all’ultimo datato 27 settembre. Da
Saluzzo a Revello, durante i controlli in 40 aziende, i carabinieri hanno
trovato quattro braccianti africani che lavoravano senza un regolare contratto.
Uno di questi, irregolare, ha mostrato un permesso di soggiorno e un contratto
di lavoro intestato a un suo connazionale, in quel momento assente. Sotterfugi
dei padroni cose che di solito si vedono al Sud. Ma quando la filiera ha la
stessa struttura, quando il potere dell’economia sugli esseri umani prevale,
uguali sono anche le conseguenze.
Nel piatto che hai di fronte ci sono le urla di
Becky, mentre la baraccopoli da duemila persone le brucia intorno. Ci sono i
denti di Dominic, che battono di febbre mentre muore in una tenda nella
campagna calabrese e pensa che è sfuggito alla guerra in Africa per morire in
Europa. Ci sono le lacrime di Luana, che sopporta lo sfruttamento sessuale in
una serra siciliana per regalare una vita migliore ai figli. Nei nostri piatti
ci sono le squadre di razzisti con bastoni e taniche, i padroni che non pagano
dopo una stagione di sudore, le gabbie burocratiche che creano lavoratori senza
diritti. Questa è l’eccellenza del cibo italiano: produrre con lo sfruttamento
e chiamarla “emergenza”. Questo libro è un viaggio da Nord a Sud: Asti,
Saluzzo, Chianti, Foggia, Rosarno, Vittoria. Nelle serre e nei ghetti. Tra
pomodori, vino, arance e mele. In mezzo a contadini e multinazionali. Alla
scoperta dell’orrore dietro l’etichetta del supermercato.
POESIA DI
ANASTASIA: GIOCO DI SGUARDI
GIOCO DI SGUARDI
Ti vedo
Mentre mi guardi
Con
Quegli
Occhioni azzurri
Languidi
D’amore
Ti guardo
Mentre
Mi guardi
Con
Quel
Sorriso dolce
Che hai
Percepisco
Il
Tuo gioco
Segreto
Di
Sguardi
Di
Sogni
Proibiti
Vedo te
La
Strana luce
Che
Emani
Mentre
Mi attraversi
Come
Un’ombra
Il desiderio
Dei
Miei
Sguardi proibiti
E
Rimango immobile
A
Guardare
Il
Tuo splendore
Sei
Un gioco
Dannatamente bello
Ma
Pericoloso
ANASTASIA
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