PERCHE' NULLA CAMBI di Padre Mauro Armanino
Perché nulla cambi
La cosa migliore è quella di cambiare tutto. Lo scrisse in un noto passaggio Tomasi di Lampedusa ne 'Il gattopardo’ . Dal mio arrivo, nel 2011, il Niger viene classificato agli ultimi posti nell’Indice dello Sviluppo Umano. Il rapporto annuale, pubblicato recentemente dalle Nazioni Unite, seppur sfumando i dettagli, conferma che l’Africa subsahariana conserva in classifica le posizioni di coda. I fattori presi in considerazione per stilare la graduatoria sono tre. Si tratta della speranza di vita, l’indice di istruzione e il prodotto interno lordo pro capite. I regimi militari seguono quelli civili che sfociano in colpi di stato a loro volta creatori di periodi di eccezione e terminare, per ora, nella ‘rifondazione’ del Paese. Tutto ciò passa e il Niger rimane, nel rapporto citato, non lontano dall’ultimo posto della lista.
Paese incastonato nel Sahel Centrale, il Niger, per la sua posizione geografica, è una Terra di Mezzo, uno degli spazi di passaggio verso l’Africa del Nord. Non casualmente fu proposto e in parte ‘imposto’ dall’Unione Europea come argine ufficiale alla mobilità dei migranti proveniente dalla costa atlantica o l’Africa Centrale. Il Niger divenne come una frontiera mobile, invisibile e reale per migliaia di persone che tentavano di tradurre a proprio conto il diritto di viaggiare così come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani al numero 13. Secondo l’attuale ministro delle Giustizia e dei Diritti Umani nel rapporto periodico del Niger a Ginevra, il Paese ha ricevuto 1 844 661 migranti nel 2018 e 451 857 nel 2022. L’attuale regime ha abolito la legge che criminalizzava e dissuadeva la mobilità dei migranti.
Ciò cambia tutto e non cambia nulla perché la confinante Algeria continua ad arrestare, spogliare di tutti i beni, deportare, espellere e abbandonare migliaia di migranti nel deserto che la separa dal Niger. Sono migliaia i migranti che sopravvivono in condizioni al limite dell’umano nella cittadina nigerina frontaliera di Assamaka. Le cose non vanno meglio in Tunisia anche grazie agli accordi con l’Unione Europea con l’Italia in testa. Peggio ancora in Libia dove, dalla guerra della Nato e l’assassinio di Mohammed Kaddafi, nel 2011, ha ridotto in macerie incattivite un Paese che godeva di un livello di vita notevole. Da anni ormai i migranti, i rifugiati, i richiedenti asilo e le persone in cerca di lavoro in Libia sono detenuti e usati da schiavi in campi di concentramento più volte denunciati dall’ONU.
Nel 2025, l’Ufficio per la Coordinazione degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, stima che 4, 8 milioni di persone, il 18,31% della popolazione, avrà bisogno di aiuto umanitario. Di questi più di 3 milioni avranno bisogno di aiuto alimentare d’urgenza per la prossima stagione di passaggio. Inoltre, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il Niger accoglie un numero importante di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati. Quest’anno ancora circa un milione di persone si trovano nel Paese, in particolare nelle regioni di Tillaberi, Diffa e Tahoua. Un Paese povero che si trova ad accogliere altri ancora più poveri. Anche in questo nulla è cambiato in questi anni dove tutto cambia perché niente cambi. Gli attacchi dei gruppi armati si intensificano e creano nuovi sfollati.
Proprio stamane è passato un migrante liberiano, vecchia conoscenza del nostro servizio. Dice di essere appena tornato dallo ‘snodo’ migrante che è la città di Agadez. Ha passato due anni in carcere con l’accusa di terrorismo perché si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato. E’ stato finalmente rilasciato perché l’accusa era infondata. Torna a Niamey, dove nulla è cambiato, senza una casa, abiti, cibo e un futuro da inventare sulle incertezze del passato. Mostra la carta d’identità che lo ha salvato e, prima di partire, chiede una croce perché ha smarrito quella che portava.
Mauro Armanino
Niamey, maggio 2025
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