NOTIZIE DAL CENTRAFRICA
Mattoni più forti della guerra e frati forti come mattoni
Notiziario dal Carmel di Bangui n° 22 – 9 Ottobre 2018
Che il Centrafrica, dopo ormai cinque
anni di guerra e molti di più di malgoverno, sia un paese da ricostruire – o,
più onestamente, da costruire per la prima volta – lo dicono tutti. Sul come
questa ricostruzione debba iniziare, e da dove sia meglio partire, le opinioni
si sprecano. C’è poi chi si ostina a continuare la guerra, distruggendo quel
poco che si era costruito in quasi sessant’anni d’indipendenza. Per fortuna c’è
anche chi si ostina a credere che il paese non sia condannato alla guerra e che
sia possibile, discretamente e con determinazione, costruire piccoli cantieri
di pace e di speranza.
Uno di questi cantieri è nato, diversi
mesi fa, proprio qui al Carmel di Bangui. Si tratta di un piccolo sogno che
coltivavamo da anni e che, grazie ad alcune fortunate coincidenze, e all’aiuto
di diverse persone, siamo finalmente riusciti a realizzare. Se c’è un paese da
costruire – ci siamo chiesti – perché non provare a produrre mattoni? Mattoni
veri, mattoni nuovi, mattoni forti, più forti della guerra.
L’acquisto dei macchinari – e l’avvio
della produzione – è stato possibile grazie al contributo dell’associazione
francese “Un P.A.S. avec les Frères Jaccard” (fondata da due fratelli
sacerdoti, uno dei quali scomparso recentemente, ex-missionari tra i lebbrosi
del Camerun) e ad un finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana,
grazie ai fondi donati tramite l’8xmille alla Chiesa Cattolica.
I macchinari sono arrivati direttamente
dal Sudafrica e dal Congo è arrivato James, un ingegnere-formatore, che ha insegnato
a una trentina di operai come produrre i mattoni. Non si tratta, infatti, di
mattoni comuni, ma di nuova concezione. In Centrafrica i mattoni sono
normalmente di argilla (seccati al sole o cotti in forni artigianali) oppure in
cemento e sabbia. I mattoni del Carmel sono invece ‘hydraform’. Si
tratta di mattoni composti al 46% di argilla, un altro 46% di sabbia e infine
un piccolo 8% di cemento e un po’ d’acqua. I mattoni sono semplicemente
pressati da due pistoni, poi innaffiati per una settimana e, senza essere cotti
in nessun forno, sono pronti all’uso. Questi mattoni sono resistenti all’acqua
e particolarmente forti: possono sopportare una pressione di cinque atmosfere e
mezzo. Sono inoltre autobloccanti e quindi, in fase di costruzione, non richiedono
malta. Neppure i pilastri sono necessari. E sono così belli da vedere che si
può evitare l’intonaco. Insomma: una sorta di Lego di argilla rossa e
sabbia di fiume! Nelle foto in allegato potete vedere alcune immagini della
produzione e della prima costruzione che stiamo realizzando, una scuola
agricola (un altro sogno del quale vi parlerò più in dettaglio un’altra vota).
Questi mattoni sono destinati alle costruzioni delle nostre missioni, ma anche
alla vendita. Forse non ci crederete, ma il nostro primo cliente è stato niente
poco di meno che Papa Francesco. Da alcuni mesi – in seguito ad un esplicito
desiderio del Papa, dopo la sua visita in Centrafrica nel 2015– è in corso a
Bangui la costruzione di un centro per i malnutriti. I lavori sono seguiti
dalla Nunziatura Apostolica e un piccolo edificio è stato realizzato proprio
con i mattoni prodotti al Carmel. Come primo cliente, quindi, non c’è male!
Quest’attività ha per noi un doppio
valore simbolico. Innanzitutto è per noi un piccolo e concreto contributo
nell’opera di ricostruzione del paese. Tale ricostruzione passa, anche se non
solo, attraverso la creazione di luoghi di formazione come appunto vorrebbero
essere il cantiere della produzione dei mattoni e la scuola agricola. Inoltre,
la maggior parte degli operai che hanno partecipato alla formazione – e ora
producono mattoni o lavorano sul cantiere – sono ex-profughi del Carmel. Un
giorno, mentre facevo alcune foto agli operai, durante la produzione, si
avvicina Bodelò, un giovane di vent’anni, con già due figli da mantenere. Tutto
fiero solleva tra le sue mani un mattone appena nato tra le sue mani. Quasi non
crede che sia stato capace di produrre qualcosa di così bello e così forte. E,
ben consapevole che non le armi, ma solo la buona volontà sradicherà miseria e
guerra dal suo paese, m’informa del suo grande progetto per il futuro: “Mbi
ye ti ga maçon! Voglio diventare muratore!”. L’ora della costruzione di un
nuovo Centrafrica, al Carmel, è ormai suonata.
C’è poi un secondo valore simbolico. Quando
i primi missionari francesi arrivarono in Centrafrica, a fine ‘800, una delle
prime attività installate nelle missioni erano delle fornaci per la cottura dei
mattoni con i quali costruirono chiese, case, scuole, dispensari e cattedrali…
Dopo più di un secolo la nostra comunità riprende discretamente quest’attività,
collegandoci simbolicamente a questi antichi missionari.
Nel frattempo il sottoscritto ha
raggiunto la vetta dei quarant’anni, venti dei quali vestito da frate e dieci
di questi venti in quest’angolo di paradiso situato, più o meno, all’incrocio
tra il 4° parallelo a nord dell’equatore e il 18° meridiano ad est di
Greenwich. Pare che la crisi dei quarant’anni non risparmi neppure i frati e
che il bisogno di paternità, anche per chi ha liberamente scelto di non avere
figli, si faccia prepotente. Una leggenda conventuale, che mi è stata trasmessa
da un carissimo amico francescano, narra che questa crisi possa essere risolta
in quattro modi. C’è chi inizia ad avere veramente dei figli, chi scrive libri,
chi costruisce chiese o cose del genere. Oppure (e questa è la quarta e la
migliore soluzione) chi scopre tutta la bellezza e la responsabilità della
paternità spirituale. Per quanto riguarda i figli, posso dire di esserci andato
molto vicino quando in convento, durante la guerra, nascevano bambini quasi a
decine. Quanto a libri – a parte questi notiziari tanto attesi dai miei
venticinque lettori – non ne ho scritti. Quanto a costruzioni, se Dio e voi mi
aiuterete, confesso che una chiesa mi piacerebbe tanto costruirla, dal momento
che le nostre affollate celebrazioni domenicali si svolgono sotto un hangar con
un tetto in lamiera e un pavimento di terra battuta.
Quanto a paternità spirituale il Signore
ha invece superato ogni mia previsione regalandomi la gioia e l’opportunità di
accompagnare i primi passi nella via religiosa di ormai decine di giovani.
Mettere al mondo un frate è tanto bello e complicato come mettere al mondo un
uomo. Per fortuna non si tratta dell’opera di una sola persona, ma di un vero
lavoro di squadra che condivido con i miei confratelli. E, se permettete
l’ardito confronto, mettere al mondo un frate è un po’ come fare un mattone.
Ogni frate, infatti, è l’incontro tra la
terra del proprio entusiasmo e delle proprie fragilità e la sabbia dei sogni e
della misericordia di Dio. Poi ci vuole necessariamente il cemento della
compagnia dei fratelli, senza dimenticare l’acqua della vostra generosa
amicizia e delle vostre preghiere. L’intero composto viene poi pressato – con
moderazione, ma anche determinazione – tra i due pistoni del Vangelo e della
Regola. Al capo cantiere l’onore e l’onere di vegliare – con il proprio
esempio, molto buon senso e tanta pazienza – a che le dosi non siano sbagliate
e che non manchi nessun ingrediente. Con la consapevolezza che quel mattone –
cioè, volevo dire quel frate! – non gli appartiene. Con l’unica differenza che
per fare un mattone basta una settimana, mentre per fare un frate non basta una
vita. E se i mattoni sono praticamente tutti uguali, i frati sono invece molto
diversi gli uni dagli altri. Non ce n’è uno che assomigli all’altro.
A me, e a miei confratelli missionari,
antichi e nuovi, la gioia e la responsabilità di essere le fondamenta nella
costruzione – giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, frate dopo frate – di
questo piccolo Carmelo, in questa giovane chiesa, in questo grande paese.
Un abbraccio
Padre Federico… e dodici mattoni in fase
di costruzione
Qui sotto alcuni video e altri link:
1. Centrafrica: centro Bambino Gesù contro malnutrizione a Bangui: https://youtu.be/CfVc-2STVMw
2. Mattone dopo mattone rinasce il
Centrafrica: https://youtu.be/X2YMg3ZDFUE
Questo frate Federico mi è apparso un uomo vero, sincero, di buon senso. Infatti è anche
RispondiEliminariuscito a centrare il Centrafrica infilandoci la Chiesa Cattolica e a mettere insieme la sua
vocazione con una realtà pratica creando una vera conciliazione tra costruzione dello spirito e costruzione di mattoni.
Dice << Se c’è un paese da costruire – ci siamo chiesti – perché non provare a produrre mattoni? Mattoni veri, mattoni nuovi, mattoni forti, più forti della guerra. >>
E io gli aggiungo “ Visto che anche la cultura è mettere insieme mattone su mattone e
collegarli ad altri mattoni non solo propri ma di altri, non solo nuovi ma vecchi, non solo presenti ma futuri, auguro a Frate Federico Dei Mattoni di crescere tanti figli del
Centrafrica forti come il padre che si occuperà di loro (cioè lui stesso e i religiosi che lo seguono). Figli che saranno più forti della guerra “
Angela Fabbri da Ferrara (notte fra 14 e 15 ottobre 2018)