L'EUROPA (E L'ITALIA) CROLLA SOTTO IL PESO DEI MIGRANTI di Renata Rusca Zargar


Stendiamo un velo pietoso sull’Impero romano (anteprima di Europa a guida non tedesca) che è vissuto –bene- sulle risorse di buona parte del mondo “allora conosciuto”.  Ma erano altri tempi, si capisce.

Senza dubbio, però, dagli anni di Colombo, l’Europa ha accumulato ricchezze depredando altri paesi. In fondo, è la vecchia legge del più forte che si maschera e si ammanta di parole come “civiltà”, “democrazia” e “diritti”, se non addirittura dell’unica “vera” religione.

La Gran Bretagna, ad esempio, è descritta nei libri di storia (di editori occidentali, naturalmente) come la più antica patria della democrazia e delle libertà costituzionali,  fin dalla Magna Charta Libertatum del 1215.

Quanto abbia propugnato e difeso la democrazia o le “libertà”, basta chiederlo alle sue ex colonie, come ad esempio l’India,  tenute in condizioni di sudditanza crudele (schiavitù) e sfruttate senza pietà. Ma anche senza andare tanto lontano, si può chiedere che cosa significhi libertà all’Irlanda che, al giorno d’oggi, non ha ancora l’unità e l’indipendenza!

Non starò, dunque, a ripercorrere la storia della colonizzazione  a opera dei sanguinari paesi d’Europa che, grazie alla superiorità tecnica delle armi e dell’ingegneria navale, hanno imposto il loro dominio agli altri popoli in maniera brutale perché ambivano i loro beni di consumo, le loro  risorse minerarie e necessitavano di manodopera schiava.

Infine, però, si arriva alla “Dichiarazione universale dei diritti umani” del 1948.

Ma è “universale”, cioè vale davvero per tutti gli esseri umani? Ha smesso l’Europa di appropriarsi dei beni di altri popoli e paesi impedendo loro di vivere?

Dal tempo dell’industrializzazione, la fame di materie prime, prodotti alimentari a basso costo e di mercati obbligati a ricomprare le materie prime trasformate in prodotto, è stata sempre in aumento. Il guaio peggiore, però, è che fu impedito ai paesi oppressi di essere autonomi nelle scelte e di compiere il giusto cammino verso il loro avanzamento sociale e civile, espropriandoli persino della dignità del loro passato negando la storia e discreditando qualsiasi cultura che non fosse quella cosiddetta occidentale.

Finita l’epoca delle colonie, il saccheggio è continuato ancora nel cosiddetto  neocolonialismo, attraverso lo sfruttamento selvaggio da parte delle multinazionali. E non voglio scomodare l’esportazione della democrazia di bushiana memoria!

La tanto propagandata Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita: “Articolo 1

 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.”

Ma, nei paesi appartenenti all’ONU (a quanto pare, inutile come lo fu, a suo tempo, la Società delle Nazioni), è davvero recepita tale Dichiarazione?

Attualmente, l’Europa –e non solo- invece di analizzare e correggere le ingiustizie e lo sfruttamento nei confronti di altri popoli e paesi, invece di investire in posti di lavoro dignitosi nei paesi poveri, costruisce muri, fili spinati, prepara flotte contro gli ultimi tra gli ultimi.

La vera crisi dell’Europa è questa: non voler guardare al cambiamento e a un futuro più umano nel quale gli altri popoli non siano più dissanguati, dove “aiutiamoli a casa loro” non significhi una flebile elemosina a coloro ai quali si è tolta persino la terra per coltivarci ciò che pare a noi. Aiutarli  non deve essere vendere loro armi perché si facciano guerra o fornire addestramento militare perché possano tenere in prigione  i poveracci.

Aiutarli a casa loro è dare loro, finalmente, la libertà di usare le proprie risorse e il proprio spazio per la propria crescita.

Certo, la grande tragedia è che allora gli Europei non potranno cambiare il telefonino ogni sei mesi, l’anellino di diamanti costerà più caro e, forse, mangeremo meno cioccolato.

Dunque, è meglio pagare Erdogan e sognare una Libia unita e pacificata solo ed esclusivamente per avere la sicurezza che i migranti siano trattenuti là, nei campi di concentramento, forse, anche peggio di quelli nazisti.

Oggi, mi pare di capire, che sia meglio pagare persino l’Italia –se non c’è altro da fare - perché si arrangi da sola a risolvere i problemi dell’Africa, dell’Asia, del Medio oriente.

Di un vero progetto umano per mitigare una migrazione epocale, non se ne parla neppure!



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